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Su quella "felice invenzione" che ci sta fottendo l’Italia

Lettera di riflessione a Gianfranco Fini.

Su quella "felice invenzione" che ci sta fottendo l'Italia

Caro Presidente Fini, sono Alessandro. Chi le scrive è un giovane terrone di 25 anni, un terroncino.

Se proprio le interessa, sono uno dei tanti famosi destinatari del celeberrimo "Senti che puzza, scappano anche i Cani"

Sono uno dei tanti destinatari del coro, ed anche uno dei tanti destinati a "farli scappare". Sono Napoletano. di Napoli. Per la precisione: Quartiere Stella - San Carlo all’Arena.

Caro Presidente, ho appena letto le sue dichiarazioni sulla Padania come "felice invenzione propagandistica": se ha due minuti questa sera le vorrei raccontare un paio di cose, anzi se permette inizio subito parlandole di due artisti, due classici napoletani, due di quelli che vivranno per sempre, con e come il mito di Partenope.
 
Uno è Eduardo de Filippo, l’altro è Mario Merola.

Il primo era un attore, un commediografo, un regista. Un Senatore a Vita, un "Esponente della cultura italiana del Novecento", secondo Wikipedia.
 
Il secondo era un attore ed un cantante. Ma soprattutto il "Re della Sceneggiata Napoletana", come tante volte anche lei avrà avuto modo di sentir dire.
 
Ebbene, caro Presidente Fini, lei forse non lo sa ma nella cultura classica napoletana, Eduardo De Filippo è e resterà nella storia per il suo celebre "Fuitevenne (Andatevene da Napoli)", detto a quanto pare in un momento di rabbia e di profondo sconforto, quando a Napoli era sempre più difficile fare Arte; Mario Merola invece, è sempre stato molto famoso per il suo "Napulità Turnat! Turnat!", un grido di speranza e di esortazione a tutti i napoletani emigranti, che faceva parte di una sua celebre canzone "Chiamate Napoli 081".
 
Cosa significa questo, perchè le faccio questo esempio.
 
Se proprio lo vuole sapere, a noi di tutto ciò che dice la Lega non sa quanto ce ne può fregare. Un partito con un’ ipocrisia di fondo fermamente salda da sempre nella sua ontologia costituzionale: un partito che sputa ma mangia da sempre nel piatto di Roma Ladrona, che vive e si sovvenziona con i soldi di Roma Ladrona, che con i suoi ministri ha giurato sulla Costituzione Italiana... in un palazzone di Roma Ladrona.

Con riferimento alla Festa della Pontida di ieri, le ribadisco: ma cosa vuole che ci possano fare due coretti da stadio, un paio di t-shirt ed un po’ di merchandasing padano?
 
A noi napoletani, a noi terroni, a noi meridionali... Be’ assolutamente niente.
 
Ma a loro no. Anzi. E per loro intendo ad esempio le 13.000 persone che pochi mesi fa hanno eletto al Consiglio Regionale Lombardo sulla base "della pancia", del tifo padano puro e incontrastato, un ragazzo come Renzo Bossi, che a prescindere dall’assurda manovra nepotistica, è stato meritevole di ben 3 bocciature all’esame di maturità, e quindi all’elezione del suo popolo.
 
Diceva un tizio, un cabarettista che si chiama Boris Makaresko, che "Molti dei nostri uomini politici sono incapaci. Il restante sono capaci di tutto."
 
E i nostri cari amici leghisti, purtroppo, si sono e si stanno dimostrando capaci di tutto negli ultimi anni: mi viene in mente un Ministro degli Interni, uno dei nostri principali Ministri e non un Ministro per l’Attuazione del Programma delle Pari Pappardelle. Un tizio che si chiama Roberto Maroni, che ultimamente era assente ai festeggiamenti della Festa della Repubblica Italiana del 2 giugno, la Nostra Festa, e che per giustificarsi ha dichiarato: "Sono almeno 10 anni che non vado a Roma, ho sempre festeggiato la festa della Repubblica nella mia città, Varese".
 
Per non parlare del "Va’ pensiero" al posto dell’Inno di Mameli del Governatore del Veneto Luca Zaia. Oppure gli indimenticabili cori di Matteo Salvini. I "Topi di fogna" di qualche anno fa del Ministro Calderoli.
 
Già, ce ne sarebbero tante da ricordare, ma oggi non è compito nostro.
 
Anche perchè oggi, come le dicevo prima, mi va di ricordarle persone come Eduardo De Filippo e Mario Merola. Il primo, il saggio, decisamente più sofisticato, parlava al cervello dei napoletani. Il secondo più rustico, più ignorante, forse si rivolgeva alla loro pancia.
 
Ma entrambi parlavano col cuore ed al cuore di Napoli, al cuore di chi guarda o chi ascolta, al cuore di chi... nonostante tutto. La verità è che noi napoletani, ad oggi 21 giugno 2010, non siamo mai nè scappati né tornati. Né al Nord né all’Estero. Viceversa, né dal Nord né dall’Estero. E non ne faccio e non né voglio fare un discorso prettamente di convenienza economica, di opportunità politica o di appartenenza territoriale.
 
La maggior parte di noi siamo sempre rimasti qui e ne siamo fieri, nella parte che ci è stata assegnata, l’unica che ci appartiene: quella che nacque dallo storico incontro di Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano, quella che nacque dal patriottismo di Giuseppe Mazzini e dagli ideali di Camillo Benso Conte di Cavour.
 
Mi chiedo ogni giorno quanti elettori leghisti salgano su autobus o taxi guidati da terroni; quanti elettori leghisti si lascino difendere da poliziotti e carabinieri meridionali; quanti elettori leghisti ogni giorno si lascino curare e si lascino assistere da medici ed infermieri "senti che puzza, scappano anche i cani".
 
Oggi mi chiedo veramente se esista ancora qualche elettore leghista che sia fiero di essere Italiano, ma Italiano con la I maiuscola: e non mi riferisco solo a quelli che piangono ricordando gli inutili fasti di un Mondiale di Calcio, parlo di quelli che piangono ogni qualvolta il nostro Paese mandi a morire periodicamente in Afghanistan, in Iraq o in tante altre "Missioni di Pace", soldati che nella maggior parte dei casi sono sempre meridionali. Anzi Italiani.

Ho capito, Caro Presidente Fini, che oramai in questi ultimi anni la politica fa ed ha fatto schifo un po’ a tutti. A quelli che la fanno ed a quelli che la votano. A quelli che la votano ma non le credono, a quelli che non le credono ed a quelli che si astengono. A quelli che si candidano, a quelli che corrompono, a quelli che si candidano già sapendo di dover corrompere o lasciarsi corrompere.
 
L’unica cosa che n’è rimasta di tutto questo scempio, come giustamente ha avuto modo di ricordare lei, al di là delle idee e degli ideali, è la propaganda. O meglio, "la pancia".
 
Come il partito che lotta per l’indipendenza di una fantomatica "Padania", con tanto di Nazionale di calcio ad hoc e di Miss Padana. Come quell’altro dell’amore, quello del suo incredibile amico che vince sempre sull’invidia e sull’odio. L’odio che se non viene contrastato, criminalizzato, delegittimato... Genera irrimediabilmente altro odio.
 
A tal punto oggi mi piace ricordarle, se permette, il Papà di Abba, un vero esempio di coesione sociale e di orgoglio nazionale, un padre che diceva sempre al proprio figlio: "Non temere sei Italiano!"... Prima che lo uccidessero come una bestia per un pacco di biscotti a Milano, per essere stato uno "sporco negro", nel momento giusto ed al posto giusto.
 
Se poi le restano due minuti di tempo, caro Presidente Fini, quando va in giro per l’Italia ricordi sempre queste parole che tra un pò le ricorderò, sono di uno dei due ultimi artefici dell’unità nazionale, forse gli unici due eroi che la nostra povera penisola ci ha donato negli ultimi anni: si tratta di due magistrati palermitani, non morti, ma uccisi sul lavoro.
 
Uno dei due si chiamava Paolo Borsellino, l’altro può immaginare, e mi piace ricordarlo per questa sua frase, parole che dovrebbe essere un marchio a fuoco sulla copertina di cuoio della nostra Costituzione :"Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare."

"Amare ciò che non ci piace, per poi poterlo cambiare". Caro Presidente Fini: per questo dovremmo essere ITALIANI.

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