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SOS Pronto Soccorso: un approccio razionale per la riorganizzazione della rete di emergenza del Lazio

Si è parlato molto in questi giorni della situazione critica in cui versano i Pronto soccorso laziali. La problematica relativa alla rete di emergenza ospedaliera è stata fortemente sollevata in più occasioni in questi giorni a causa del sovraffollamento, in gran parte dovuto al picco influenzale, delle strutture di accoglienza del Pronto Soccorso.

La risposta di Zingaretti si è limitata alla richiesta di intervento del Prefetto di Roma in quanto questo potrebbe “favorire la messa a disposizione di posti letto delle strutture private accreditate al servizio sanitario regionale”. In pratica la Regione, dopo avere per quasi un decennio tagliato selvaggiamente posti letto in tutta la regione e abbattuto le degenze di circa il 30% da inizio della Spending Review, adesso chiede posti letto agli accreditati per fronteggiare l’ondata di richiesta di assistenza in emergenza. Qualcosa non torna.

Altro provvedimento di Zingaretti riguarda l’aver messo a disposizione del servizio, come supporto alle strutture, altri 100 infermieri . Quanto c’è di razionale in queste scelte? Quale sarà l’efficacia degli interventi? Non ci saranno più file e tutti gli utenti troveranno accoglienza?

Per capirci di più, e per poter formulare delle ipotesi di soluzione, il Movimento 5 Stelle della Regione Lazio ha preferito seguire un approccio logico e razionale che parta dalla conoscenza e dall’individuazione delle cause reali del problema. E la conoscenza non può prescindere dai dati numerici riferiti al servizio e dalla loro analisi. Sinteticamente si cercherà di illustrare la situazione al fine di rendere chiari, anche per il lettore o l’utente del servizio sanitario, quali siano i fattori concreti che determinano il problema.

In pratica, perché i Pronto soccorso laziali non riescono a soddisfare il fabbisogno di assistenza in emergenza? Perché ci sono file interminabili, tempi di attesa lunghissimi e molto spesso impossibilità di accoglienza?

Per trovare risposta, i primi approfondimenti che è opportuno effettuare riguardano l’individuazione del perché il pronto soccorso va in tilt e l’individuazione di chi accede al pronto soccorso e del motivo per cui lo fa.

I motivi del collasso potrebbero essere identificati nei seguenti punti:

1.Carenza di letti disponibili per i pazienti ammessi al ricovero.

2. Difficoltà nell’accesso alle cure primarie, specialistiche ed infermieristiche

3. Aumento del livello di complessità e di acuzie dei pazienti che si presentano al P.S

4. Tempi di attesa eccessivamente lunghi, mancato governo delle liste di attesa, ticket.

5. Percezione del Pronto Soccorso quale unica struttura dedicata ad accogliere qualsiasi emergenza

6. E soprattutto inadeguata gestione dell’utenza per tipologia

Una prima suddivisione dell’utenza, ma fondamentale ai fini della comprensione del problema è quella che ripartisce gli accessi in due macro categorie: gli “Accessi appropriati” e “Accessi non appropriati” o accessi di pazienti la cui assistenza sarebbe potenzialmente demandabile ai servizi territoriali.

 

Accessi non appropriati e rete distrettuale:

Su un totale di circa 2 milioni di accessi complessivi l’anno presso i pronto soccorso laziali, quasi 1,5 milioni sono accessi che potenzialmente potrebbero essere dirottati presso un tipo di assistenza territoriale, ovvero ben il 75% degli accessi complessivi presso i pronto soccorso regionali. Il paziente che necessita di assistenza “non ospedaliera” è generalmente affetto da patologia cronica, o non autosufficiente, o ha subito traumi o patologie che non necessitano di ricovero; nella maggior parte dei casi è residente presso l’Asl cui è ubicato il pronto soccorso a cui si rivolge. Includeremo in questa categoria di pazienti quindi coloro che dopo essersi rivolti al pronto soccorso vengono rimandati a casa (pur considerando che tra questi dovremmo scorporare coloro che si sono rivolti presso strutture specializzate come ospedali con strutture dedicate in ambito oftalmico, odontoiatrico, pediatrico e ostetrico) e a cui generalmente è stato assegnato un codice verde o bianco, oppure quei pazienti che non rispondono a chiamata o che si allontanano spontaneamente (il tempo di attesa non giustifica il bisogno di cura) o i pazienti dirottati presso strutture ambulatoriali. Sono proprio tali pazienti che influiscono pesantemente sul tempo di attesa presso il pronto soccorso e che rappresentano generalmente l’inappropriatezza dell’emergenza che deve essere assorbita e fronteggiata mediante l’intermediazione di due interlocutori fondamentali: il Medico di Medicina Generale e la struttura territoriale.

La crisi dei PS si fonda essenzialmente su due aspetti: l’inappropriatezza del ricorso all’emergenza, rappresentata dal bacino sopra descritto, e l’incapacità di risposta al bisogno di emergenza per i casi appropriati.

L’inappropriatezza comporta l’investimento urgente, cogente e sistemico sulla rete di intermediazione tra il Medico di Medicina Generale, tra la struttura territoriale e tra la rete ospedaliera nonché dell’emergenza. Occorre rilevare la capacità di presa in carico della medicina territoriale ri-definendo l’incentivazione degli MMG (al di là degli accordi e protocolli già stipulati tra la categoria e la Regione per presenziare le case della salute) in ragione delle mancate ospedalizzazioni, attribuendo la valorizzazione non sulla malattia ma sulla capacità di cura del sistema, rilevando i linkage tra accessi in pronto soccorso e mappatura dei singoli medici di base e dei bisogni di cura degli loro assistiti.

In seno all’accesso al PS deve essere rilevato il Medico di base di assegnazione, che in ragione della segnalazione obbligatoria e della relativa informatizzazione del dato da parte del PS, dovrà correggere il percorso di cura del suo assistito e modificare l’approccio al processo. In pratica, a seguito della segnalazione da parte del PS si dovrebbe avviare automaticamente il processo di presa in carico da parte del MMG e il relativo percorso terapeutico di trattamento del cronico. L’incentivazione economica del MMG si baserà così essenzialmente sulla mancata ripresentazione del cronico presso il PS legata a motivazioni inerenti alla propria patologia.

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Nella flow chart è illustrato il processo di presa in carico del paziente da parte del MMG a seguito di comunicazione del pronto soccorso e della relativa informatizzazione della tessera sanitaria. Il PS dà avvio alla presa in carico e comunica l’accesso presso il PS del paziente a M di base. Il MMG indirizzerà il paziente verso un percorso assistenziale territoriale e in concomitanza sarà l’interlocutore sia con il sistema di prenotazione ospedaliero per le prestazioni specialistiche e sia con gli specialisti stessi per l’ottimizzazione del processo di assistenza che comunque avrà come riferimento sia il distretto e sia la casa della salute.

Il secondo aspetto riflette la necessità di investimento sulle risorse strutturali ed umane a livello ospedaliero, ma di questo vedremo in seguito.

 

Innanzitutto sarebbe opportuno, a seguito del PERCORSO TERAPEUTICO CON AVVIO OBBLIGATORIO, sviluppare iniziative territoriali con strutture organizzate su base distrettuale (come proposto già dalla FIMMG), che vedano la presenza dei Medici di Medicina Generale, con la capacità di erogare, 365 giorni l’anno, per almeno 12 ore al giorno tutte quelle prestazioni che consentano ai cittadini di ottenere in tempi rapidi risposte a problemi di salute che non necessitino della complessità della struttura ospedaliera.

Inoltre, essendo il ricorso improprio al P.S. ospedaliero per disturbi di scarso rilievo clinico originato prevalentemente da una scarsa educazione sanitaria, o dall’esigenza di accedere ad un servizio specialistico in modo rapido, eludendo inoltre l’onere del ticket, si potrebbe ripensare anche l’organizzazione del P.S. stesso. Infatti l’esigenza di ottimizzare la gestione delle reali emergenze potrebbe essere il presupposto per la creazione di una postazione intra-ospedaliera di medicina generale, tale da filtrare e gestire più velocemente le richieste differibili (triage “bianco” e spesso anche “verde”), realizzando quella modalità d’integrazione ed interscambio nelle competenze professionali mirata ad una più appropriata erogazione dell’intervento sanitario. Tale Proposta è stata anni addietro formalizzata nel verbale di riunione per la definizione del protocollo d’intesa tra la ASL RM/G e le OO.SS. FNAM-SIMGES e FIMMG, ma senza alcun seguito.

Sarebbe inoltre necessario affrontare il problema delle liste d’attesa per visite ed esami privilegiando le prestazioni che facciano parte di un percorso diagnostico pianificato, in particolare per le patologie croniche. Andrebbe stabilito il principio che il paziente che esce dallo studio del medico di medicina generale, e che quindi fa parte di un percorso terapeutico informatizzato, così come quello visitato in ambulatorio o dimesso dal pronto soccorso, non riceva una ricetta con la prescrizione di un accertamento: deve sapere dove e quando otterrà la prestazione di cui ha bisogno. 

Così come sarebbe anche necessario sviluppare un sistema innovativo di cure extraospedaliere che agevoli la dimissione dai reparti per acuti. Tale sistema deve prevedere, oltre al potenziamento della “Home care”, la creazione nelle Case della Salute (di cui dopo gli annunci attendiamo la effettiva piena funzionalità basata su una revisione completa del modello secondo le numerose criticita’ piu’ volte segnalate), di posti letto ad elevata intensità assistenziale infermieristica. In queste strutture la gestione, e la responsabilità, del paziente passeranno progressivamente dal Medico dell’Ospedale a quello di Medicina Generale.

Inoltre, una estensione dell'orario di attività, l'incremento delle potenzialità diagnostiche e tecnologiche delle strutture territoriali, oltre ad un ammodernamento del sistema attuale di guardia medica, possono contribuire alla soluzione dei problemi.

 

Accessi appropriati e assistenza ospedaliera:

All’interno della prima categoria, ovvero tra gli accessi appropriati, occorre individuare altre tre sottocategorie: accessi appropriati, accessi appropriati con paziente non ricoverato e incapacità ricettiva. Queste tre sottocategorie individuano il fabbisogno ospedaliero vero e proprio che sta alla base della capacità di fronteggiare la domanda di assistenza di tipo ospedaliero. Per quanto riguarda l’assistenza da erogare a fronte di accessi appropriati è necessario intervenire obbligatoriamente sull’organizzazione dell’ospedale. Queste tre sottocategorie possono essere utilizzate come indicatore di efficienza ed efficacia ospedaliera o fronte di richiesta di intervento in emergenza. L’indicatore più grave è quello legato all’incapacità ricettiva. Significa che a fronte di un accesso appropriato la struttura non è in grado di soddisfare la domanda di assistenza e deve rivolgersi ad altra struttura o, nel caso più grave, provoca la morte del paziente in pronto soccorso. Questo fenomeno si produce essenzialmente per carenza di posti letto, generalmente riferiti alla medicina internistica, quindi per sottodimensionamento della struttura in riferimento alla domanda, o per inefficienze interne anche di tipo organizzativo presso la struttura. Il trasferimento ad altro istituto infatti generalmente avviene nel quasi il 70% dei casi a causa della mancanza dei posti letto e soltanto nel 30% dei casi in continuità di soccorso. Pertanto ripartiremo con le citate proporzioni i casi riferiti al trasferimento presso altre strutture alle due sottocategorie inerenti agli “appropriati non ricoverati” e all’ “incapacità ricettiva”.

 

Quindi ribadiamo la logica dell’intervento organizzativo a livello di struttura in caso di evidenziazione di indici superiori o molto superiori alla media riferiti all’incapacità ricettiva. Per quanto concerne invece la sottocategoria “Appropriati non ricoverati”, è opportuno utilizzare tale indicatore quale elemento di valutazione qualitativa della struttura. Prevalentemente appartengono a questa categoria i pazienti che rifiutano deliberatamente il ricovero, e soltanto in una proporzione minore quelli che vengono trasferiti ad altro istituto in continuità di soccorso. L’alta incidenza percentuale di questo indicatore lascia di fatto intendere che esiste da parte del paziente una evidente percezione del servizio assistenziale inadeguata al soddisfacimento del proprio fabbisogno sanitario. In pratica il paziente non ha fiducia nella struttura in cui è stato indirizzato e ha un’aspettativa riferita al servizio talmente insoddisfacente o negativa che, pur potendo ricoverarsi, preferisce rinunciare al ricovero e indirizzarsi spontaneamente presso altre strutture. In questo caso il problema è essenzialmente legato alla percezione soggettiva del paziente che però potrebbe collimare con il dato di assistenza oggettivo. Una percezione del servizio inadeguata e sottodimensionata rispetto alle aspettative è comunque un problema molto grave in ambito di organizzazione sanitaria. E pertanto va affrontato anche in questo caso a livello organizzativo, ma non mediante aumento di posti letto o riduzione delle giornate di degenza o capacità ricettiva di assorbimento. In questo caso diventa preponderante lavorare sulla qualità del servizio offerto, quindi sulla qualità delle prestazioni ospedaliere erogate. Diventa importante valorizzare l’ospedale aumentando la qualità delle prestazioni, quindi diventa essenziale puntare sull’incentivazione e potenziamento delle specializzazioni ospedaliere mediante convenzioni anche con università o accordi atti a sviluppare l’attrattività. Come vedremo il problema degli ospedali di alcune ASL è essenzialmente legato alla scarsa attrattività degli stessi, fenomeno che non solo si ripercuote sul servizio di rete di emergenza, ma soprattutto si ripercuote sui valori di mobilità passiva che producono costi eccessivi, affollamento presso altre strutture ricettive e soprattutto carenza nel compensare il fabbisogno sanitario geo localizzato. Anche in questo caso la rete di emergenza diventa secondaria rispetto alla soluzione del problema organizzativo ospedaliero.

Un ultimo indicatore è legato all’incidenza degli “Appropriati ricoverati”. In taluni casi, e generalmente presso le strutture accreditate, si evidenzia un fenomeno di eccessiva tendenza a ricoverare i pazienti pervenuti dal pronto soccorso. Nei casi eccessivamente superiore alla media si presume che il fenomeno sia legato all’appropriatezza del DRG. In tal caso andrebbe sviluppata da parte della regione una più accurata rete di controllo delle appropriatezze riferita agli ospedali accreditati. In tali ospedali risulta spesso evidente anche la tendenza ad attribuire un codice di triage mediamente più alto rispetto alle strutture pubbliche. In questo caso gli interventi dovrebbero provenire direttamente dai sistemi di controllo regionali.

La Matrice degli Investimenti per l’emergenza:

Utilizzando indicatori nell’ambito dei ricoverabili quali quello degli “Appropriati non ricoverati” e quello dell’”incapacità ricettiva”, può essere elaborata una matrice di valutazione riferita alla struttura ospedaliera. L’indicatore riferito agli appropriati non ricoverati abbiamo detto essere un indicatore prevalentemente qualitativo, riferito alla percezione della struttura da parte del paziente. L’indicatore riferito all’incapacità ricettiva è invece quantitativo ed esprime la carenza della struttura a recepire l’assistito. Mettere in relazione in una matrice i due indicatori produce un quadrante atto ad indicare l’eventuale politica che dovrebbe essere perseguita in riferimento alla struttura. In pratica i quattro quadranti che ne derivano, demarcati nel mezzo dai valori medi a livello regionale dei due indicatori, ci indicheranno quattro possibilità di azione. Se una struttura si trovasse nella posizione di alto livello di appropriati non ricoverati e basso livello di incapacità ricettiva (quadrante rosa) si dovrà indurre la struttura ad investire qualitativamente sulla qualificazione del personale medico specializzato, o puntare sull’acquisizione di personale a più alta qualificazione mediante convenzioni o migliorare comunque tutti quegli aspetti organizzativi che hanno causato la percezione negativa e l’abbattimento delle aspettative assistenziali da parte del paziente. L’investimento dovrà essere orientato al miglioramento della qualità percepita. Che in un secondo momento dovrà coincidere con la qualità e l’esito delle cure. Se invece si dovesse avere una situazione di basso livello di appropriati non ricoverati e un alto livello di incapacità ricettiva (quadrante blu), significa che la struttura è di fatto sottodimensionata e necessita di un investimento in termini incremento posti letto e di miglioramento organizzativo in termini di giornate di degenza o tempi di attesa. Nel caso in cui dovessero essere alti entrambi gli indicatori dell’incapacità ricettiva e dei non ricoverati (quadrante rosso), si dovrebbe valutare l’opportunità di eventuale disinvestimento o di riconversione della struttura (tale indicatore dovrebbe essere abbinato anche all’incidenza dei pazienti riferiti agli accessi non appropriati e assistibili a livello territoriale). Naturalmente la situazione ottimale (quadrante verde) tende ad indicare la funzionalità della struttura e l’adeguatezza a fronteggiare il servizio. Tuttavia, anche in questo caso occorre fare una valutazione

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Con questa matrice il Movimento ha classificato in un documento tutti i pronto soccorso del Lazio. Ha inquadrato la carenza in termini di investimento (attrattività o struttura) di ogni singola struttura e Asl e ha formulato delle ipotesi di soluzione che essenzialmente passano dal concetto di obbligatorietà nell’ avvio della presa in carico del paziente cronico da parte del Medico di base con segnalazione da parte del Pronto Soccorso stesso.

E’, quella del Movimento, una proposta alternativa, per non dire antitetica rispetto al concetto finora prospettato dalle intese tra Regione e Medici di base e rispetto alla concezione di Casa della Salute quale struttura universalmente estendibile, ma passiva in termini di attrattività. Si passa dall’incentivazione statica e passiva dei medici di Base stanziali presso le case della salute, che vengono comunque incentivati a prescindere del risultato conseguito in termini di cura e subordinatamente ad una presenza in termini di copertura oraria, a un tipo di incentivazione basata sulle effettive azioni che il medico attuerà sul paziente dopo che gli sarà assegnata la presa in carico su comunicazione del pronto soccorso. Il medico di base sarà incentivato a seguire l’iter e il percorso terapeutico del paziente proprio perché l’incentivazione economica sarà conseguente al mancato ricorso del paziente stesso all’assistenza del pronto soccorso nei mesi successivi alla presa in carico stessa. In pratica, se l’80 % circa dei pazienti cronici (38% circa della popolazione totale) si rivolge almeno una volta l’anno al pronto soccorso, perché non indirizzarli subito presso il medico di base per la presa in carico del percorso assistenziale? Perché aspettarli passivamente presso le case della salute che neanche percepiscono come luogo di assistenza e cura? E perchè privarsi dell'immenso valore aggiunto della capillarizzazione assistenziale che i medici di base potrebbero offrirci se non relegati stanzialmente in tutte le Case della Salute?

Questa è solo una delle proposte che verranno trattate in un convegno tecnico convocato dal Movimento 5 Stelle presso il Consiglio Regionale di Via della Pisana il giorno 9 Febbraio dalle 15 alle ore 19. Per questo importante incontro è prevista la presenza dei seguenti interlocutori:

CIMO-CoSiPS (Coordinamento Italiano dei Medici Ospedalieri - Associazione Sindacale dei Medici Dirigenti/ Coordinamento Sindacale Professionisti della Sanità), SMI-FVM Lazio (Sindacato dei Medici Italiani/Federazione Medici e Veterinari), F.S.I. (Federazione Sindacati Indipendenti), Cgil FP medici, Confederazione COBAS Federazione Sanità Università e Ricerca, AAROI-EMAC (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani/Emergenza Area Critica), Nursind (Sindacato delle Professioni Infermieristiche), Cittadinanzattiva Onlus, Assotutela (Associazione per la tutela del Cittadino), Codici(Centro per i diritti del Cittadino), Federsanità ANCIOmeceo (Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri), Ares 118 (Azienda Regionale Emergenza Sanitaria), ANTeL (Associazione Nazionale Tecnici di Laboratorio Biomedico).

 

Ne scaturirà una proposta di legge, questa volta concordata con i più importanti attori diretti del processo di funzionamento della rete dell’emergenza ospedaliera.

Un approccio del tutto sensato e razionale per tentare una soluzione del problema.

 

 

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