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Serbia: una Svizzera Balcanica?

La Serbia ha cambiato completamente volto negli ultimi due anni: non sappiamo se in meglio o in peggio.

La Repubblica di Serbia torna a far parlare di sé con sempre maggior frequenza, e questa volta non solo a causa dell’eterna questione irrisolta del Kosovo.
La Serbia aveva di nuovo attirato l’attenzione di Europa e USA quando il suo Presidente incontrò a sorpresa il nuovo capo di stato della Croazia, pochi giorni dopo la sua elezione.
 
A questa sorpresa se ne aggiungono altre: senza alcun preavviso la Premier croata Jadranka Kosor ha donato al primo ministro serbo Cvetkovic la traduzione delle normative europee, indispensabili a tutti gli stati che intendono accedere all’Ue. La Kosor, detestata dai nazionalisti croati in quanto ritenuta di origini serbe, ha riferito che con questo atto la Croazia intende avviare una nuova fase nei suoi rapporti con la Serbia, messi in crisi dal riconoscimento formale del Kosovo da parte di Zagabria e da alcune scandalose provocazioni dell’ex-presidente Mesic.
 
La Serbia dal canto suo sorride, prende i preziosi documenti (la cui traduzione è costata alla Croazia milioni di euro) e riprende la sua corsa verso l’Europa.
Il salto della Serbia, per quanto apprezzato dall’Unione Europea, non può non suscitare sospetti.
 
Come mai all’improvviso questa voglia di Europa nel popolo serbo? Come mai Belgrado è piena di bandiere europee quando, solo due anni prima, venivano strappate e bruciate? Che cosa si nasconde dietro tutti questi nuovi scambi di tenerezze con Slovenia e Croazia? E come mai tutto ad un tratto la Serbia ha smesso di nominare la Provincia/Repubblica del Kosovo la Gerusalemme serba, ma bensì solo Provincia Autonoma del Kosovo?
 
La Serbia come sappiamo controlla soltanto il nord del Kosovo a maggioranza serba, mentre il resto del territorio è sotto il controllo albanese ed è, de facto, amministrato dal governo indipendentista di Pristina. La Serbia continua a non battere ciglio e, dopo aver riconosciuto le elezioni dei serbo-kosovari nel nord della regione (provocando l’ira di Eulex, Nato, Kfor e degli albanesi), continua imperterrita nel processo di riforme richiesto dall’EU. La Serbia, senza troppi convenevoli, ha pure tappato la bocca agli indipendentisti magiari della Vojvodina, dando alla regione un nuovo statuto che le conferisce un’autonomia ancora maggiore, ma non il completo potere decisionale che rimane nelle mani del Parlamento e del Presidente, il quale ha annunciato: "non verranno commessi gli stessi errori del passato". Il riferimento era palese. In seguito ad un referendum, la Serbia si è proclamata Repubblica neutrale e ha rifiutato l’invito Usa ad avviare le trattative per l’ingresso nella NATO.
 
Ma a sconcertare gli europei è il fatto che la Serbia abbia mantenuto i suoi contatti con il gruppo dei Paesi Non Allineati, come, a suo tempo, aveva fatto la Jugoslavia della quale la Serbia è considerata la Repubblica erede. Paesi come l’Olanda, il Belgio e l’Inghilterra non credono molto alla nuova versione "europea" della Serbia e pretendono la consegna di Mladic per il continuamento delle trattative. La Serbia ha risposto che la polizia si sta applicando per la cattura del criminale serbo-bosniaco a causa del quale, a detta sua, è ingiustamente accusata dal momento che Mladic ha ucciso in nome della Repubblica Serba di Bosnia e non per la Serbia propriamente detta.
 
La dichiarazione ha fatto infuriare i musulmani e ha messo gli europei con le spalle al muro. La Serbia, forte della protezione della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese, continua a bloccare l’ingresso degli albanesi del Kosovo nelle istituzioni internazionali, dicendo che lo stato serbo è formato da tre grandi minoranze nazionali e così continuerà ad essere; ma è opportuno precisare che se la Serbia ora si trova in posizione di forza ciò è dovuto anche al fatto che la stessa Unione Europea si è divisa davanti alla nuova crisi del Kosovo: Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia, membri dell’UE, non hanno riconosciuto il Kosovo come stato e hanno dato il loro appoggio alla Serbia. Le ragioni non sono difficili da individuare: entrambi i Paesi hanno proficui rapporti economici con la Serbia, specialmente nel settore del turismo dato che i serbi, si sa, non badano a spese quando si tratta di viaggiare.
 
A queste contraddittorie rivelazioni se ne aggiunge un’altra: la Serbia si sta trasformando in un paradiso fiscale. Gli investimenti stranieri da una parte hanno alzato notevolmente il tenore di vita dei cittadini serbi, ma dall’altro hanno fatto entrare nelle casse delle banche serbe denaro che certo non può definirsi pulito. L’Unione Europea è stranamente diventata permissiva con la Serbia e ora bisogna chiedersi: la Serbia vuole davvero entrare nell’Unione Europea oppure preferisce questa situazione che tutto sommato le sta procurando non pochi vantaggi?

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