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Processo Dell’Utri. Il Pg: "Spatuzza è attendibile"


Secondo il pg non sono credibile le accuse secondo cui Gaspare Spatuzza avrebbe fatto il nome di Berlusconi per accreditarsi ai magistrati e ottenere il programma di protezione: il pentito ha deciso di rivelare il nome del premier alla procura di Firenze solo quando già altre due procure avevano dato parere favorevole alla sua ammissione al programma di protezione.

Pubblichiamo di seguito il passo attinente all’attendibilità di Spatuzza nella requisitoria del pg Antonino Gatto al processo d’appello a carico del senatore Marcello Dell’Utri.
Processo Dell'Utri. Il Pg: "Spatuzza è attendibile"

Le dichiarazioni di Spatuzza si inseriscono bene in un quadro processuale che era già delineato prima che egli facesse le sue dichiarazioni […] e si inseriscono così bene, a mio parere, perché riscontrano le precedenti acquisizioni processuali e da queste sono a loro volta riscontrate. Però, siccome Spatuzza è la prima volta che viene sentito da una Corte o da un organo giudicante e nessun organo giudicante si è mai pronunciato circa la sua attendibilità, mi pare che sia proprio necessario esaminare lo Spatuzza per vedere che pesce è. Detto in termini giuridici, se è attendibile oppure no. […] Passeremo poi al contenuto delle sue dichiarazioni. Circa questa valutazione dell’utilità del collaborante, mi permetto di ricordare che è giurisprudenza consolidata che la genesi della collaborazione, cioè il contesto in cui è maturata la scelta di collaborare e le ragioni che l’hanno determinata, viene a costituire un criterio importante, ineludibile di verifica purché questo criterio non sia enfatizzato dalla ricerca di un contenuto etico, di un riscontro etico perché poi sappiamo che la legge non richiede che alla base della decisione collaborativa ci debba essere una effettiva resipiscenza e un effettivo ripudio del proprio passato criminale. La legge non lo richiede perché io mi posso pentire anche per conseguire determinata benefici. L’importante è che io dica la verità e che le cose che dico possano essere riscontrate. Mi pare, però, che quando questo ripudio del passato criminale e questo sincero pentimento ci sia, la effettiva resipiscenza venga effettivamente accertata e allora questa circostanza oggettivamente non può non pesare sulla valutazione dell’attendibilità intrinseca del dichiarante perché si deve presumere, fino a prova contraria, che egli, se è accertato che effettivamente si è pentito, quando parla dice cose vere perché altrimenti non si sarebbe veramente pentito.

L’illuminazione divina

A questo proposito ricorderà la Corte che lo Spatuzza, nel corso del suo esame dibattimentale, ha fatto riferimento a un percorso non solo spirituale ma anche religioso di studi teologici compiuti, attraverso i quali studi sarebbe maturata questa sua decisione e il requirente che aveva questi strumenti a disposizione ha ritenuto di dover provare se le cose che diceva Spatuzza erano vere o non erano vere, se questo percorso spirituale e di studio teologico era effettivo o non era effettivo attraverso […] le esperienze compiute dalle personalità religiose che gli erano state vicino. La Corte ha ritenuto che la materia fosse ininfluente, però ritengo che ci si sia privati, attraverso l’esclusione delle testimonianze di queste personalità religiose, di uno strumento di indagine utile […]. Comunque, un riscontro alle dichiarazioni di Spatuzza lo ha fornito, sia pure in limiti molto modesti, Filippo Graviano […] quando non ha potuto fare a meno di riconoscere gli interessi religiosi dello Spatuzza. Questo per un versante che sarà di ordine spirituale, ma questi sono gli strumenti che ha il giudice per valutare la persona.

La verità su Via D’Amelio

Su un atro versante l’attendibilità di Spatuzza è verificata dalla circostanza che ben tre procure della Repubblica - la Procura di Firenze, la Procura di Palermo e quella di Caltanissetta – tutte e tre impegnate in indagini di eccezionale gravità e rilevanza, hanno tutte e tre chiesto per Spatuzza Gaspare, dopo averlo adeguatamente pesato […] lo hanno proposto per il programma di protezione. Soprattutto vi è una circostanza di natura obbiettiva che milita in maniera assolutamente decisiva in questa valutazione. Mi riferisco al fatto che proprio a causa delle sue dichiarazioni la Procura della Repubblica di Caltanissetta abbia riaperto le indagini sulla strage di Via D’Amelio, quella in cui furono trucidati Paolo Borsellino e le persone della scorta, essendosi lo Spatuzza accusato di questa strage e avendo egli offerto del grave episodio criminoso una chiave di lettura diversa e del tutto antitetica alla verità accertata e certificata da più sentenze passate in cosa giudicata.

Oltre a questi elementi di cui vi ho rassegnato l’esistenza, altra circostanza che ridonda positivamente sull’attendibilità di Spatuzza è il grado di certezza di cui egli è consapevole circa la forza delle asserzioni. Tanto è vero che egli, e lo dice espressamente, […] pur rappresentandosi le difficoltà cui sarebbe andato in contro non ha rinunciato a schierarsi contro le verità ufficiali per contrapporre ad esse la sua verità. Dice Spatuzza […]: <<Poi c’era il problema che riguardava tutta la questione di Via D’Amelio che io sicuramente sari entrato in conflitto con la magistratura. È come andare a dire a uno che se aveva fatto un palazzo di dieci piani, andargli a dire che il fondamento di quella costruzione era stato fatto con un cemento depotenziato. Quindi sapevo i problemi che dovevo affrontare. Poi c’era il problema della politica, quindi le mie preoccupazioni erano tante>>. […]

Non aveva secondi fini

[Le procure di Palermo e Caltanissetta hanno chiesto il programma di protezione per Spatuzza prima che facesse il nome di Berlusconi alla Procura di Firenze e non è quindi credibile che abbia fatto quel nome per perseguire un intento utilitaristico]. Leggiamo le parole di Spatuzza. <<Siamo nel gennaio del 2008, decido di fare il passo definitivo, di collaborare coi magistrati. I problemi sono tanti. […] Il 17 marzo avviene il colloquio investigativo con il Dott. Grasso, il 20 marzo sono trasferito in un altro istituto dove c’ho un altro colloquio. Comincio ad aprire sulla questione di Via D’Amelio. Sono attentissimo a seguire la cronaca di quel periodo perché in quel periodo c’era il governo Prodi che se non era cascato stava già per cadere: la persona che io dovevo tirare in ballo [Berlusconi, ndr] avrei trovato al 100% come primo ministro.>> È comprensibile che abbia tentennato. Gli chiede il pubblico ministero: <<Perché ha aspettato tanto prima di fare il nome di Berlusconi e Dell’Utri? Quali sono state le ragioni?>>

<<I miei timori erano e sono tanti. Bisogna vedere le date perché i momenti in cui iniziano i primi colloqui con i magistrati e con le procure interessate io mi trovo come primo ministro il signor Berlusconi, come ministro della giustizia un soggetto che curava i circoli di Forza Italia in Sicilia e io lo vedevo come un vice, se così possiamo dire, del primo ministro e un vice del signor Marcello Dell’Utri>>. […]

Lui voleva ottenere il programma di protezione prima da Palermo e Caltanissetta e non da Firenze per evitare il sospetto di intenti utilitaristici: <<L’interrogatorio era iniziato da pochi minuti. Entra [il mio avvocato] mi comunica [che] sia da Palermo, sia da Caltanissetta hanno dato parere favorevole all’ammissione al mio programma di protezione>>. A questo punto egli sciolse quelli che egli chiama omissis e che gli sono stati contestati.

(continua...)

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Autore

Federico Pignalberi

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