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Silvio Berlusconi e il francobollo del disonore

Dopo l’aeroporto, adesso i francobolli. Silvio Berlusconi elevato a eroe nazionale. Solo in Italia poteva succedere.

 Dopo che l’aeroporto di Malpensa è stato intitolato all’ex leader di Forza Italia, sollevando le critiche del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, adesso anche il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emesso un francobollo commemorativo in onore di Silvio Berlusconi. Una decisione non solo inopportuna, ma scandalosa perché rappresenta un affronto allo stato di diritto. 

Berlusconi non è mai stato un eroe nazionale. Al contrario. E’ stato uno spregiudicato affarista che si è beccato quattro anni di carcere, scontati ai servizi civili, per frode fiscale. Poteva andargli peggio se l’ex Cavaliere di Arcore non si fosse rifugiato in politica per scampare alla giustizia e non essere condannato per corruzione che lui stesso ha impersonato. Nel corso della sua carriera da imprenditore, il caimano ha versato tangenti a politici come Bettino Craxi, ricompensato con una maxi mazzetta da 23 miliardi di lire per aver legalizzato le sue televisioni private. Ha elargito bustarelle ai militari della guardia di finanza che fingevano di non vedere i suoi conti taroccati. Ha dato mazzette ai giudici come Vittorio Metta che gli consegnò la Mondadori scippandola a Carlo De Benedetti. Ha consegnato denaro ai testimoni come David Mills che dichiaravano il falso per salvarlo dai processi giudiziari. 

Un campionario di reati che a un cittadino comune sarebbe costato carissimo, mentre lui l’ha sempre fatta franca grazie all’immunità parlamentare e alla leggi ad personam che i suoi governi avevano elaborato per depenalizzare tutto: la corruzione, il falso in bilancio, i finanziamenti illeciti ai partiti, la frode fiscale. Un personaggio che ha fatto della lotta contro la giustizia il suo cavallo di battaglia e che la Cassazione ha stabilito essere stato un pagatore di Cosa Nostra dal 1973 al 1994, cioè fino al giorno in cui diventò per la prima volta capo del governo italiano. Non si è mai visto in una nazione occidentale che un connivente mafioso diventasse capo del governo, che sarebbe come dire che Al Capone si insediò alla Casa Bianca. 

Il suo stretto collaboratore Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. La Cassazione ha stabilito che dal 1974 al 1992 Dell’Utri ha mediato tra Berlusconi e Cosa Nostra, con soldi che da Milano finivano a Palermo, prima nelle mani di Bontate e poi in quelle di Riina in cambio della sua sicurezza personale. Era iscritto alla loggia sovversiva P2 di Licio Gelli, il cui “Piano di rinascita democratica” mirava a controllare le istituzioni politiche, giudiziarie e mediatiche italiane. Fino alla sua morte, è rimasto indagato dalla Procura di Firenze in relazione alle stragi mafiose avvenute nel 1993. 

Un personaggio a dir poco discutibile che pur di arricchirsi ha violato tutte le leggi fin da quando portava i calzoni corti e che lo Stato italiano vorrebbe mettere sullo stesso livello di eroi nazionali come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, magistrati che hanno perso la vita per lottare contro la mafia. Queste decisioni sono un vero e proprio insulto alla legalità e proiettano il messaggio per cui più in Italia più sei disonesto e più viene premiato, con la dedica di aeroporti e francobolli. 

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