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Quel maggio del ’72: tra il ritrovamento di 16 bombe a mano all’obelisco di Trieste e la strage di Peteano

A fine maggio 1972 si sono verificati dei fatti che meritano di essere letti nell'insieme di quel contesto storico e politico che ha caratterizzato tremendamente la storia del nostro Paese. Nella mattinata del 29 maggio del '72 all'obelisco di Trieste, nei pressi di Opicina, venivano ritrovate 16 bombe a mano del 1964. Ben tenute e con l'etichetta che ne riportava la data. Lo scopo, evidentemente, era quello di renderne possibile l'identificazione. Avvolte in due giornali datati rispettivamente 8 dicembre e 12 dicembre 1971. Date casuali? Difficile a dirsi in un contesto dove ci si parlava anche così, con questi messaggi.

L'8 dicembre era il giorno in cui in Italia doveva realizzarsi il colpo di Stato di Borghese, il 12 dicembre, era il giorno della strage di piazza Fontana, quello che diede inizio alla maledetta strategia della tensione. Certo, non si era nel 1971 per quanto concerne i due episodi ora citati, ma nel 1969 nel caso di Milano, nel 1970, nel caso della notte dell'Immacolata, ma perché la scelta di quelle date? Da ricordare che nel mese di aprile del 1971 i neofascisti Freda e Ventura venivano arrestati per attività eversiva e per attentati nei mesi precedenti a piazza Fontana.

 

 

 

L'interrogativo rimane. Come evidenziava il Piccolo nell'articolo dell'epoca il rinvenimento avveniva grazie ad una telefonata anonima che annunciava la presenza di quelle bombe a mano indicandone la zona esatta. La telefonata veniva effettuata all'indirizzo del commissariato di Polizia di Opicina. Quelle bombe da dove provenivano? Da qualche NASCO di Gladio? Chiederselo è doveroso. Anonima sarà anche la telefonata "trappola" che due giorni dopo, dal bar Nazionale di Monfalcone, partirà ai Carabinieri di Gorizia, per annunciare la presenza della 500 abbandonata sulla strada per Sagrado con due buchi di proiettili. Strage che ancora oggi ha degli interrogativi irrisolti, nonostante l'assunzione di responsabilità di Vinciguerra. 

Nel processo per la strage di Peteano i giudici della Corte d’assise d’appello di Venezia (sentenza 5.4.1989) indicarono il percorso del dichiarante, condannato per il dirottamento di Ronchi dei legionari, rimasto latitante fino al 1979 e che solo nel maggio 1984 iniziò a rendere dichiarazioni auto ed etero accusatorie in relazione a numerosi episodi riconducibili alla destra eversiva.(CORTE d’ ASSISE di MILANO udienza del 30 giugno 2001 CAUSA a carico di MAGGI Carlo Maria + 4)

Nel mezzo di questi due episodi si poneva un fatto di cronaca giudiziaria che interessava degli esponenti di ordine nuovo. Che è bene richiamare. Nella mattinata del 31 maggio del 72 giungeva notizia del rinvio a giudizio di Freda, Portolan e Neami in quello che passò nella cronaca locale come il caso Forziati. Tale Forziati denunciò i tre camerati per tentata estorsione, e la denuncia venne fatta il 5 luglio del 1971 al capitano dei Carabinieri Lembo. Forziati raccontò che nei locali del partito venne avvicinato da Portolan e Neami, noti esponenti neofascisti, i quali gli mostrarono una lettera di Freda in cui gli si chiedeva mezzo milione e se non l'avesse fatto, Freda l'avrebbe tirato in mezzo nel processo in cui era coinvolto. Questo il sunto della storia.

I soldi pare che servissero per sostenere la casa editrice di Freda in difficoltà dopo il suo arresto. Forziati si diede alla fuga, fu irreperibile, per poi rientrare con sorpresa di tanti all'atto dell'imminenza del processo. Da notare che nonostante la sua iniziale irreperibilità il giudice Serbo di Trieste dispose la richiesta di rinvio a giudizio verso questi soggetti.Cosa tutt'altro che scontata. Così come interessante è osservare come il nome di Portolan venne affiancato a quello dei servizi, anche se lo stesso ha smentito il tutto nell'udienza del 2010 a carico di Maggi nel Tribunale di Brescia-Corte d'Assise, come una "balla colossale". Così come ambigua è la questione sulla sua appartenenza alla struttura Gladio, fu segnalato tale “Mario” Portolan che, secondo alcune ricostruzioni del giudice Felice Casson di Venezia, andrebbe invece identificato come "Manlio". Ma non ci fu alcuna certezza sul punto. Tanto che è emersa l'impossibilità di provare qualsiasi connessione tra Portolan ed il SISMI, come si poteva ad esempio leggere nel carteggio del processo Italico Bis stante il "saccheggio" degli archivi. Il S.I.S.M.I. si è, comunque, cautelato, dichiarando "negativi" i contatti con entrambi i personaggi...

Come ha ricordato lo stesso Portolan, ritornando al caso Forziati, in merito alle accuse sollevate da quest'ultimo, sulla presunta vicenda dell'estorsione partita dalla lettera di Freda, vennero assolti con formula piena in Corte d'Assise in prima istanza, prosciolti con formula dubitativa in Appello. Non fu quella di Forziati l'unica fuga. Ne venne ricordata una precedente, in relazione all'attentato della scuola slovena di Trieste. "Nella scuola San Giovanni ad ottobre del 1969 era stato collocato un ordigno esplosivo, da ciò egli, Forziati, aveva dedotto di essere sospettato di complicità in tale fatto. Anzi, per tali ragioni, dico meglio, e per la paura in relazione a tali fatti, egli già si era assentato da Trieste nel settembre del 1970, dal settembre del 1970 al natale del 1970, recandosi in Grecia". Queste sempre le parole di Portolan su quel fatto della scuola slovena che anticipò de facto l'inizio della strategia della tensione.

mb

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