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Son: pop inglese dalla Campania

Oggi vi presento un giovanissimo musicista campano, che è per genere un po’ fuori dal mio gusto personale, ma ha saputo incuriosirmi.

La prima volta che mi sono imbattuta in questo ragazzo è stato per caso. Passava un suo video in Tv. Il classico video estivo, motivetto allegro, belle ragazze (il brano era Are you gonna shake today); ma il mio secondo incontro con Son mi ha convinto sul serio.

La dolcissima ballad “Song of solitude” è piombata fuori dal mio portatile ed ha invaso la casa.

Il video mi è piaciuto subito, magistralmente girato da Saku - già regista per Linea 77, The Niro, Casino Royale. Il brano è seducente, che tu abbia o meno un animo vagamente brit o pop (o britpop), Song of solitude ti entra nella testa e non ti lascia per un pò.

Così mi sono ritrovata all’Hard rock cafè di Roma durante la serata organizzata per l’uscita dell’album Wasted Time. Il live è stato davvero carino. Il giovane Son, al secolo Pasquale Caprino, trova la sua ideale dimensione sul palco, armato di chitarra. Nasconde perfettamente l’emozione che dichiara di provare, attraverso la grinta con cui affronta ogni brano. E soprattutto si diverte tantissimo e non c’è cosa più bella che assistere alla performance di musicisti che suonano divertendosi e godendo della propria musica, non mi stancherò mai di ripeterlo.

A guardarlo nelle fattezze ricorda un giovane Grignani, ma di genere e voce totalmente differente.

I suoi brani sono tutti in inglese, cantati bene – a quanto pare il ragazzo ha studiato anche con il vocal coach delle Spice girl. Un album pop, autoprodotto, pieno di funk e suoni british.

Attualmente sta suscitando un inaspettato interesse nei network main stream passando addirittura per mamma Rai.

Così l’ho incontrato, davanti a un bicchiere di latte freddo con i biscotti (che fa tanto rock&roll), per capire un po’ cosa ha da dire questo ventiduenne della provincia di Salerno.


1-Son, un nome pretenzioso, o no?

E’ la prima riflessione che ho fatto quando ho scelto il nome. La parola Son è una sigla, un’insegna. Ha un suono immediato ma capisco che possa apparire una scelta un po’ pretenziosa. Io la vedo come una parola “minimal”. Essenziale e breve. In francese significa suono... e poi gli ho adattato il significato di Son of music: figlio di diversi generi musicali... Ed infatti i miei lavori sono molto differenti tra loro...

2-Ti hanno paragonato a molti artisti. Tra tutti, quali ti senti più vicini? Chi è il tuo “papà” ?

Cat Stevens... ti consiglio l’ascolto di Moonshadow.

Cat Stevens è la sintesi di un ottima capacità melodica e di una buona perizia ritmica, io mi muovo all’interno del beat - e qui finge, battendosi le mani sulle ginocchia, di suonare la batteria imitandone il suono con la voce “tumtumcià”-, ma amo la melodia: nel mio album puoi trovare l’incalzare funky di “I got u” e l’assoluta melodia con pochi accenni ritmici come in “Song of solitute” e “Wasted time”...

3- Brano che dà il titolo al tuo album. Wasted time, appunto. Credi sia tanto il tempo che sprechiamo?

Bella questa domanda... di solito mi chiedono.. “per te è tempo perso fare musica...”

Beh sì... in effetti perdiamo tempo a consumarci nella rabbia... dovremmo essere piu calmi. Tutti.

Quando ho scritto Wasted time immaginavo me in macchina a Roma. Ora di punta (praticamente sempre), tutti arrabbiati e ho voluto creare una campana di vetro in cui rifugiarmi...calmarmi.

Perdiamo tempo a pensare come fottere il prossimo e non a come migliorare noi stessi.

Wasted time... anche perchè la gente pensa che noi musicisti perdiamo tempo. Vengo da una realtà provinciale, in cui si pensa che la musica non può essere un lavoro. O almeno non considerato alla stregua degli altri lavori cosiddetti “normali”. All’estero non è così. In Inghilterra i musicisti sono tutelati. Se suoni lì sei costretto a suonare con musicisti locali.

Io sono un ragazzo che vuole farcela con i propri sforzi, anche se è difficile perchè il pubblico non è pronto. I network passano per lo più brani molto immediati, che durano poco. Un disco si fa in una settimana. Wasted time è l’affronto/la risposta a questo modo di fare musica, intesa come prodotto da consegnare entro tempi brevi.

La musica è diventata “express”: guarda i mezzi che usiamo per ascoltarla. Negli anni ’70, ad esempio, mi racconta mio padre, che si riuniva con gli amici ad ascoltare i vinili delle Orme... e così passavano la serata. Ora la musica si ascolta su youtube o con il cellulare, in formato pessimo, tra l’altro. Non si apprezza la qualità del suono.

Wasted time si pone agli antipodi di questo modo di concepire la musica. E’ registrato in analogico, con nastro 24 pollici (ordinato dall’america eh!). Abbiamo riesumato un 24 piste con cui avevano registrato le prime glorie di Ennio Morricone, ne sono molto fiero.

Già filosoficamente il progetto di Wasted time è nato con un intensione diversa: ci siamo presi il nostro tempo per sentire il profumo e la profondità della musica.

Prima della registrazione dell’album ho rinchiuso i miei session men in sala prove, ho preteso che trovassero la loro interpretazione per la mia musica, per far sì che fosse un opera in qualche modo corale, non solo una riproduzione delle mie idee.

4- I testi delle tue canzoni sono molto dolci anche romantici, ma non parli propriamente d’amore, sbaglio?

Non parlo sempre di amore, parlo anche di odio. In generale i miei testi parlano di sentimenti, di stati d’animo, di disagi, di litigi. L’equilibrio tra amore e non amore è molto bilanciato.

Parto con una canzone che racconta di un triangolo amoroso da cui esco sconfitto... Poi diventa tutto più sensuale con I got U e poi romantico e malinconico con Song of solitute.

C’è istabilità, perchè anche io sono un po’ instabile e tormentato. Sono sempre in cerca di emozioni.

L’unico testo che esce dal coro è CowBoy in cui c’è un briciolo di pessimismo: solitutine come abbandono. La solitudine è un po’ il leit motiv del disco: c’è la solitudine perchè ho perso un affetto, ma anche una solitudine voluta, come scelta, per ritrovare i propri equilibri.

5- A vederti dal vivo,sul palco, sembri molto diverso da come ti presenti poi nella realtà, subisci una metamorfosi come quella di dr Jackill e Mr Hide, Bianco e Nero come nel video di Song of solitude. Ti senti più Son o più Pasquale?

Io sono Pasquale. Son è la mia dimensione professionale, ma io resto un ragazzo di 22 anni a cui piace la musica. Anche se devo ammettere che trovo molto gusto nell’esibirmi, mi gratifica il fatto che la gente apprezzi la mia musica e mi sento molto più spavaldo con la mia chitarra addosso.

6- La tua vita sta cambiando? Come? Ti Piace?

Qui dovrei sfogare tutte le mie frustrazioni e insoddisfazioni: nell’ambiente musicale ci sono un sacco di montagne da scalare, ed io sono una persona che punta sempre al massimo. Esigo molto da me stesso. Finchè non vedrò moltitudini di persone venire ai miei concerti non mi sentirò soddisfatto e anche allora avrò nuovi obiettivi. Ora il mio obiettivo è quello di crearmi un pubblico che mi permetta di continuare a suonare, a scrivere e a produrre musica... ho il nuovo disco già quasi pronto.

La mia vita sta cambiando, perchè io sto cambiando sto crescendo. Ogni giorno devo sorridere a qualche nuova persona, anche se a volte non mi va... Mi sto forgiando come uomo e come autore. Poi chissà, sono aperto a ogni eventualità, un giorno scoprirò di essere un cultore della numismatica e vivrò nel mio bel negozietto di metalli preziosi ...

 

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