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 Home page > Tribuna Libera > Referendum | Le omissioni del quesito referendario

Referendum | Le omissioni del quesito referendario

Forse mai come oggi dovremmo tutti rileggerci Focault. E reintepretare le omissioni dei messaggi ai tempi di Renzi, la logica dell’esclusione che pervade nei lampanti e pervasivi messaggi del “moderne regime”.

Emblematicamente potremmo prendere opportunamente in considerazione il quesito referendario sottoposto al vaglio della magistratura (prima per accertare la legittimità amministrativa, ora costituzionale) piuttosto che al vaglio di un esperto linguista o filosofo del linguaggio.

Cosa si esclude nel testo, ovvero dal discorso legittimo che sembra proporre: “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, riduzione del numero dei parlamentari, contenimento dei costi, soppressione del Cnel “?

Le forme di esclusione del discorso sono diverse, ma non mi addentro nell’analisi già esplicata del filosofo francese, piuttosto mi interessa evidenziare i contenuti dell’esclusione operate da questa asserzione, quella del quesito referendario intendo.

Alla base c’è l’assioma che il discorso, il suo ordine, il messaggio sono necessariamente correlati con il controllo esercitato da parte del potere. Non si può dire tutto. Neanche di ciò di cui si potrebbe dire (parafrasando Wittgenstein).

L’apparentemente “ragionevole” volontà espressa dal quesito referendario, su cui poggia l’azione politica di Renzi, che potrebbe passare alla storia come la grande riforma e la svolta innovativa dell’azione politica renziana, viene rappresentata mediante un’innegabile evidenza, condivisibile di primo acchito.

L’esistenza ridondante di due camere che svolgono la stessa cosa, il rimpallo decisionale che ne consegue; l’eccessivo numero dei parlamentari per il processo legislativo e l’eclatante costo della politica abbinato all’inutilità di molti enti, tra cui il Cnel.

Questa è la verità spinta dal governo che attraverso l’appoggio amplificato dei media, diretto e indiretto, esprime un concetto che difficilmente può apparire come ingiustificabile.

Molto più interessante è invece la parte “OMESSA” del discorso. Che è divisibile in due tronconi.

Le omissioni legate alla “realtà esistente” e alla sua ragion d’essere, sintetizzabile nei seguenti punti:

1) Le due camere sono state teorizzate dai padri costituenti per garantire che il vaglio delle leggi della Repubblica parlamentare fosse al riparo dal pericolo di futuri autoritarismi. 
2) Le due camere hanno garantito fino ad oggi la redazione più corretta delle leggi
3) Le due camere non hanno affatto rallentato l’iter legislativo, piuttosto hanno garantito l’espressione allargata della rappresentatività parlamentare
4) Il numero dei parlamentari è stato stabilito in base al bilanciamento e all’equilibrato rapporto della rappresentatività del popolo italiano 


5) Il trattamento economico dei parlamentari è stato concepito come condizione dell'esercizio indipendente di una fondamentale funzione costituzionale 
6) L’esistenza del Cnel (casa delle formazioni sociali voluta dai costituenti) è subordinata all’art. 2 della Costituzione che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»,

Ma soprattutto le OMISSIONI legate alla “realtà desiderata”, omissioni che esprimono le vere esigenze di questo (come dei precedenti) governo.

Viene infatti omesso concettualmente, che:

1) Da almeno un ventennio le garanzie costituzionali sono diventate un “fastidio” per il potere esecutivo. Ricordiamoci già il tentativo berlusconiano di modificare la costituzione cercando di orientare la repubblica verso un presidenzialismo, quindi verso forme autoritarie non diverse da quanto richiesto non espressamente dal quesito referendario.
2) Ormai si ricorre abitualmente alla fiducia per legiferare scavalcando l’iter parlamentare, per cui l’esistenza delle camere risulta, in modo più che evidente, inutile.
3) Il potere esecutivo è insofferente verso il bilanciamento dei poteri e vuole controllare direttamente il potere legislativo (quello espresso dalla rappresentatività parlamentare), la rappresentatività stessa (il senato non è più espressione diretta del popolo), il potere giudiziario (controllando le nomine del CSM e della Corte Costituzionale) e la garanzia stessa del sistema repubblicano (nominando da solo il Capo dello Stato)
4) Fino ad oggi la “vecchia” Costituzione è stata effettivamente l’ultimo baluardo di resistenza che ci ha difeso dall’autoritarismo interessato, visto che il parlamento si è sottomesso sempre più spesso agli opportunismi interessati, e questo è un palese ostacolo che va rimosso;
5) Una Costituzione fondata su principi solidaristici, di garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo dà palesemente fastidio alle autorità monetarie globali che mirano alla sottrazione dello stato sociale degli stati esercitata mediante la contrazione del debito e principalmente con la sottrazione della sovranità monetaria.
6) E’ anacronistico parlare di Cnel, e soprattutto di garanzie dell’uomo (in cui il diritto al lavoro diventa espressione di dignità) in un contesto in cui il lavoro diventa strumento di ricatto e controllabilità sociale. Abolire ha più senso e utilità piuttosto che razionalizzare.
7) Il senato non verrebbe abrogato dalla riforma, ma di fatto verrebbe estesa (convenientemente per una logica autoritaria di controllo) una garanzia ulteriore ad una classe politica (consiglieri regionali) che garantisce asservimento ed esprime la logica di interesse e di controllo nel territorio. Non a caso le elezioni amministrative sono quelle più soggette ai ricatti sociali, alla politica e voto di scambio, alla logica dei favori.
8) I costi della politica potrebbero essere abbattuti anche mediante leggi ordinarie (abbattimento stipendi, strutture, fondazioni, finanziamenti, ecc.) o con una semplice modifica costituzionale che riduca semplicemente il numero totale dei parlamentari, ma la riforma non si prefigge questa finalità.

Omettendo dall’”ordine del discorso” tutte queste questioni non marginali si finisce per imporre il regime di verità renziano e appoggiare, ad occhi bassi, la sua crociata.

E’ assolutamente forviante, ed esercitata in modo deliberato, la “ripartizione” fittizia del concetto buono di “riduzione costi” anteposto alla “classe sprecona” se si scompone l’intento reale espresso dalla riforma, a cui non interessano affatto gli sprechi (che si manifestano tutti i giorni in una politica di assegnazione di privilegi verso i potentati).

Così come è assolutamente forviante il concetto di velocizzazione dell’ iter legislativo anteposto alla lentezza burocratica piuttosto che parlare esplicitamente di decisionismo autoritario e non rappresentativo.

Forviante è anche la ripartizione tra modernità anteposta ai vecchi valori obslolescenti di tipo solidaristico così presenti nella nostra “vecchia” Costituzione, così come forviante è la definizione di “buono” attribuita al governo o agli ultimi governi (buon governo, buona scuola, ecc).

Purtroppo il popolo è vittima inconsapevole di questa distorsione e l’”Ordine del discorso” resta un messaggio legato alla nostra individuale capacità di decodificazione nel mare del bombardamento DISINFORMATIVO mediatico.

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