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"Saviano rompe i Maroni"

Le reazioni dei "colletti verdi". L’indignazione sublime dei paladini del conformismo militante. Cosa c’è dietro?

Hanno i nervi scoperti. Le reazioni scomposte di Maroni e co. da un lato, i 9 milioni di spettatori dall’altro. Ogni qual volta c’è una trasmissione di approfondimento che fa il pieno di ascoltatori in Italia, si scatena il panico. Capitò alla puntata di Anno Zero sulle inchieste di De Magistris e della Forleo su Mastella, Prodi, D’Alema. Succede oggi, quando un giornalista scrittore che di cognome fa Saviano, di nome Roberto, descrive, divulga, informa, cita fatti, inchieste. Non opinioni. Sfogliando diversi testi di sociologia si trovano le teorie si cui si è basata la riflessione di Saviano, sull’”utilità”, sulla “convenienza” dell’esistenza delle mafie per garantire il mantenimento della società esistente al sud, basata su un rigido controllo gerarchico e sulla cristallizzazione delle posizioni sociali. Il contrario dell’anarchia. Il contrario della mobilità.

Un sistema sociale “oppressivo” che spinge i giovani ad emigrare, a fornire menti e braccia alle aziende estere e settentrionali per poter sperare di cambiare la propria condizione. Uno di questi è “La mafia di un villaggio siciliano” di Anton Blok. E allora qual è il problema?

Cos'è che spinge giornali, tv, dibattiti degni delle peggiori osterie di provincia ad indignarsi contro Saviano? Perché Maroni e i suoi amici politicanti non si permettono di dire nulla contro professori universitari anonimi, luminari della sociologia, studiosi che da anni elaborano teorie e modelli sullo sviluppo delle organizzazioni mafiose nel nostro Paese? Cosa ne pensano i giornali esteri che hanno pubblicato “Gomorra” in tutti gli Stati del mondo, a vedere alcuni nostri quotidiani nazionali che lanciano veri e propri insulti contro Saviano a tutta pagina?

La risposta forse è che il mega-partito della restaurazione e della conservazione ha una paura tremenda delle menti pensanti. Mussolini imprigionò Gramsci per fargli “smettere di pensare”. Oggi si agisce diversamente. Se il Grande Fratello non prevale si alza il sipario sul teatro dei professionisti dell’ingiuria.

Se un giorno un concorrente del Gf impazzisse e si metterebbe a discutere di politica, di società, di lavoro, di precarietà, forse avremmo gli stessi tipi di polemiche sulle prime pagine dei giornali? E allora il problema è il mezzo, non il messaggio.

La paura tremenda che la “casalinga di Voghera” possa un giorno esprimere un’opinione che sia difforme dalle avventure quotidiane degli eroi del Gf. In un Paese normale due ore di televisione non conformista che fa gli ascolti di una partita di calcio dell’Italia ai mondiali, e che parla del più grande problema esistente che riguarda quella Nazione, riceverebbe applausi, onori ma anche oneri del caso. Invece accade il contrario. Siamo sicuri che per tutti gli opinion leader, i politici, e anche i cittadini di questo martoriato Paese, Saviano parla di un problema?

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