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Rifiuti Campania commissione UE in visita in Campania

Rifiuti Campania commissione UE in visita in Campania

È stata risolta l’emergenza rifiuti della Campania? Nonostante i proclami del governo dal 2004 ad oggi la Commissione Petizioni del Parlamento Europeo ha ricevuto moltissime denunce da parte dei cittadini, che accusano le istituzioni di un disastro ambientale che continua da oltre quindici anni.

Con l’obiettivo di investigare a fondo queste accuse, una delegazione di euro-parlamentari italiani ed esteri, composto da Judith A.Merkies, Peter Jahr, Margarete Auken, Erminia Mazzoni, Crescenzio Rivellini, Andrea Cozzolino e Vincenzo Iovine, ha visitato la Campania dal 28 al 30 Aprile.

I rifiuti che una volta occupavano la città di Napoli da tempo non ingombrano più le strade del centro ma indagando emerge ben presto che il problema non è stato risolto: semplicemente i rifiuti sono stati spostati, cosi come erano, in discariche e siti di stoccaggio temporaneo sparsi per tutta la regione.

Da li in poi la produzione di rifiuti ha continuato con lo stesso ritmo di prima, senza un programma di raccolta differenziata, senza siti di compostaggio attivi, senza un piano di smaltimento a lungo termine.

Una soluzione “mediatica” insomma, la cui strategia consisteva nello spostare l’emergenza da davanti agli occhi per nasconderla fra le campagne.

Il ciclo dei rifiuti in Campania è oggi sostenuto dalle discariche previste dal decreto emergenziale 90, costruite in fretta e in deroga ad innumerevoli norme. Alcuni impianti sono andati a finire in zone già avvelenate da sversamenti illegali, allontanando la speranza di una bonifica e dimostrando a tutti la vera natura dell’emergenza: uno status che deve rimanere tale, cosi che si possano aggirare le leggi e fare affari d’oro.

Una parte dei rifiuti prodotti infatti non va in discarica ma viene imballata nelle ben note ecoballe, il combustibile dell’inceneritore di Acerra, garantendo un ricco profitto alle multiutility Impregilo ed A2A. Oggi alle oltre cinque milioni di ecoballe già stoccate si aggiungono tutte quelle che vengono prodotte dagli impianti STIR.

Il lavoro della delegazione è sicuramente difficile. Con la militarizzazione dei siti di gestione di rifiuti non è consentito l’accesso senza la Protezione Civile. Questo significa che la delegazione ha dovuto usare come guida proprio le stesse autorità chiamate in causa dai cittadini come responsabili del disastro ambientale.

Queste autorità hanno accompagnato gli euro-deputati negli impianti, ma hanno preteso la totale assenza di partecipazione civile e ostacolato la presenza della stampa e della televisione. Le ragioni di questa scelta non sono chiare, e questo comportamento ha solo confermato la tendenza vigente in Italia in materia di libertà di stampa e diritto di cronaca.

Nonostante l’ufficiale richiesta ricevuta dalla Protezione Civile da parte della Commissione Petizioni per l’accredito di alcuni giornalisti, la mattina del 28 la stampa e le televisioni scoprono che non saranno ammessi alle visite.

Questo da il via ad un rocambolesco inseguimento per tutta la giornata, con attese di ore davanti alla discarica di Chiaiano e davanti all’inceneritore di Acerra per potere catturare delle dichiarazioni all’uscita dei parlamentari.

Sono proprio loro a sottolineare la gravita di questo fatto. Uno di loro nota come in Italia siano i militari a curare le pubbliche relazioni, mentre un altro sottolinea come la negazione dell’accesso alla stampa sia un fatto inaccettabile in una democrazia europea.

Ma la scelta più evidentemente tesa a raggirare la missione europea è stata la sapiente esclusione dalla visita dei siti di Ferrandelle e Marruzzella.

Sono nomi poco noti, eppure luoghi chiave della “soluzione” applicata in questi due anni di crisi. Qui è stato ammassato il grosso dei rifiuti urbani di Napoli: sotto il cielo, senza coperture ne trattamenti.

Non può essere un caso se Ferrandelle è rimasto per gli euro-parlamentari una distesa di mondezza lontana, sfuocata nell’imbrunire. Doveva essere un sito di stoccaggio temporaneo, ma è più di un anno che almeno 500.000 tonnellate di rifiuti “tal quale” vengono lasciate a marcire su delle piattaforme di cemento, senza un appropriato sistema di raccolta ne del percolato ne del biogas, con gravissime conseguenze sui campi e gli allevamenti di bufale tutt’intorno.

Le piattaforme, secondo le denunce dei cittadini, non erano completamente asciutte quando si è cominciato a conferire i rifiuti. Di conseguenza alcune di esse si sono crepate, permettendo infiltrazioni e la creazione di laghi di percolato (vedi L’Espresso).

A neanche duecento metri in linea d’aria, si stendono i siti di Marruzzella 1,2,3. Tonnellate di ecoballe giacciono abbandonate ai gabbiani alle spalle di un allevamento di bufale. La nuova discarica di San Tammaro, di 1.550.000 mc di capacità, cresce a dismisura. Ma l’autobus del parlamentari sfreccia li vicino senza fermarsi, nonostante la richiesta da parte dei cittadini del Coordinamento Regionale Rifiuti che questi luoghi fossero inclusi nella visita.

All’inceneritore di Acerra però la delegazione è rimasta per ben tre ore. All’interno li attende Antonio Bonanno, di A2A, per intrattenerli con una lunga presentazione delle meraviglie dell’impianto.Gli unici ammessi al di fuori degli euro-deputati sono due firmatari della petizione, l’avvocato Tommaso Esposito e Virginia Petrellese.

I due hanno denunciato le irregolarità dell’impianto e l’illegalità dell’uso del CIP6 , la tassa con cui i cittadini italiani dovrebbero sostenere le energie rinnovabili, e che viene invece usata come finanziamento per l’incenerimento.

“Questo impianto è già costato 350 milioni di euro” spiega Tommaso Esposito, “Inoltre, solo di incentivo CIP6, il gestore sta incassando 70 milioni di euro all’anno.”

Virginia Petrellese, sulla riunione appena avvenuta all’interno riporta “Bonanno ha affermato che il tipo e il livello di emissioni dell’impianto non dipende dal combustibile bruciato”.

Questa affermazione viene smentita, il giorno successivo, dall’onorevole Rivellini, uno dei membri italiani della mission, “Quello che è stato detto in verità” spiega, “è che questo è l’unico inceneritore dove, al contrario di Brescia, Milano, e del resto d’Europa, non si brucia tal quale ma rifiuti trattati opportunamente”.

Purtroppo, essendo stata impedito l’accesso ai giornalisti, non possiamo confermare nessuna delle due affermazioni. Sembra assurdo che si possa dichiarare che a bruciare legna si facciano le stesse emissioni che bruciando plastica, ma è altrettanto folle dire che nel resto di Europa si bruci rifiuto tal quale. Inoltre è già stato dimostrato che le ecoballe di CDR (combustibile derivato da rifiuto), e le balle di STIR oggi prodotte, non sono conformi al refuse derived fuel che viene usato nel resto d’Europa.

Il giorno successivo la delegazione visita la discarica di Terzigno. Fra i luoghi più simbolici della devastazione in atto in quelle terre, è situata nel parco nazionale del Vesuvio, proprio sulle pendici del vulcano, ed esala il suo odore nauseante per tutti i paesi vesuviani.

Secondo i gestori dell’impianto, rappresentati da Giovanni Perillo, direttore tecnico della società provinciale di gestione rifiuti, è una discarica sicura, dove arrivano solo rifiuti urbani non pericolosi.

Eppure, alle domande su quali siano i sistemi che garantiscano questa sicurezza, e su come venga controllata la non tossicità dei rifiuti, Perillo fa dichiarazioni inquietanti.

“I rifiuti vengono conferiti in questa piazza di cemento, e sono vagliati a vista per dividere i tossici dai non tossici” spiega ad un’attonita commissione, “qui non arrivano rifiuti industriali, solo STIR e urbani.”

“Come fate a riconoscere i materiali tossici ad occhio nudo?” chiede Judith Merkies, capo della commissione, subito prima di scendere fra le ruspe al lavoro, per osservare con i suoi occhi.

I delegati scavano di persona, con le mani, fra i rifiuti più recenti. Bastano pochi minuti di ricerca perché vengano rinvenute le prove che Perillo abbia peccato di leggerezza, se non di aperta menzogna.

Emergono fusti di plastica vuoti, sul fianco ci sono chiari simboli che li denotano come contenenti materiale corrosivo e tossico. Vengono ritrovate bottiglie di oli lubrificanti, fili elettrici, tutti materiali che non corrispondono affatto a quelli indicati da Perillo, e fanno riflettere sulla qualità della gestione di quel sito.

Dopo Terzigno la delegazione ha visitato la discarica ormai chiusa di Basso dell’Olmo, in provincia di Salerno, e ha potuto ascoltare il geologo Franco Ortolani che ne ha illustrato la pericolosità. La membrana impermeabilizzante che viene posta sotto le discariche resiste per circa 15 anni, ma in questo caso, e Ortolani ha prove fotografiche, quando è stato posto il telo era lacerato e sotto, invece di argilla, furono poste pietre a spigolo vivo. Questo significa un grande rischio di percolazione, e le infiltrazioni finirebbero direttamente nel sottostante fiume Sele.

Ma è davanti alla vicina cava vuota di Valle della Masseria che i parlamentari esteri hanno subito lo shock maggiore. Mentre la Auken e la Merkies ne ammiravano la bellezza i cittadini hanno spiegato che, grazie al decreto 90, qualsiasi Commissario all’Emergenza Rifiuti può decidere, da un momento ad un altro, di mutare quella valle in discarica.

I tre europarlamentari stranieri rimangono sconcertati. “Non è possibile che lo stato Italiano si riservi questo diritto, non si può andare in deroga a tutte le normative per giunta distruggendo tali beni naturali.”

Eppure, hanno risposto i cittadini, è cosi. Cosi sono state fatte le discariche di Chiaiano, Terzigno, Ferrandelle, San Tammaro, Macchia Soprana, Sant’Arcangelo e Pustarza. Cosi rischiano di finire anche Paduli, Cava Vitiello, Cava Mastroianni e Valle della Masseria.

Agli italiani della delegazione questi discorsi non piacciono. Sulla loro agenda c’è lo sblocco di ulteriori fondi europei per la Campania, 456 milioni di euro. “Senza di quelli” dichiara Cozzolino, “non possiamo fare ne bonifiche, ne impianti di compostaggio ne tanto meno la raccolta differenziata. E senza altre discariche sarà di nuovo emergenza fra solo un anno.” 

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