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Shaath (Anp) “Una Patria ai palestinesi, l’impegno di un intero popolo”

Ci parla della campagna di settembre Nabil Shaath, esponente di Fatah. Un’azione diplomatica partita da mesi che si concluderà all’Assemblea Generale dell’Onu in programma dal 20 presso il Palazzo di Vetro a New York. In quella sede il presidente dell’Anp Abu Mazen presenterà la richiesta di riconoscimento della nazione Palestinese.

Già si sa che gli Stati Uniti, solidali con Israele, porranno il veto alla domanda di adesione come Stato membro; ma ai 140 Paesi che hanno già promesso un pronunciamento favorevole potrebbero aggiungersi anche altre importanti nazioni europee. Dubbi invece sul voto pesante di Francia, Gran Bretagna e Germania che sembrano allinearsi alla posizione statunitense. Comunque Shaath non perde le speranze. Dice

E’ l’intero popolo che sta lavorando per quest’obiettivo, un impegno diffuso fra chi vive nei Territori Occupati e le comunità dei profughi e dei migranti. Nei giorni scorsi ho sentito al telefono quattordici ministri degli esteri di Paesi europei, mi hanno assicurato l’appoggio. Sappiamo che il veto americano è un macigno e calamiterà pronunciamenti a noi sfavorevoli ma continueremo fino all’ultimo giorno la campagna di sensibilizzazione per sottolineare invece le tante adesioni all’affermazione dei nostri diritti”. Shaath coglie l’occasione per smentire ipotesi di abbandono di tematiche come il diritto al ritorno dei tanti palestinesi sparsi per il mondo “Il ritorno in patria dei profughi è un principio irrinunciabile e imbarattabile”.

Dubbi li aveva espressi ultimamente la comunità palestinese americana, un network di studenti che insieme ai locali attivisti del Boicottaggio e Disinvestimento hanno bollato l’iniziativa della diplomazia di Ramallah come un passo incompleto parlando di una richiesta da Statehood. Queste appaiono però posizioni isolate perché per la scadenza tutte le componenti politiche, dunque anche Hamas e altri gruppi della resistenza all’occupazione israeliana, si sono trovate d’accordo con l’azione diplomatica dell’Autorità Palestinese.

La richiesta ha il conforto anche del Segretario Generale Onu Ban Ki Moon che, affermando d’appoggiare la domanda palestinese all’interno di un quadro di pacificazione fra due popoli, ha ribadito la centralità dell’Assemblea Onu. E non sembra un caso che quest’anno, in concomitanza con l’iniziativa rivolta alle Nazioni Unite i finanziamenti di sostegno ai palestinesi siano fortemente diminuiti. L’Autorità Palestinese a metà del 2011 aveva ricevuto 293 milioni di dollari, un terzo della cifra preventivata, gli stessi finanziamenti provenienti dai Paesi Arabi decrescono anno dopo anno e sono passati dai 462 milioni di dollari del 2009 agli attuali 80 milioni.

Secondo gli osservatori più d’una le cause: l’aumento del peso politico di Hamas, malvisto da certe nazioni arabe, l’antico problema della corruzione in seno all’Anp, una semplice cattiva amministrazione dei fondi. Ma c’è chi addita proprio la richiesta di riconoscimento unilaterale come un passo sgradito ad alcuni finanziatori, per quanto al Cairo il premier turco Erdogan abbia invitato i membri della Lega Araba ad “aiutare concretamente i fratelli palestinesi”.

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