• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Europa > Regno Unito, tutte le conversioni di Starmer

Regno Unito, tutte le conversioni di Starmer

L'assai probabile prossimo inquilino di Downing Street ha ormai completato il percorso che lo ha trasbordato dalla sostanziale continuità col corbynismo a una sorta di blairismo di ritorno.

In Regno Unito, il Labour come noto si prepara a stravincere le prossime elezioni politiche, che dovrebbero tenersi nella seconda metà dell’anno. L’occasione è propizia per osservare la trasformazione delle promesse elettorali del partito guidato da Sir Keir Starmer, anche se il manifesto elettorale non è ancora stato ufficializzato.

NIENTE PROSPERITÀ VERDE A DEBITO

L’ultima “messa a punto”, oltre che nel cassetto, è la promessa di spendere, ogni anno e sino al 2030, 28 miliardi di sterline per investimenti ambientali, il cosiddetto “piano di prosperità verde”. Questa proposta fu formulata per la prima volta nel 2021 da Rachel Reeves, attuale Cancelliera ombra, in un periodo di tassi nulli o negativi, quando sembrava che il sogno di stampare moneta si fosse ormai realizzato, rendendo più serene le notti dei politici.

Poi arrivarono lo shock inflazionistico, la violenta stretta monetaria e, proprio in Regno Unito, la manovra di taglio di tasse in deficit della premier Liz Truss, che per poco non mandò il paese in malora, dopo che i fondi pensione furono costretti a vendite di Gilt sulla punta delle baionette del mercato, nell’ambito della tecnica di investimento nota come Liability Driven Investing, o LDI.

Da quell’episodio, Starmer e Reeves iniziarono una progressiva revisione del piano verde. Dapprima specificarono che l’indebitamento necessario a conseguire il livello annuo di investimenti doveva comunque inquadrarsi nella regola fiscale del partito, che prevede la riduzione del rapporto di indebitamento entro la fine della prossima legislatura. Poi, la precisazione che la partenza del programma non sarebbe più stata dal primo anno della legislatura bensì “entro la fine” della medesima.

Per farla breve, si è trattato di una classica retromarcia da promesse politiche ma è comunque rilevante, se vogliamo fare un confronto con l’Italia (a cui, come saprete se mi seguite da abbastanza tempo, il Regno Unito sta vieppiù assomigliando, in termini di comunicazione politica e discorso pubblico), il fatto che la promessa sia stata smontata ben prima di finire scritta sul manifesto elettorale. Ho peraltro scoperto che in Regno Unito i manifesti elettorali hanno ancora una qualche funzione, a differenza dei “programmi” italiani, fatti della stessa sostanza dei sogni.

Nel senso che, in Regno Unito, capita che in corso di legislatura i giornalisti chiedano ai politici come si pongono rispetto a punti del manifesto, soprattutto quando le azioni concrete indicano acrobatiche giravolte rispetto alle promesse; da noi invece la cosa non accade, e i programmi finiscono nel pattume un minuto dopo la chiusura delle urne.

Oggi Starmer ha dunque rottamato ufficialmente i 28 miliardi annui di “prosperità verde” a debitotrasformandoli in 23 miliardi in un quinquennio, con l’elegante (si fa per dire) motivazione che i Tories hanno talmente danneggiato il bilancio pubblico che sarebbe impossibile inquadrare tale spesa nella regola aurea fiscale di riduzione dell’indebitamento entro la fine della legislatura.

TUTTE LE INVERSIONI DI ROTTA DI SIR KEIR

Oltre a ciò, viste le prospettive, ritengo utile analizzare la posizione del Labour sui temi fiscali, in attesa della scrittura del manifesto, anche per fare un confronto con le posizioni del nostro partito democratico. Durante la leadership di Jeremy Corbyn, dalla vociante sinistra Pd e relative mosche cocchiere si levavano gridolini di eccitazione per il Labour. Poi è finita come è finita, è arrivato Starmer, che non solo oggi appare assai poco radicale ma pure incline a indirizzare la traiettoria del Labour verso lidi apparentemente blairiani, e dalle parti del Nazareno è calato il silenzio.

Di Sir Keir Starmer, alcuni commentatori sostengono che non si faccia troppo zavorrare dalle sue precedenti posizioni, neppure da quelle più recenti. Ad esempio, nel 2020 ha vinto il contest per la guida del partito presentandosi come corbynista competente ma, dopo soli quattro anni, c’è chi lo vede ormai come un conservatore competente.

Il sito Politico.eu ha raccolto una gustosa collezione di conversioni a U compiute negli ultimi anni dall’attuale leader del Labour. Come detto, Starmer si è fatto eleggere leader dichiarando la continuità con Corbyn, dopo la disfatta elettorale del 2019. Salvo non solo vietare a quest’ultimo di ricandidarsi alle prossime elezioni, per la nota questione dell’antisemitismo nel partito, ma anche negare in un’intervista di essere mai stato amico del suo predecessore di color rosso antico.

Durante la gara per la leadership, Starmer pareva avallare la nazionalizzazione per ferrovie, poste, acqua, energia. Salvo far retromarcia per il noto vincolo fiscale (cioè mancano i soldi), e con la sola possibile eccezione del settore ferroviario, dove peraltro si trova in compagnia degli stessi Conservatori. E ancora: prima vagheggia la patrimoniale, poi afferma solennemente che non è nei piani né nelle intenzioni. Oppure promette la fine degli accreditamenti esterni per puntellare il sofferente servizio sanitario nazionale (ricorda qualcosa?), e poi dice che quella prassi servirà ancora, per ridurre le liste di attesa.

Sulla Brexit, prima delle elezioni del 2019, Starmer voleva un secondo referendum; durante la gara per la leadership del Labour quella richiesta sparì, sostituita dalla promessa di battersi per la libera circolazione dei cittadini Ue. Alla fine, in rigoroso ordine cronologico e non a caso a mezzo di un’intervista al Mail on Sunday, nel 2022 ha affermato che non si sarebbe fatto trascinare a oltrepassare “la linea rossa” del ripristino della libera circolazione per i comunitari.

Durante la campagna per la leadership di partito, nel 2020, il corbynista competente Starmer aveva messo ai primi punti della sua piattaforma un aumento dell’imposta personale per il 5 per cento di contribuenti a maggior reddito. Tre anni dopo, la scorsa estate, l’ormai blairiano rinato Starmer dichiara (al Telegraph, manco a dirlo) di non guardare alla leva della tassazione e che il suo obiettivo è “ridurre le tasse”.

Attendiamo la sua giravolta sull’eliminazione della Camera dei Lord, che ha sostenuto nel 2022. E, ancora più indietro, ricordiamo che nel 2015 (un’era geologica addietro) Starmer aveva affermato che la guerra in Iraq non era lecita dal punto di vista del diritto internazionale perché non espressamente autorizzata da una risoluzione dell’Onu.

ASPETTANDO IL MANIFESTO

Insomma, lo avrete capito. È vero che i manifesti elettorali in Regno Unito hanno ancora una residua rilevanza nel discorso pubblico in corso di legislatura, ma pare che Starmer somigli molto (come del resto i suoi avversari Tory) al classico italiano talmente geniale da cambiare continuamente idea. Anche se, nel suo caso, i cambi di idea si muovono in una precisa direzione, quella di non fare cose troppo di sinistra, tra spesa e tassazione.

Che manifesto elettorale laburista avremo, quindi? Lo scopriremo. Per ora, oltre alle conversioni a U di Starmer abbiamo i proclami di complemento di Rachel Reeves, che si è dichiarata una groupie della City di Londra, e un embrione di giravolta anche sulla tassazione del famigerato carried interest, cioè la commissione di performance che i gestori di fondi incassano e che non è tassata ad aliquota marginale personale (del 45 per cento) bensì con cedolare secca del 28 per cento.

Starmer potrebbe rottamare il manifesto, nel senso di presentarne uno a grandi pennellate ma scarso di dettagli. Un manifesto “valoriale”, diciamo così. Ci sono cinque grandi missioni che il leader del Labour ha dichiarato di perseguire: la crescita di un’economia “rinverdita”, la rimozione delle barriere all’opportunità (i famosi blocchi di partenza da rendere uguali per tutti), la messa in sicurezza del Servizio sanitario nazionale e quella delle strade, contro il crimine.

Wait and see. Ma ormai le giravolte sono state definitivamente sdoganate anche in Regno Unito. Fratelli d’Albione.

Photo by Keir Starmer on flickr – CC BY-NC-ND 2.0 DEED

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità