• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Perché il conflitto in Siria può diventare mondiale

Perché il conflitto in Siria può diventare mondiale

Dopo l'allarme del Vaticano ("si rischia una guerra mondiale"), un'analisi delle possibili implicazioni di un attacco contro Damasco.

Barack Obama, come un novello Lincoln, ha lanciato una sfida precisa a deputati e senatori americani: acquisire più consensi possibile prima della fatidica data del 9 settembre, in cui la Camera comincerà a discutere della risoluzione di attacco alla Siria. I parlamentari americani titubanti sarebbero decine, e la clamorosa votazione della Camera dei Comuni (che ha sconfessato il premier Cameron, favorevole all'attacco) non ha fatto altro che aumentare i dubbi di molti osservatori.

Il punto fondamentale è la valutazione razionale delle conseguenze potenzialmente disastrose che un attacco militare potrebbe comportare. Infatti, l'operazione "limitata nello spazio e nel tempo", prospettata da Obama, appare quantomeno azzardata. La Storia è piena di fulminee operazioni militari (sulla carta) diventate poi degli incubi senza fine; perfino la Seconda Guerra Mondiale, inizialmente, fu presa come un conflitto temporaneo che si sarebbe risolto con l'annessione della Polonia alla Germania, più o meno accettata dagli altri stati europei. Come sappiamo, non andò a finire così. 

Senza voler prefigurare degli scenari catastrofici come quelli dell'ultimo conflitto mondiale, bisogna tuttavia elencare i rischi connessi, che sono (perlomeno) i seguenti:

1) La Siria ha una potente contraerea, indubbiamente superiore a quella irachena nel 2003 e incomparabilmente superiore a quella della Libia gheddafiana. Dispone di sistemi di difesa anti-missile di provenienza russa in grado di contrastare degnamente, anche se non totalmente, le soverchianti forze americane. Gli americani, quindi, potrebbero subire delle perdite già dall'inizio del conflitto, e questo avrebbe un enorme contraccolpo emotivo.

2) La Siria ha il potenziale per colpire sicuramente le basi americane in Giordania e, soprattutto, Israele e la Turchia. 

3) La Siria dispone di alleati regionali in grado di colpire, anche simultaneamente; da un lato l'Iran, che potrebbe come prima mossa chiudere - o rendere difficoltoso - il passaggio delle navi dallo stretto di Hormuz (da cui passa circa un terzo del greggio). Hezbollah, la milizia sciita che controlla il sud del Libano, alleata di Assad, potrebbe attaccare Israele dal nord e lanciare missili contro le navi americane nel Mediterraneo (Hezbollah attaccò navi militari israeliane già nell'ultima guerra di Libano nel 2008).

È quindi evidente che un eventuale bombardamento delle installazioni militari siriane potrebbe scatenare un effetto a catena di dimensioni regionali. Tuttavia, se a ciò si aggiunge il fatto che l'unica base russa nel mar Mediterraneo si trova a Tartus, proprio in Siria, si può intendere come mai Putin stia già muovendo le sue navi da guerra verso il teatro siriano. Tutto fa presuporre che la Russia non sia disposta facilmente a far cadere Assad; Mosca - e lo ha dimostrato in Georgia nel 2008 - si muove senza indugi quando in gioco ci sono gli interessi nazionali.

Il monito di Papa Francesco, tenuto conto di tutto ciò, appare quindi drammatico e realistico allo stesso tempo.

 

Foto: Freedom House/Flickr

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares