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Prato. Rsu Pratofarma: "Accordi non rispettati, la vertenza continua"

 

Il processo di privatizzazione prosegue in ogni settore, compresa la sanità. A istituti statali creati al fine di erogare servizi, si sostituiscono aziende spa il cui ultimo fine è l’accumulazione di profitto e non certo la soddisfazione dei bisogni di “utenti” oramai divenuti semplici “clienti”.

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: una volta che le società private acquisiscono il potere necessario, riorientano le attività e l’organizzazione dell’azienda, a scapito sia dei lavoratori che degli utenti.

Pratofarma, la società che gestisce le farmacie comunali di Prato, fu creata nel 2001 con la privatizzazione del 75% del capitale delle farmacie pratesi, relegando il comune di Prato a socio di minoranza. Fortunatamente, il caso pratese costituisce ancora un esempio singolare perché solitamente la fetta di partecipazione dei comuni in questo tipo di società resta più ampia.

Dopo l’uscita dalla partecipata del segmento pubblico Assofarm, le farmacie pratesi restano in mano al gruppo Admenta, che a sua volta fa capo alla tedesca Gehe-Celesio. Alla nascita di Pratofarma, l’accordo tra comuni, sindacati e rappresentanti dei lavoratori, prevedeva il mantenimento del contratto di lavoro delle farmacie pubbliche, il mantenimento degli organici e il loro impiego all’interno della provincia di Prato riservando al Comune il diritto di riottenere la proprietà delle farmacie qualora gli impegni non fossero stati rispettati.

Admenta non ha più rispettato l’accordo, decidendo unilateralmente di applicare il contratto delle farmacie private, che offre meno tutele per i lavoratori e ignora alcuni diritti irrinunciabili, come le maggiorazioni per il servizio notturno e festivo. Sono 43 le vertenze dei dipendenti delle farmacie comunali di Prato che attraverso Filcams-CGIL procedono legalmente contro Pratofarma per avere garanzie sul rispetto degli accordi firmati nel 2000 tra comune, azienda e sindacati. Privatizzazione, appalti e subappalti portano sempre allo stesso risultato: un peggioramento delle tutele e dei diritti dei lavoratori. Il modello lanciato nel 2011, della società a partecipazione mista pubblico-privata (nel quale l’ente pubblico avrebbe dovuto esercitare il controllo), si è sviluppato in direzione di una totale prevaricazione del settore privato.

Tutto questo accade in un contesto in cui la stagione delle privatizzazioni inaugurata negli anni Novanta viene nuovamente proposta come palliativo di molti dei mali della nostra economia da Renzi, fedele garante degli interessi dei grandi capitali e certo non dei diritti dei lavoratori.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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