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Ponte: la provocazione del prof. Bruno Sergi: “Costruiamolo senza vie d’accesso”

E’ tornato pochi giorni fa dal suo ultimo viaggio nei Paesi dell’Europa dell’est, dove ha svolto degli importanti master di economia insegnando a ragazzi “splendidi, che hanno tanta voglia di crescere e di far crescere i loro Paesi”.

Siamo andati a trovarlo per sentire il suo parere sul Ponte dello Stretto: è un parere in forte ontrotendenza, soprattutto se consideriamo che sono pochi i docenti di economia dell’Università di Messina che si sono voluti esporre favorevolmente rispetto alla realizzazione della grande opera.

Già di per sé, il fatto che ci sia un professore di economia internazionale dell’ateneo messinese che è favorevole al Ponte, potrebbe far notizia.

Ma a maggior ragione, leggendo tutto quello che Bruno Sergi, titolare della cattedra di Economia Internazionale della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Messina e Research Fellow della “The Business School” dell’Università di Greenwich, ci ha voluto dire, potremo scoprire anche il perché di questo tipo di idea, in netto contrasto con il mondo accademico e intellettuale dell’ateneo Messinese.
E l’abbiamo fatto nei più specifici dettagli con un’intervista-fiume che vi proponiamo per intero.

Caro professore, da qualche settimana è tornato alla ribalta il Ponte. Tutti ne parlano, dai bar ai palazzi del potere. Secondo alcuni, la realizzazione di questa grande opera non è conveniente perché non riuscirebbe mai poi a recuperare le spese iniziali.

“Valutare il Ponte in termini contabili di entrate e uscite è profondamente sbagliato”

Eppure qualche modo per ripagarsi l’investimento deve anche esserci …

“Il Ponte non può essere circoscritto alla contabilità spicciola delle entrate e delle spese/investimento. La portata economica di questa grande opera deve portarci a considerarlo come strumento di crescita di tutta l’area dello Stretto e del mezzogiorno, come vero e proprio volano con un ritorno economico, sociale, culturale e turistico che è a dir poco enorme e incalcolabile. L’indotto che il nostro territorio potrebbe avere non si ferma certo al Ponte in sé. Chi si ferma a utilizzare il pallottoliere per sommare le entrate derivanti dal casello è fermo alla preistoria economica, all’economia delle caverne! Il ponte non deve necessariamente autofinanziarsi”.

Strano, però, che siano in molti a pensarla in quel modo … anche esperti titolati del settore!

“Di parte, purtroppo. Quasi tutti di parte, parte politica intendo. E quindi in malafede. Mi creda. E’ fonte di imbarazzo intellettuale … “

Ok, professore, allora ci spieghi meglio perché, come e quanto a Reggio e Messina converrebbe avere il Ponte a disposizione.

“Innanzitutto è sbagliato il concetto iniziale. Prima di parlare dei benefici che il Ponte avrebbe su Reggio e Messina, dovremmo allargare gli orizzonti scrollandoci di dosso il provincialismo che sempre ci contraddistingue. Il ponte non deve legare soltanto i quartieri di Reggio con quelli di Messina. Anche in questo caso, chi calcola i tempi di percorrenza che esistono oggi tra le due sponde dello Stretto, facendo riferimento a fantomatici collegamenti navali che fanno … acqua da tutte le parti, e li confronta con quelli che ci sarebbero domani con il Ponte, si esprime in malafede”.

Ma perché, professore, cosa cambierebbe ? Pur volendo mettere da parte quelli che lei chiama “provincialismi”, la gente vuole sapere se il Ponte è qualcosa di buono anche per i cittadini di Reggio e Messina. Perché che completi il corridoio Berlino-Palermo può far piacere ma, almeno detta così, non è che porti benefici concreti al territorio.

http://www.guidasicilia.it/foto/news/attualita/stretto_ponte_messina_N.jpg“Invece ne porta eccome, il problema è che nessuno ne parla. Nessuno, ad esempio, dice che il progetto del Ponte prevede una metropolitana (di superficie! Non come quell’obrobrio di metropolitana del mare studiata a tavolino dall’ex ministro Alessandro Bianchi e che s’è rivelata un grande bluff!) che con le ferrovie colleghi Messina Sud (Gazzi) a Reggio Sud (Aeroporto) in 30 minuti con otto fermate, quattro sulla sponda Sicula e quattro sulla sponda Calabra. Sarebbe un vero e proprio tram che abbraccia entrambe le città facendole diventare due veri e propri quartieri di un unico centro metropolitano”.

Certo, professore: messe così le cose cambiano. In mezz’ora non ci si sposta neanche da un lato all’altro di Roma, Milano, Napoli, Palermo e Torino … sarebbe un gran risultato per i pendolari dello Stretto.

“E non solo per loro. Di conseguenza Reggio e Messina sarebbero più vicine, e aumenterebbero anche gli scambi commerciali e culturali tra le due sponde. Senza il mezzo, è difficile che tutto questo si realizzi. Per questo motivo l’infrastruttura è importantissima. E’ un po’ come il discorso che faccio sempre in merito all’Aeroporto. ‘Non ci vola nessuno’, mi dicono. Ma se non ci sono gli aerei, è normale: come fanno? Mettete gli aerei, e vedrete che ci volerà tantissima gente”.

Qualcuno, però, dice che Messina e Reggio con la costruzione del Ponte diventerebbero due “aree cimiteriali”. Effettivamente sembra un po’ catastrofistica come previsione, ma l’idea che il Ponte tenda a tagliar fuori Reggio e Messina dai principali flussi commerciali un po’ preoccupa. No ?

“Non è ‘un po’ catastrofista’, ma di ‘assoluto catastrofismo’: ed è un timore che non ha ragione di esistere perché già nell’idea di costruire il Ponte non si deve fare riferimento a Reggio e Messina. A Reggio e Messina cosa importa dei ‘flussi commerciali’, quelli che oggi transitano da Villa e Messina centro? Sono ‘flussi’ di passaggio, con tanti ‘contro’ e nessun ‘pro’. Alimentano smog, traffico, problemi vari senza portare nulla di buono, se non distruggere le coste con numerosi porti, moli e attracchi laddove potrebbero esserci meravigliosi Lungomare come quello di Reggio. Il Ponte, di fatto e concettualmente, deve escludere le due città perché si inserisce nel contesto delle grandi opere viarie formulate dall’Unione Europea, e sembra un po’ paradossale che si continui a parlare dei due Sindaci, delle due Comunità ecc. ecc. ma non del fatto che il Ponte esprima con forza una rilevanza sovra-Regionale, con poco a che vedere con le comunità che verrebbero bay passate dall’opera. L’accusa è, come tutte le altre, ipocrita, pretestuosa e non supportata da alcuna evidenza. C’è addirittura chi parla di ‘referendum’ a Messina e Villa: ma è scandaloso! Referendum? Dovrebbero farlo in tutt’Europa e in tutto il Mediterraneo, il Ponte non è ‘roba’ di Reggio e Messina!!!”.

Ma professore, mi scusi, così è come se avessimo perso tempo a vanvera quando parlavamo dei benefici per Reggio e Messina. Le due città, cosa ci guadagnano ? Quindi davvero diventeranno aree cimiteriali?

“Ma assolutamente no. Il Ponte porterebbe tantissimi altri benefici – indiretti – al territorio dello Stretto. Ma sono, appunto, benefici indiretti. Il Ponte non viene fatto per Reggio e Messina. Chi avrebbe mai speso tutti quei soldi per due città di periferia come le nostre? Il Ponte è realizzato per l’Europa e per il Mediterraneo. Che poi anche Reggio e Messina, anzi forse in primis Reggio e Messina ne abbiamo ricadute positive è un altro discorso …”

E parliamone, professore: questo interessa alla gente.

“L’indotto turistico, in primis. E poi anche quello lavorativo. Partiamo dal turismo: il Ponte dello Stretto diventerebbe famoso e conosciuto nel mondo molto più della Tour Eiffel, molto più del Ponte di Brooklyn e del Tower Bridge londinese. Milioni di persone arriverebbero nello Stretto per visitare e fotografare il Ponte più grande e lungo del mondo, e con questa scusa scoprirebbero tutti gli altri tesori del territorio dello Stretto in primis, e di Calabria e Sicilia in secundis che dobbiamo essere altrettanto bravi a valorizzare. L’indotto che ne ricaveremmo sarebbe tale da garantire lavoro, benessere e ricchezza a questo territorio oggi economicamente depresso, che deve puntare sul turismo per rialzarsi. Poi ci sono i benefici lavorativi: decine di migliaia di persone, da manovali a eccellenze di qualità, troverebbero lavoro facilmente in un periodo di crisi internazionale. E, oltre ai circa dodicimila operai che per sei anni lavoreranno alla costruzione dell’opera, altri due/tre mila tecnici specializzati (e nel posto ne abbiamo tante, di eccellenze sfornate dalle nostre università!) troverebbero un posto di lavoro nel posto in cui sono nati a tempo indeterminato. Scusate se è poco”.

Però c’è un altro problema, che fino ad ora non abbiamo affrontato. Quello della criminalità organizzata. Qualcuno dice che il Ponte unirà ‘due cosche’, qualche altro dice che la mafia barcellonese e la ‘ndrangheta reggina ci abbiano già messo le mani sopra. Anche il ministro Matteoli ha espresso timore per le possibili eventuali infiltrazioni mafiose, anche se ha garantito grande controllo – come avvenuto per l’A3 – e sicurezza per le imprese.

“ A parte il fatto che le prefetture svolgono, e sino a prova contraria lo esercitano, un ruolo di controllo e tutela a prescindere dalla realizzazione delle grandi opere, questo tipo di opposizione rappresenta un altro paradosso di cui l’Italia degli intellettuali è ormai strapiena. In questo caso si arriva a chiedere allo governo stesso di non realizzare l’opera perché gli organi istituzionali, giurisdizionali e repressivi dello stesso stato, che dovrebbero rappresentare il vero baluardo contro le infiltrazioni mafiose, non sarebbero in grado di dare le garanzie del caso! E’ davvero tristissimo solo pensare a questo tipo di cose! C’è la mafia? Ok, e allora che facciamo? Lo sappiamo tutti che esiste, ma se invece di combatterla decidiamo di ‘non fare’ tanto per paura della mafia, rimarremo sempre così sottosviluppati. E comunque altre aree del pianeta hanno avuto grandi fasi di sviluppo, costruzioni di opere faraoniche e periodi di benessere nonostante un’altissima influenza mafiosa. Penso ai Paesi Baltici o agli stessi Stati Uniti d’America. Questo significa che mentre, da una parte, lo Stato deve sempre e comunque combattere ogni tipo di criminalità, dall’altro c’è l’imprenditoria che deve avere la forza, il coraggio e l’intraprendenza di farsi comunque strada, con sacrifici, con difficoltà, ma deve farlo per la crescita del territorio. Inoltre molti oppositori al Ponte chiedono allo Stato di lasciar perdere la realizzazione di questa grande opera per sostituirla con tante altre medio-piccole, in ciò infischiandosene del fatto che anche il questo caso il rischio infiltrazioni mafiose sarebbe presente, forse con più forza e minor capacita di controllo di legalità da parte dello stato”.

C’è chi esprime forti dubbi sulla “scaletta delle priorità” infrastrutturali per il sud, portando avanti l’idea per cui il ponte potrebbe essere utile ma solo dopo aver portato a termine altre opere. In questo caso non possono essere accusati di ‘malafede’, perché il Ponte lo vogliono. Però solo dopo che l’A3, la SS106 e altre importanti arterie stradali e ferroviarie siano funzionali a fornire un servizio degno di questo nome.

“A parte la genericità delle affermazioni e la stranezza di non considerare lo Stato come capace di finanziare più opere contemporaneamente, vedrei con più interesse una posizione forte da parte di tutto il sud nel chiedere allo stato di supportare finanziariamente “in blocco” tutto ciò che sia funzionale allo sviluppo del sud dal punto di vista infrastrutturale. Ma i nostri politici ed esperti ancora nicchiano nello stilare un elenco definitivo di opere pubbliche la cui realizzazione finanziaria sia fatta ricadere per intero sul bilancio dello stato, forse perché un elenco di questo tipo presupporrebbe un contestuale ‘elenco di opere pubbliche’, di buona realizzazione tecnica (i danni provocati dalle recenti piogge prospettano alcuni dubbi al riguardo) e di buon governo a livello locale e regionale. A tal proposito, comunque, bisogna riconoscere al governo Lombardo in Sicilia che finalmente qualcuno sta portando avanti una nuova politica economica, con una netta presa di posizione a favore del Ponte e di altre infrastrutture”.


Quindi anche lei, in fondo, è d’accordo a completare le altre arterie prima del Ponte.

“Prima, o insieme poco cambia. L’A3 è in fase di sistemazione, la Messina-Palermo è già stata inaugurata, molte altre opere si sono sbloccate negli ultimi anni e bisogna continuare su questa strada”.

Quindi quello del Ponte è un investimento azzeccato?

“Certo, lo è di per sé senza bisogno di fare i conti sul numero di macchine e auto che devono passarci sopra affinchè si autofinanzi. Mi viene in mente una provocazione. Costruiamo il Ponte, da solo. Solo il Ponte, senza vie d’accesso! Solo: così, un’opera da mettere in bella mostra! Come i Bronzi di Riace, come un qualsiasi monumento artistico e architettonico, come la Tour Eiffel!
E vedreste che comunque avremmo grandi ritorni economici nel nostro territorio”.

Vuole dirci, tra le righe, che quegli investitori che hanno intenzione di ‘puntare’ sul Ponte non corrono alcun rischio?

L’unico rischio è quello di perdere l’occasione di costruire il Ponte. Significherebbe perdere l’occasione di avere un grandioso rilancio economico.
Comunque, ogni ‘investimento’ ha un rischio: lo dice la parola stessa. Non esistono investimenti a rischio zero, o investimenti perfetti. Se fosse per i rischi, non dovremmo mai investire in nulla. E se il sud è economicamente morto, è proprio perché non abbiamo la mentalità intraprendente e imprenditoriale di saper rischiare e di saperci mettere in gioco. Preferiamo stare così, lamentandoci sempre e tirando ‘a campà’. Contenti noi … “

Commenti all'articolo

  • Di Luca Rossani (---.---.---.201) 22 agosto 2009 19:19

    E mica è una provocazione quella del Prof. Sergi in questo articolo.
     Ha detto solo la pura verità su come stanno realmente le cose.
    Condivido tutto quello che ha detto.

  • Di giovanni (---.---.---.114) 2 settembre 2009 17:42

    Un’ottima analisi che da semplice cittadino inesperto condivido pienamente........Grazie Prof. per l’amore che traspare per il tanto bistrattato e derubato sud.

  • Di osvaldo (---.---.---.92) 13 dicembre 2009 15:22

    Un mostro di cemento in mezzo allo Stretto, ridotto a dupice baia; inutile dal punto di vista trasportistico (la comunità europea non da un euro, anzi ha messo in mora l’Italia per carenze nella valutazione di impatto ambientale), dannoso dal punto di vista economico rispetto ad alternative multimodali..


  • Di osvaldo (---.---.---.92) 13 dicembre 2009 15:23

    “..Sebbene di impatto più limitato rispetto al ponte, a causa degli investimenti, l’alternativa multimodale si presenta superiore quanto ad efficacia complessiva dell’investimento (1,5 miliardi di PIL per miliardo di investimento contro 1,2 del ponte; 19 unità di lavoro-anno per miliardo di investimento contro 11 del ponte) e quanto a distribuzione territoriale dell’impatto a tutto vantaggio del Mezzogiorno (83% del PIL contro 74% del ponte; 87% dell’occupazione contro il 57%).”

    “Per l’ambito regionale intermedio, e a maggior ragione rispetto all’ambito ristretto, il ponte – così come le alternative – non è in grado, da solo, di attivare lo sviluppo economico e l’integrazione delle aree considerate. All’interno di uno scenario di bassa crescita si perviene così ad una valutazione di staticità – nessun effetto differenziale rispetto alla soluzione senza ponte, tranne un moderato effetto di attrazione turistica direttamente connesso al “manufatto” ponte e un positivo impatto macro-istituzionale.(…) Una prima conclusione rilevate è che lo scenario economico di crescita fa una differenza sostanziale. Se l’economia non cresce ad un tasso robusto – ma specialmente, se le politiche per il Mezzogiorno non avranno successo – i benefici attesi dal ponte diminuiscono drasticamente. Lo scenario a regime risulta in larga misura indistinguibile da quello del non intervento.”

    Advisor “Collegamenti Sicilia – Continente”, (ATI Pricewaterhouse Coopers Italia – UK; CERTeT Università Bocconi, Sintra srl, NET Engineering ), Rapporto finale, Executive Summary. Roma, 28 febbraio 2001. (disponibile in: www.infrastrutturetrasporti.it)

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