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Rapporto tra mondo del lavoro e pensioni

Nell’articolo  precedente mi ero posto alcune domande riguardo il rapporto tra età pensionabile, lavoro giovanile e necessità dell’industria. Il mondo del lavoro, di per sé, è un mondo che ha bisogno di ricambio continuo (turnover) della sua componente umana; ricambio che serve, sia a preparare i giovani attraverso l’esperienza degli anziani (in termini di anzianità lavorativa) sia a dare modo all’industria di rinnovare, attraverso le nuove generazioni, le conoscenze necessarie al suo sviluppo (le nuove generazioni sono portatrici "spontanee" di quelle tecnologie necessarie oggi in ogni campo produttivo). Con lo spostamento dell’età pensionabile, questo ricambio verrebbe a mancare o, comunque, si diluirebbe nel tempo. 

Rapporto tra mondo del lavoro e pensioni

Detto questo, che è cosa importantissima ma non determinante in termini di posti di lavoro, la prima domanda è: se l’uscita dal lavoro passa a 65 anni, come si può pensare di dar lavoro ai giovani? L’entrata dei giovani nel mondo del lavoro è regolata dalla necessità di nuovo personale da parte dell’industria, necessità che si forma, oltre che per ragioni intrinseche all’industria stessa (aumento del mercato), anche con l’uscita degli occupati attraverso il pensionamento. Perciò, più si dilata, nel tempo, il pensionamento, meno spazio rimane all’industria per nuove assunzioni – a ciò va aggiunto anche il continuo sviluppo tecnologico che ha come effetto, sia a breve che a medio termine, la riduzione della presenza umana nella produzione. Questo comporterà una dilatazione, nel tempo, dell’entrata dei giovani nel mondo del lavoro; se prima, mediamente, si entrava a sedici anni, col nuovo sistema non si entrerà prima dei venti e oltre.

Al riguardo, si è pensato di incentivare i giovani a entrare nel mondo del lavoro come liberi professionisti o come piccoli imprenditori in aziende, perlopiù, situate nel terziario. Questo, perché l’industria, con il continuo miglioramento tecnologico, ha sempre meno bisogno di fornitori esterni e, comunque, non assicura continuità a questo tipo di aziende. Comunque molti lo hanno fatto. 

Ma non basta. Per creare attività redditizie e, comunque, durevoli, bisogna che il mercato sia disponibile. Ma, come può essere disponibile un mercato che ha come presupposto il terziario? Traendo esso la sua ragione di esistere dalla ricchezza prodotta dalla produzione, se questa si trova in difficoltà, il primo settore a pagarne le conseguenze è proprio il terziario. 

Va anche detto che l’industria, per ragioni intrinseche, preferisce assumere giovani non più a tempo indeterminato ma con contratto a termine; questo per non dover affrontare il problema della riduzione di personale legata sia alla fluttuazione del mercato sia all’ammodernamento continuo degli impianti; ma anche per poter spostare, senza troppi problemi, la produzione in ambienti meno onerosi sul piano dei costi.

Per concludere, se il rapporto tra pensioni e dipendenti non può superare il punto critico, è altrettanto vero che, spostando l’età pensionabile, non si risolverà il problema perché, diminuirebbe comunque il gettito fiscale a fini pensionistici a causa della riduzione dell’occupazione.

 

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