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Rimini meeting: Vaticano, cattolici e politica italiana

Un meeting - quello 2012 - tutto sommato tra i più riusciti, oltre che tra i più attesi. Si tratta del primo post berlusconiano, un fatto importante. Dopo l'attacco inconsulto sferrato dalla stampa berlusconiana, segnatamente "Il Giornale" e "Libero" ad opera e per concertazione anzitutto di Vittorio Feltri, contro l'ex direttore di "Avvenire" e l'attuale direttore di TV 2000, Boffo.

Oltre che per le vicende private e non - era chiaro infatti che "don Silvio" si era alienato - dopo quelle di Fini e dei suoi - anche le simpatie e soprattutto il sostegno politico sia dei cattolici, che, soprattutto, della gerarchia ecclesiastica. Il 2012, anno di Monti e del suo governo, pone dunque categoricamente il problema dei cattolici in politica, fermo restando, la "libertà" di scelta purché aderente nei casi specifici agli orientamenti imprescindibili dei valori cristiani, quali la vita, la famiglia, la democrazia.

Mario Monti è un tecnico, è Presidente del Consiglio dei Ministri, ed è un cattolico, come molti dei suoi, ad es. il Ministro Passera. Per diversi di loro, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il meeting è davvero e pienamente un meeting cattolico - cioè universale, a 360°. Esso pone delle scelte di vita: restare dei tecnici o diventare dei politici. Dopo il fallimento del berlusconismo - che tanto sostegno cattolico e delle gerarchie aveva avuto - si pone più che mai la questione di una partecipazione in soggetti terzi o quella in un soggetto prettamente cristiano e, dunque, una eventuale creazione di questo. Tutto ciò a sua volta pone in primo piano, di nuovo, quello che è "il" problema annoso ed irrisolto e quasi sempre taciuto del rapporto tra gerarchia e base cattolica proprio per quanto concerne l'impegno politico. Si tratta di un "quid" alla cui soluzione, forse, proprio lo stesso Mario Monti ed il suo staff, a cominciare da Corrado Passera, sono gli uomini più idonei e che possono contare in genere del sostegno - un sostegno molto esterno ma non per questo meno importante - di laici impegnati e significativi quali ad esempio Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari.

"Il" problema è quello che si evince anche per esempio dalla relazione del Presidente della CEI, Card. Bagnasco, che cita De Gasperi ma non lo nomina. E, lì inizia, dopo la costituente, nella neoistituita "Repubblica Italiana" la cosa. De Gasperi, cattolico e credente convinto, porta avanti una linea diversa da quella voluta dall'integralista Card. Ottaviani, ha il sostegno della base, soprattutto quello dei giovani e dell'"Azione Cattolica", con loro riesce a vincere le elezioni, ma poi è marginalizzato e "fatto fuori" politicamente.

Al suo posto andranno avanti i vari Fanfani, poi Andreotti e Lima, e, in economia, Michele Sindona, "il banchiere della divina provvidenza" è - ahimè - la definizione datane nientedimeno che da un Papa. Qualche decennio dopo, il bis con Aldo Moro, ormai messo da parte politicamente, "promovetur admovetur", con l'incarico onorario di Presidente della DC, ancor prima che con il sequestro e l'assassinio da parte delle BR, Il sostegno va di nuovo e sempre ad Andreotti ed ai suoi. Dopo l'inevitabile tracollo della DC, ad un delfino del CAF ed amico, come lo stesso Andreotti, di Licio Gelli: Silvio Berlusconi.

E' il passaggio del "testimone" e le critiche di "Famiglia Cristiana" ed altri a CL ed al suo meeting non sono del tutto infondate, anzi. Le vicende politiche, economiche, le vicissitudini private mostrano come si siano preferiti a galantuomini cattolici, credenti ed integerrimi quali De Gasperi e Moro, uomini che con ns. Signore e con il Suo vangelo non solo nulla avevano a che spartire, ma che gli erano apertamente contrari. Insomma, come 2.000 anni fa si è preferito Barabba ed ora resta la responsabilità morale, politica, economica e storica. E' del resto quanto aveva già lucidamente intravisto Aldo Moro nelle sue ultime lettere dalla prigionia.

Oggi un qualsiasi impegno politico cattolico è pesantemente tarato dalle passate scelte politiche della gerarchia, segnatamente dal Card. Ottaviani, dai suoi e dalla realtà politica e socio economica che i personaggi da loro preferiti, hanno portato avanti, tutti, sino a don Silvio. Oggi un qualsiasi impegno politico cattolico è possibile solo e soltanto nel contesto di un aperto e categorico distanziamento da quelle posizioni e da quei personaggi, ecclesiastici e non, e nel recupero orgoglioso di valori ed uomini autentici quali De Gasperi e Moro. Altro che riprenderne le citazioni e non menzionarne il nome.

E' possibile solo a partire da un necessarissimo e doveroso mea culpa della gerarchia. Mea culpa per aver portato avanti la linea del Card. Ottaviani, mea culpa ad aver marginalizzato De Gasperi, mea culpa ad aver marginalizzato Moro, mea culpa ad aver preferito e sostenuto gente come Andreotti, Lima, Evangelisti e compagnia, mea culpa ad aver sostenuto Sindona ed averlo definito "il banchiere della divina provvidenza", mea culpa aver sostenuto il Card. Marcinkus, mea culpa, mea grandissima culpa l'aver sostenuto Berlusconi. Ed ancora, mea culpa alla chiusura ad oltranza, anziché il confronto costruttivo - per fortuna avviato da Papa Benedetto XVI - con laici quali Giorgio Napolitano, e, perché no, anche Eugenio Scalfari, pur nelle distanze e nei limiti che questi stessi porrebbe: ateo sì, ma pur sempre un grandissimo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.127) 29 agosto 2012 17:28

    La Chiesa , che abbina il potere visionario del trascendente al potere temporale dello IOR , ha pesantemente condizionato non solo la politica italiana con un partito dichiaratamente confessionale (DC et succ..) , ma l’intera struttura sociale e culturale del paese .

    Il risultato è un paese a sovranità limitata che si è costituito sui principi e i dettami di mamma Chiesa . Questo è anche il limite del governo Monti ,con lo stesso premier che ha sentito il dovere di omaggiare il raduno dei ciellini . Una specie di imprinting a cui nessun leader nostrano sembra sfuggire . Anche il profano Silvio ( che è stato scolarizzato dai salesiani ) ha dovuto inchinarsi a sua Santità per avere il pass ai suoi intrallazzi ,secondo il detto "do ut des" e nel contempo gelminizzando la scuola italiana .
    ciao

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