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Rallenta la deforestazione in Africa centrale

Una recente indagine effettuata attraverso rilevazioni satellitari e pubblicata sulla più antica rivista britannica di Scienze biologiche, Philosophical Transactions of the Royal Society B, traccia uno scenario preoccupante sul problema della perdita della copertura arborea nel centro-sud dell’Africa.

Lo studio, dal titolo “State and evolution of the African rainforests between 1990 and 2010”, tratta con dovizia di particolari il problema della deforestazione nella parte centro-meridionale del continente africano e spiega come questo fenomeno costituisca una seria minaccia per la salvaguardia dell’ecosistema e per la sopravvivenza delle popolazioni che vivono in questa vasta area.

Una minaccia che, secondo gli studiosi, potrebbe rientrare con l’adozione di opportuni provvedimenti. Primo tra tutti la creazione di un efficace sistema di monitoraggio, che dovrebbe essere supportato dal passaggio all’utilizzo dei combustibili sostenibili e dalla cessazione della diffusa pratica di bruciare le foreste per trovare spazi da riservare ad agricoltura e allevamento.

Secondo quanto emerso dallo studio, ad essere più colpite sono la Repubblica democratica del Congo, lo Zimbabwe, l’Angola, la Zambia e il Mozambico. Tutti questi Stati sono soggetti a pressioni di varia natura, in primis legate al business estrattivo e allo sfruttamento delle risorse naturali. Ma anche al proliferare di nuove strade che aprono vaste aree nelle foreste vergini e vengono costruite per favorire i trasporti, come pure il traffico di minatori.

Di conseguenza, anche le popolazioni in forte espansione nell’area verde che si estende in tutti questi paesi favoriscono la deforestazione, portando a un aumento della domanda di legna da ardere e all’allargamento delle radure per ricavare terreni da destinare alle colture agricole.

Tuttavia, si è registrata un forte differenza tra nord e sud: se è vero, infatti, che boschi e foreste dell’Africa meridionale stanno di giorno in giorno perdendo un numero cospicuo di alberi e il fenomeno del disboscamento sta raggiungendo livelli di estensione sempre più preoccupanti, dall’altra parte, molte aree situate a nord dell’Equatore sono in pieno rimboschimento.

Per esempio, alla base dell’aumento della vegetazione nel nord del Congo ci sarebbe la migrazione verso la città, fenomeno che causerebbe un minor numero di incendi, un incremento della caccia ai grandi mammiferi e una riduzione dell’abbattimento di tronchi.

In particolare, se nella parte settentrionale dell’Equatore, tra il 1990 e il 2000, è stata rilevata una diminuzione della copertura arborea pari ad un tasso del 0,19%, nel decennio seguente è scesa allo 0,10%. In tal senso, anche il Madagascar nel medesimo periodo preso in esame ottiene un dato molto positivo: passando dall’1,63% allo 0,97%.

Mentre in Africa occidentale, nonostante si sia registrato un forte incremento demografico, si è passati dallo 0,91% della prima decade allo 0,30% del primo decennio del secolo in corso.

Le cause sono molte, ma i ricercatori indicano, in primo luogo, quelle di natura economica. Nella spettacolare selva del Congo il predominio delle aree occupate dalle miniere rispetto ai terreni destinati ad uso agricolo avrebbe in qualche modo salvaguardato l’immenso patrimonio forestale di quest’area che si estende per due milioni di chilometri quadrati, seconda solo alla foresta pluviale amazzonica.

Il bacino del Congo è anche la regione più ricca di flora e fauna di tutta l’Africa. Le foreste della sola Repubblica democratica del Congo ospitano oltre mille specie di uccelli e 400 specie di mammiferi, molti dei quali non si trovano in nessun altro luogo del pianeta.

La sua salvaguardia è essenziale anche per la sopravvivenza dei nostri più vicini parenti del regno animale. Delle quattro specie di scimmie che vivono all’interno della foresta pluviale, ben tre sono a rischi di estinzione: il gorilla, lo scimpanzé e il bonobo.

Trovano il loro habitat naturale nelle giungle pluviali congolesi anche l’elefante di foresta, che gioca un ruolo molto importante in questo ecosistema, diffondendo i semi di molte piante; l’okapi, la specie animale vivente più prossima alla giraffa; il pavone del Congo, la cui scoperta avvenuta, nel 1913, ad opera del grande ornitologo americano James P. Chapin, smentì la teoria che negava l’esistenza di questo tipo di uccelli in Africa.

 

Foto: Jbdodane/Flickr

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