Professori reali in mondi digitali: una riflessione
Realtà virtuale e mondi 3D come nuove risorse per l'insegnamento/apprendimento di una lingua straniera.
L’apprendimento della Lingua Straniera è approdato anche in Second Life. Storie avvincenti in mondi straordinari per imparare una L2, l’inglese, che da materia scolastica con i suoi libri e le sue audiocassette si è trasformata in oggetto/soggetto di edutainement.
L’efficacia pedagogica del “gioco” che ti permette di imparare è stata dimostrata e sembra essere ampiamente condivisa non solo dal mondo accademico ma anche da tutti gli insegnati che, proiettandosi nell’Europa auspicata per l'ormai passato 2010, hanno adottato (e molti altri ancora stanno iniziando a farlo) le “tecnologie didattiche” come validi “colleghi di lavoro” che supportano in maniera innovativa e più efficace l’insegnamento/apprendimento. A supporto di questo orientamento, finanziamenti alle scuole, progetti e corsi di formazione per docenti. Collaborando con le scuole in alcuni di questi progetti sulle “tecnologie didattiche” mi sono resa conto, però, che anche per quanto riguarda il binomio realtà virtuale-insegnamento vale il detto “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Dall’entusiasmo e l’interesse iniziali per questi mondi così accattivanti in grado di affascinare anche gli adulti, si passa al dubbio che questi supporti possano trovare effettiva applicazione nella didattica:
“In classe il tempo è già poco, l’inglese non è semplice da insegnare (…) se ci mettiamo anche ad usare questi “giochi” perdiamo il controllo della classe” (Insegnante scuola primaria, classe IV);
“se anche noi gli permettiamo di usare i giochi o programmi che sembrano giochi sottovalutano lo studio… e l’inglese non è cosa da poco!” (Professore scuola secondaria di I grado, classe III);
“altri programmi sì, ma la realtà virtuale no, perché altrimenti si perdono i punti di riferimento reali” (Professore scuola secondaria di II grado, classe I).
Queste tre brevi affermazioni (rappresentative di un atteggiamento diffuso), emerse durante un brainstorming sull’uso della tecnologia ed in particolare della realtà virtuale in contesti scolastici, indicano il reale timore dei docenti che la materia insegnata venga sottovalutata e paragonata ad un gioco (il che porterebbe gli alunni ad uno studio superficiale) e che il loro ruolo di insegnante perda la sua importanza. Ma accanto (e dietro) ogni tecnologia didattica c’è sempre un insegnante e/o esperto della formazione.
Nell’attuale società della conoscenza in cui i mondi virtuali (e la tecnologia in generale) sono un ulteriore strumento di comunicazione e di costruzione di conoscenza, l’importanza della figura dell’insegnante non perde la sua intensità bensì si trasforma in una figura più vicina agli alunni non più contenitori da riempire ma individui che costruiscono il loro sapere attraverso l’integrazione di “vecchi” e nuovi ausili didattici.
L’UNESCO World Education Report osserva che le nuove tecnologie sfidano le concezioni tradizionali di insegnamento e apprendimento, ri-configurano il campo cognitivo e le modalità di accesso alla conoscenza. Le ICT forniscono una gamma di potenti strumenti che possono aiutare a trasformare il presente isolato, centrato sull’insegnante e sui testi obbligatori, in sistemi di insegnamento centrato sugli studenti e in ambienti interattivi di apprendimento e di costruzione della conoscenza.
(Banzato, M. & V. Midoro, p.45)
Dall’interpretazione tradizionale dei processi di apprendimento “teacher-centred” secondo cui l’apprendimento è:
-
un processo di trasferimento e ricezione di informazioni;
-
un processo individuale e solitario;
-
facilitato frammentando i contenuti educativi in piccole unità isolate;
-
un processo lineare;
-
è basato sul deficit dello studente
si è giunti ad un cambiamento di prospettiva: apprendimento “student-centred”. L’apprendimento è:
-
un processo naturale;
-
un processo sociale;
-
un processo attivo e non passivo;
-
un processo sia lineare sia non lineare;
-
è basato su un modello centrato sulle abilità, interessi e cultura dello studente;
-
integrato e contestualizzato;
-
valutato tramite il completamento di un compito o di un prodotto e il problem solving reale sia individuale che di gruppo
In quest’ottica l’insegnante “fonte di sapere” diventa facilitatore dell’apprendimento, tutor, mediatore sociale e co-learner: una nuova figura che guida gli alunni nella costruzione della mappa della propria conoscenza.
Tutti gli insegnanti sono chiamati a questo nuovo ruolo ma in particolare gli insegnanti di lingua: tecnologia e lingue straniere sono gli indispensabili segni particolari che devono possedere i nostri studenti per essere attori attivi nella società della conoscenza. Non semplici materie scolastiche ma saperi che si integrano e si completano vicendevolmente. Scardinare, dunque, timori e pregiudizi per diventare professori reali in mondi digitali.
Bibliografia:
Banzato, M. & V. Minoro (2006). Lezioni di tecnologie didattiche. Menabò edizioni: Chieti
Calvani, A. (2005). Che cos’è la tecnologia dell’educazione. Carrocci: Roma
Calvani, A. (2006). I nuovi media nella scuola. Carrocci: Roma
Ciliberti, A. (1997). Manuale di Glottodidattica. La Nuova Italia: Firenze
Serra Borneto, C. (1998). C’era una volta il metodo. Carrocci: Roma
Note:
1 Nel 2000 i capi di stato e di governo dell’Unione Europea hanno lanciato l’ambiziosa sfida di trasformare l’Europa nella più competitiva e dinamica società della conoscenza. Nel 2002 a Lisbona hanno concordato il programma “Education and Training 2010” il cui compito è far divenatare la qualità dei sistemi educativi e formativi europei il punto di riferimento mondiale.
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox