Scienza delle reti e cooperazione innovativa
Howard Rheingold (http://rheingold.com) è uno studioso specializzato nello studio delle reti di collaborazione e dei processi psicologici e sociali implicati nello sviluppo delle conoscenze.
Il suo libro “Perché la rete ci rende intelligenti” (Raffaello Cortina, 2013) riesce a delineare dei percorsi di socializzazione e di apprendimento molto snelli e saggi. Per Rheingold oggi è sempre meno utile conoscere qualcuno di importante, ma è sempre più essenziale sapere chi conosce le persone che sanno comprendere bene le cose veramente importanti e innovative.
Inoltre quando ci mettiamo davanti a uno schermo l’attenzione virtuale deve competere con le cose che accadono nella vita reale o con una o più chiamate al telefono (il fisso e il cellulare). E in genere fare più cose contemporaneamente non è poi così utile come si pensa. Le ricerche di psicologia sociale di Clifford Nass sul multitasking sembrano dimostrare una tendenza a peggiorare le prestazioni in molte situazioni. Naturalmente in alcuni casi si può rischiare la vita. Ad esempio se qualcuno manda sms mentre guida (la selezione naturale non perdona nessuno).
Quindi l’abilità fondamentale risiede nel “prestare attenzione al modo in cui prestate attenzione” (p. 55). Per fare questo occorre gestire bene il respiro: “è il regolatore dell’attenzione” (Linda Stone, esperta di media digitali). Quando ci concentriamo troppo su alcune cose che stiamo facendo o leggendo, tratteniamo per un po’ il respiro per intervalli brevi, ma per troppo tempo. Bisognerebbe mantenere un ritmo regolare per evitare lo stress cronico e per mantenere il controllo cosciente su quello che stiamo facendo, altrimenti può nascere una brutta dipendenza.
Così quando ci si trova sul posto di lavoro gli eccessi di interazione e di multimedialità rischiano di azzoppare l’attenzione focalizzata: dopo una singola interruzione, “può essere necessaria fino a mezz’ora di tempo per riprendere la concentrazione” (Gloria Mark, docente e informatica, p. 60).
Comunque anche la gestione dell’attenzione si può insegnare: “Le madri Maya guatemalteche insegnano con successo ai loro figli a dividere l’attenzione così come le madri occidentali insegnano ai propri bambini a focalizzare la loro” (Alison Gopnik, docente di psicologia, p. 65). In ogni caso chi si occupa di cultura partecipativa può definirsi un imprenditore digitale che accumula capitale sociale. I cittadini più bravi sanno filtrare, mediare, collegare, criticare e aiutare.
Per quanto riguarda l’attendibilità delle informazioni reperite nel Web si possono tenere presente quattro domande principali: “Chi è il titolare del sito?” (si può utilizzare www.whois.sc), “Chi è l’autore e quali sono le sue fonti?”, “Quali link ospita?”, “Si può comunicare o commentare?”.
Infine ricordo che “Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo” (Alan Kay, scienziato informatico; Institute for the Future: www.iftf.org). Poi segnalo www.wiki-government.com (Beth Noveck e il potere partecipativo) e il sito di un antropologo digitale: www.michaelwesch.com.
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