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Sheila Minor Huff, la scienziata senza nome ritrovata grazie a Twitter

Due donne nella scienza: l'illustratrice Candace Jean Andersen e Sheila Minor Huff.

di Simone Petralia 

Quella che state per leggere è una storia diversa dal solito.

I protagonisti sono una vecchia foto in bianco e nero, una biologa sconosciuta (Sheila Minor Huff), una giovane artista americana (Candace Jean Andersen), un social network e centinaia di persone impegnate in una ricerca. Alcuni potrebbero considerarla una vicenda marginale, poco importante, ma è una storia che dice molto di noi e della società in cui viviamo. Parla di ciò che siamo, di ciò che eravamo e di ciò che potremmo diventare. Vale la pena di essere raccontata.

Candace Jean Andersen è una scrittrice e illustratrice di Salt Lake City. Nel marzo del 2018 sta lavorando a un libro illustrato sul Marine Mammal Protection Act del 1972, la prima legge americana per la protezione dei mammiferi marini. Per documentarsi decide di rivolgersi alla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) che le invia alcuni documenti. Sfogliando un articolo si imbatte in una foto che la colpisce. È stata scattata nel parco nazionale di Shenandoah, in Virginia, durante una conferenza internazionale sulla biologia delle balene.

L’immagine, che risale al giugno del 1971, ritrae trentotto persone. Si tratta soprattutto di scienziati, biologi marini e oceanologi provenienti da oltre dieci nazioni. Tutti maschi, con un’eccezione: una giovane donna nera; indossa una fascia per capelli, il suo volto è parzialmente oscurato da quello dell’uomo davanti a lei. Nella didascalia è indicato il nome di tutti, tranne che il suo. È l’unica persona a risultare “non identificata”. Andersen non riesce a proseguire il suo lavoro, quella immagine la ossessiona. Sente l’urgenza di scoprire chi è la misteriosa donna senza nome, ma ha in mano molto poco: mezza faccia sorridente in una foto in bianco e nero di quarantasette anni fa.

Sembra un’impresa disperata. Dopo alcune ore, però, le viene un’idea: usare Twitter. Il 9 marzo pubblica questo messaggio:

Ehi Twitter, ho una missione da portare avanti:
La donna in questa foto ha partecipato a una conferenza internazionale del 1971 sulla biologia delle balene.


È l’unica donna, e la sola a non essere identificata. Di tutti gli uomini è invece riportato il nome.
Potete aiutarmi a scoprire chi è?

Andersen all’epoca ha appena 500 follower, ma il suo tweet va al di là della ristretta cerchia dei seguaci e diventa ben presto virale, ottenendo in pochi giorni oltre 13 000 retweet e quasi 28 000 like. Centinaia di utenti decidono di dare una mano, suggerendo piste da seguire e strategie per svelare l’identità della donna misteriosa.

Alcuni sostengono che possa essere l’oceanografa Matilene Berryman, morta nel 2003, ma ben presto questa idea viene accantonata: Berryman nel 1971 aveva già 50 anni, la donna nella foto sembra molto più giovane. Altri credono di riconoscere Suzanne Montgomery Contos, segretaria esecutiva dello Smithsonian Institution, ente che aveva contribuito all’organizzazione della conferenza, ma anche questa ipotesi si rivela infondata; la stessa Contos interviene per dire che quella donna non è lei.

Il mistero viene svelato il 12 marzo, settantadue ore dopo il primo tweet di Candance Andersen. Dee Allen, ricercatrice dello Smithsonian, contatta alcuni professori dell’istituto che avevano partecipato alla conferenza. Uno di loro, lo zoologo Don Wilson, riconosce la donna; poco dopo anche l’ecologo G. Carleton Ray, autore della foto, ne conferma l’identità. La ragazza misteriosa ha finalmente un nome: Sheila Minor. Entrambi si ricordano di lei come di una semplice segretaria. La ricerca sembra essere giunta al termine, ma Andersen non è ancora soddisfatta. Vuole scoprire se quella donna è viva, sapere qualcosa di più su di lei, conoscere quello che ha fatto negli ultimi quarantasette anni. La cerca ovunque su internet, finché su Facebook trova un account che potrebbe essere il suo. Invia un messaggio e resta in attesa. “Abbiamo molto di cui discutere”, è la risposta che arriva dopo alcune ore; la persona contattata su Facebook è la stessa raffigurata in quella vecchia foto. Sheila Minor, oggi Sheila Minor Huff, è viva e ha tante cose da raccontare.

Nel frattempo la discussione su Twitter finisce sotto gli occhi di Deborah Shapiro, una ricercatrice che lavora per la sezione archivi dello Smithsonian. Dopo una veloce ricerca, Shapiro trova una cartella intitolata “Sheila Minor 1972-75”; scartabellando tra i documenti scopre che la donna non era affatto una segretaria, ma all’epoca della conferenza faceva parte di una squadra di tecnici laureati in biologia al servizio dello United States Fish and Wildlife Service, ente federale statunitense che si occupa della conservazione e gestione della fauna selvatica.

Intanto Candance Andersen e Sheila Minor Huff hanno una lunga conversazione telefonica; quello che fino a poche ore prima era solo un volto senza nome in una vecchia foto dimenticata, è ora una persona in carne e ossa, viva e vegeta all’altro capo del telefono, che racconta la sua storia. Oggi ha 71 anni e prima di essere contattata da Andersen non sapeva nulla della ricerca virale per scoprire la sua identità. Nel corso della telefonata, e poi intervistata dal New York Timese dalla CNN, la donna racconta di aver lavorato al servizio di numerose agenzie federali americane per oltre 35 anni, in qualità di tecnico e assistente di ricerca in biologia.

Subito dopo la laurea le era stato offerto di fare la dattilografa per il Bureau of Sport Fisheries and Wildlife, ma lei si era rifiutata di svolgere un’attività che non aveva nulla a che vedere coi suoi studi ed era riuscita a farsi assumere come tecnico; il suo lavoro consisteva nel prendersi cura degli animali coinvolti nelle attività di ricerca, preparare i campioni di laboratorio e seguire i vari progetti sul campo.

Nel corso della sua carriera, lunga e ricca di successi, Sheila Minor Huff ha gestito importanti progetti per la salvaguardia dell’ambiente e della fauna selvatica, lavorando a stretto contatto con alti funzionari governativi e ottenendo lo status di dipendente federale GS-14, il ruolo più elevato per un dipendente del Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti. Ha conseguito una seconda laurea in scienze ambientali e avviato collaborazioni con numerose scuole elementari della Virginia, per le quali ha svolto attività didattiche per educare i bambini alla scienza. Come biologa ha condotto alcune importanti ricerche, tra cui uno studio di due anni sui mammiferi di Poplar, isola al largo delle coste del Maryland, i cui risultati sono stati esposti nel 1975 al meeting annuale dell’American Society of Mammalogists.

Oggi, grazie alla curiosità di una giovane illustratrice e all’impegno di centinaia di persone che hanno usato in modo intelligente un social network, la ragazza non identificata che sorrideva in una foto del 1971 ha un nome e una storia; ma sono ancora tante, troppe, le persone dimenticate. Si tratta soprattutto di donne, perlopiù appartenenti a minoranze, quasi tutte destinate a restare senza nome. Figure nascoste, in inglese “Hidden Figures”, come il titolo del libro di Margot Lee Shetterly da cui è stato tratto il film Il diritto di contare.

“Quella foto, in cui compare il volto di una donna oscurato per metà dalle persone intorno a lei”, ha dichiarato Shetterly in un’intervista sulla vicenda di Sheila Minor, “è la metafora perfetta di un problema più grande: la mancata registrazione storica del lavoro di tante scienziate, in particolare quelle di colore”.

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Questo articolo è stato pubblicato qui

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