• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Piccola fenomenologia bocchiniana

Piccola fenomenologia bocchiniana

Italo Bocchino: l’uomo, il liberale, gli occhiali tondi. Il rivoluzionario che brama la testa del re, domenica è stato vittima di un bel killeraggio mediatico a La Pupa e Il Secchione.

Ah. Era da tempo che aspettavo di poter scrivere di Bocchino. Ma non uno scrivere anonimo, cronachistico. Piuttosto un raccontare pulsioni. L’istinto da gita delle medie all’irrisione per lo sciagurato cognome, associata al fatto che sta dalla parte della squadra sbagliata. Come quando si sta nell’ultima fila del pulmino. Sì ma adesso? La pulsione rotea, un derviscio di spasmi, che a guardarlo in faccia – lo scoiattoloide col ciuffo ben in parte e lenti tonde da bravo liberale – ti sembra quasi di tifare, intimamente, per lui.
 
Posseggo una galleria abbastanza provvista di suoi scatti (sopra, un piccolo Italo e Giorgio Almirante. Cult): sempre a fare qualcosa. Qualsiasi cosa, nelle mani di Italo Bocchino, diventa derby. E’ partita in casa e lo è fuori, quando battaglia con l’opposizione. Spalti e fumogeni, il coro, l’indice alzato verso il capo del proprio partito, le dimissioni, l’onnipresenza mediatica malgrado i richiami. La tendenza a parlare, di recente, da persona col cervello. O quasi.

Ma e però: se il Bocchino è sempre quello, quello buono di un tempo, quello che si strafogava coi giustizialisti e additava alla gogna mediatica ad ogni vento, allora com’è che scopre solo ora il problemuccio del premier onnipotente, onnicomprensivo, onnivoro? Allora mentiva sapendo di mentire, e va bene, che già vi sento: che razza di costatazione è mai questa? Ma nessuna. Solo che adesso Italo Bocchino è diventato un gran figo. E un giorno voglio diventare come lui.

Le scarpe di camoscio marrone, cravatte a fasce, orizzontali, a contrasto. Tensione all’exploit retorica, tutta campana. Dura, ferma opposizione. E soprattutto, la mia invidia per lui sta nella certosina opera di character assasination di cui è recentemente vittima. Fuoco amico, pure: libido. Spiego? Eccone una nuova.

Domenica, La Pupa e Il Secchione (visto a Blob, tengo a precisare). Il gioco è: riconosci l’uomo nella foto e dimmi – tu, ragazza disinibita e cerebralmente inferma – come si chiama. Chi ti compare nello schermo? Mai fu: Italo. Panico e silenzi raggiungono il pubblico, s’abbozza qualche sorriso. Il ronzio sale, al riconoscimento della nota figura nel wall dietro la pupa. Lei intanto azzarda. “Non lo so. E’ un venditore di macchine. E’ un venditore di mortadella. E’ una Lamborghini. E’ il signor Chinotto”, e Papi a poco serve, col suo mimare, suggerire, sottintendere.

E’ ovvio: il prodotto che doveva uscirne puntava all’allusione sessuale sulla parola bocchino, in bocca ad una maggiorata. Ma a malizia aggiungo malizia: io c’ho visto dileggio. Distorsione della figura nemica. Mi spiego: ne viene fuori un Bocchino conosciuto da pochissimi, in studio. Quindi uno sconosciuto, “cacchio vuole ’sto qui?”. Più: un Bocchino nuovamente stuzzicato sull’infausto cognome, non bastasse la Mussolini. Ora alla mercè d’una più vasta platea di fessi. Ancora: un Bocchino mortadellaro mister chinotto, rappresentato da una foto poco ispirata (per lui e il fotografo). Distrutto. Io c’ho visto questo. Non che si intravedesse molto altro, qui dal pianeta Bocchino.
U‘

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares