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 Home page > Attualità > Cronaca > Quanti clandestini siamo!

Quanti clandestini siamo!

E....oplà! Eccomi in Italia. Dopo quindici giorni fuori per volontariato internazionalista umanitario, rieccomi a roma con questa bella manifestazione contro il razzismo! Quando sarà stato? Un anno fa, circa, quando ci fu l’altra manifestazione contro il razzismo! Mai visti tante facce e corpi "diversi" tutti insieme. Bruuuuuu! Che paura!
 
Beh sarà come sarà mi preparo col mio casco rosso e la mia scartabellata video camera e sono là per là per partire. Ma il cielo non promette che solo un’apertura di cateratte. Aspetto un po’ per vedere come si mette. Ma la frenesia mi prende e nonostante la dissuasione di mia moglie che non promette nulla di buono, mi imbacucco di tutto punto e parto! Arrivo che il corteo si è già avviato, e quindi cerco affannosamente di raggiungere la testa. Già il colpo d’occhio mi conforta. La presenza è oceanica! Beh, non facciamoci prendere dall’entusiasmo, ma sicuramente, sono più di centomila e tutti colorati! Le bandiere, prevalgono quelle rosse, naturalmente, della CGIL, e poi quelle delle organizzazioni di sinistra extraparlamentare (si può riprendere questo appellativo, rimasto nell’archivio della memoria, purtroppo!). Due bimbi attirano la mia attenzione. Sono davanti a me, che cerco sempre di raggiungere la testa del corteo. Portano uno striscione, mi affanno ad alzare il passo per sopra avanzare, mi allontano un po’ e poi li inquadro nel mirino della mia macchina. Loro fieri, alzano e distendono di più il loro striscione. Sono isolati e più lontano vi è la mamma che li sorveglia come mamma orsa. Sono bianchi ed italiani, presumo. E vogliono testimoniare che a quella età loro amano i "colori", come porta scritto un altro cartello portato da un altro bimbo. Il loro striscione è della scuola Di Donato dell’Esquilino. Quartiere e scuola simbolo della presenza di "clandestini". Lancio uno sguardo a mamma orsa, sorrido, lei mi sorride orgogliosa. Ci siam capiti!
 
Non è un corteo "normale" questo! Non si sentono i canti e le musiche "normali" per un corteo di sinistra. Né "Bandiere Rosse", né "Bella Ciao", qualche sommesso accenno all’Internazionale. Ma è la musica Raggae, musiche, balli e canti tribali che la fan da padrone. Gli strumenti sono i tamburi, i bongos, i boobams, i balli sono per lo più fatti di movenze ritmiche con un alternarsi di piedi accompagnato dal movimento del corpo curvo alzando le braccia alternativamente con i piedi. I volti scuri, grigi, avorio sono di giovani fieri, di donne di una bellezza, si dice, esotica. Hanno gli occhi sorridenti. Sono felici di essere li tutti insieme di esprimere il loro "pride" il loro orgoglio di essere neri, africani, gialli o grigi, di poter gridare di essere clandestini, criminali del reato di clandestinità. Sono usciti dai loro tuguri, dalla loro clandestinità, per un giorno respirano a pieni polmoni un momento di libertà. Possono tranquillamente avvicinarsi ai carabinieri ai lati della strada, chiedere non so cosa, parlare loro. Oggi lo possono fare, protetti dalla loro "moltitudine". Domani, poi, ritorneranno nelle loro oscurità, svieranno lo sguardo dei "civili", e scapperanno all’apparire di una divisa. Oggi no! Oggi ballano e cantano e gridano la loro "africanità". Trovo, con un cartello in una mano e con l"altra una sigaretta, dubito di tabacco, il mio amico senegalese Moussa. "Ehilà!" gli grido, "ma cosa ci fai anche tu qua". Lui mi guarda, torvo, come a cercar di capire come mai il mio stupore per la sua presenza in quel corteo, poi si rassicura quando sorrido e chiedo il suo cinque! "Vecchio trombone!" gli grido, io a lui che ha meno di trent’anni! E’ oltre un mese che non ci si vede, ed allora ci diamo appuntamento per l’indomani, "e mi raccomando", gli dico, "procura da bere e da fumare!" Così si parla meglio e la lingua scivola più spedita. "Al Bar di via Ostiense, vicino all’ex mattatoio. Ciao amico mio!".
 
Ma guarda quello sul pulmino! Ma cosa starà facendo? E’ solo uno di nazionalità e dalle fattezze di un cinese che gli si è impigliato la sua bandiera della Cina sul filo della luce e tenta disperatamente su riaverla, la sua bandiera. I suoi amici, tutti della sua stessa nazionalità, lo incitano, grida, gridolini, risate, e urla di far attenzione (lo intuisco, ma non capisco le loro parole). Alla fine ci riesce. Tutti applaudono, anche quelli che non sono cinesi. Il corteo riprende.
 
E così si arriva a Piazza della Bocca della Verità. Naturalmente, ancora una volta, l’impavia e la miscredenza degli organizzatori ha previsto una piazza troppo piccola per quella fiumaia di gente. O forse è stata imposta dal questore. Insomma la piazza è strapiena e la fiumaia di gente si attarda lungo la strada che giunge fino al Campidoglio. Per quel "popolo" gli interventi sul palco non interessa, si formano capanelli intorno ai pulmini e si canta e si balla al ritmo bombardato dei woofer e sub-woofer che spara l’aria fin dentro lo stomaco. Le bandiere sono riposte a mo di coperta. Il freddo si fà sentire. 
 
Una giornata da non dimenticare! Mi sento anch’io un clandestino!
 
Zag(c)
 
P.S.
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