• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Perché la pubblicità non ci ha salvati dalla crisi?

Perché la pubblicità non ci ha salvati dalla crisi?

La crisi economica ha portato ad una notevole riduzione del budget destinato alla pubblicità, che si è trasformata in tagli al personale creativo di piccole e grandi agenzie italiane.

La settimana scorsa è circolata la notizia che un’agenzia pubblicitaria belga, dovendo procedere ad una riduzione del personale, ha indetto un concorso online attraverso il quale è possibile decidere chi verrà licenziato.

Si trattava naturalmente di un falso, di un’operazione di marketing virale che aveva lo scopo di creare un passaparola e dare visibilità all’agenzia e alla sua capacità inventiva.

Difficile valutare i ritorni di un’operazione del genere: di sicuro ha avuto il pregio di portare agli occhi di tutti, in modo paradossale, un fenomeno che proprio nei giorni precedenti il Natale ha fatto tabula rasa di creativi in diverse agenzie di pubblicità italiane.

Nulla di cui stupirsi: la crisi economica ha portato ad una notevole riduzione del budget destinato alla pubblicità, che si è trasformata in tagli al personale creativo di piccole e grandi agenzie italiane.

Pare che qualcuno sia stato licenziato per telefono, altri all’indomani della festa aziendale.

Dopo la crisi economica e finanziaria, dopo la crisi dell’informazione, assistiamo ora anche alla grande crisi della pubblicità.

O forse quella che crediamo essere l’ultima è stata in realtà la prima.
Già. La crisi nel settore pubblicitario è arrivata prima della crisi economica, è arrivata quando le nostre agenzie di pubblicità si sono manifestate incapaci di rinnovarsi nel tempo, quando i creativi hanno smesso di inventare, quando si sono adagiati sul loro status quo e hanno smesso di produrre idee.

I media classici sono in crisi da tempo, la pubblicità italiana non ha saputo cogliere le nuove esigenze dei consumatori, non ha saputo rinnovarsi, non ha sfruttato le potenzialità delle nuove tecnologie: ha rinunciato, in tre parole, ad essere efficace, e anziché costituire il traino verso la ripresa è rimasta impigliata lei stessa nelle maglie della crisi.

Si parla di imprenditori che non possono più permettersi di investire in pubblicità.
Io parlo di imprenditori che non vogliono investire perché non ci credono, perché non si fidano.

Le imprese, come i consumatori, chiedono una comunicazione commerciale innovativa, una nuova spinta verso la creatività.

La pubblicità è un’opportunità, non un obbligo.

Le agenzie di pubblicità devono farsi conoscere come promotrici di cambiamento.
Devono saper ascoltare, perché la comunicazione è relazione.

E devono tener conto di una nuova generazione di consumatori che lavora, si diverte e si nutre di Internet.

Se i direttori delle grandi agenzie navigassero si renderebbero conto che il Web non è solo un insieme di informazioni ma una Rete di idee e di spunti offerti.

Il loro concetto di comunicazione si deve evolvere, approfittando di quei giovani talenti che sono ancora capaci di giocare e di fare magie.

Commenti all'articolo

  • Di DD (---.---.---.140) 8 gennaio 2009 15:38

    Mi dispiace ma non condivido affatto cio’ che dici. A parte il fatto che i creativi sono l’unica componente positiva del settore pubblicitario (che con la sua invadenza è veramente fastidioso), come si puo’ pensare che la colpa sia la mancanza di creatività? Il problema é che la gente non ha soldi 1; iNOLTRE CONSIDERANDO CHE MOLTI PRODOTTI HANNO UN PREZZO PERCHE’ DEVONO RICOPRIRE I COSTI DELLA PUBBLICITA’ BEN VENGA QUESTA CRISI. Diamo per scontato che esiste la pubblicità, la critichiamo ma la amiamo e non pensiamo a quanto costerebbero meno le cose se nn ci fosse. L’unica cosa che dovrebbe fare la pubblicità é rivelare cose nuove, prodotti nuovi. Spero di non vedere più manifesti pubblicitari in giro, gli inutili schermi nelle grandi città che propongono merda (perché il 99 Per cento della pubblicità non si puo’ definire in altro modo), i giornali in cui c’é più pubblicità che altro (vedi te come ricchezza sociale se non è meglio aumentare il prezzo di un giornale piuttosto che ricoprire i costi con della malsana pubblicità), LA PROMOZIONE DELLE SEMPRE SOLITE COSE (la maggior parte della pubblicità é fatta per i soliti prodotti di consumo banali checreano i problemi esistenziali delle persone e i fenomeni sociali deviati ( o vuoi dirmi che oggi le persone nascono con i geni modificati e sono geneticamente rincoglionite?)).
    Spero di non vedere più tutto questo. La gente perde il lavoro? Non m’interessa: la soluzione é: ridurre i costi, far lavorare meno la gente in modo che se anche guadagna meno, per vivere gli basta meno. Il meccanismo economico che si è creato a portato a questa situazione. E’ come quando si parla di cibo e di tante altre cose. Perché devo mangiare le arance australiane, o i pomodori olandesi? Equilibrare il sistema.
    Con questo é tutto.

  • Di mabo (---.---.---.22) 8 gennaio 2009 17:56
    Cara Pamela, ho l’impressione che con questo articolo ti sia assunta il ruolo, non sempre comodo, di parafulmine di opinioni dissenzienti, il che non è necessariamente un ruolo negativo. Mi spiego meglio: in una ipotetica società dove le persone interagiscono senza manipolarsi vicendevolmente, la pubblicità assume un ruolo informativo necessario all’interscambio di idee, cultura, merci, informazioni. Ma stiamo parlando di un luogo inesistente. Se, però analizziamo gli attuali sistemi informativi, è evidente la precisa volontà, da parte di chi si propone all’attenzione di un vasto uditorio, di convincerlo della "bontà" della sua proposta e qui nasce il problema. Spesso le strategie informative sono il frutto di studi sociali che utilizzano, amplificandole a dismisura, le debolezze umane. Da ciò alla creazione di bisogni indotti il passo è breve ed ha come risultato la violenza psicologica. Molti “strateghi” della comunicazione passano la loro vita a cercare di convincere gli altri e spesso non lo fanno in buona fede. Invece di commiserare questa categoria cerchiamo di aiutare le sue vittime ad avere maggiore spirito critico. Un saluto a te e a DD del quale ho apprezzato l’intervento.
  • Di virginia (---.---.---.96) 9 gennaio 2009 12:49

    Articolo interessante anche se devo dissentire dall’affermazione che suona press’a poco così: il vero responsabile della crisi ( dell’industria e dell’economia, penso) è la pubblicità.
    Se così fosse, si dovrebbe attribuire alla pub un potere enorme, che va al di là delle altre ragioni per le quali si è verificata la crisi finanziaria ed economica.
    Mi pare che ormai tutti concordino nel vedere nel dissennato e disinvolto sistema di gestione del denaro, sistema che ha alimentato il consumismo senza soldi, la causa prima del disastro.
    Diciamo che la pub è stata complice di questo sistema reclamizzando paradisi ai quali accedere oggi pagando domani, automobili, yacht di lusso, residenze da miliardari, mode a dir poco pazzesche e scriteriate..
    Quando il castello di carta ha incominciato a crollare, la pub è andata dietro.
    Se adesso tutti si rimboccano le maniche e ri-cominciano su basi solide e non fasulle, se incominciano a respirare un’aria pulita da imbrogli e lustrini, anche la pub, creativamente, può adeguarsi.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares