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Pensieri di fiducia

Premetto che mi secca tantissimo analizzare una sfiorata crisi di governo nella Repubblica antifascista fondata sull'ingovernabilità. Ho sempre creduto in un sistema maggioritario e nella democrazia dell'alternanza. Purtroppo, quattro anni fa, la maggioranza degli italiani ha scambiato il tentativo di avere una repubblica più governabile con un tentativo di ritorno alla dittatura fascista. Questo colossale abbaglio non ha risolto l’atavico, genetico ed intrinseco problema della Repubblica antifascista, fondata più sull’ingovernabilità che sul lavoro. Continuiamo a sorbirci una crisi di governo all’anno e, se qualcuno obietta che ci vorrebbe molto poco per farne a meno, viene accusato di essere un fascista. Sic transit gloria mundi!

 

Tutto ciò premesso, passiamo alla comprensione di quanto accaduto e a giudicare il comportamento degli attori in scena.

Il Motivo della quasi crisi di governo d’inizio 2021 è banalissimo: Matteo Renzi è a corto di consensi; il suo partito non si schioda dal 3% e deve destabilizzare l’equilibrio politico per sperare di riguadagnare visibilità e voti. Se lo scompiglio che è obbligato a creare non gli porterà voti, spera almeno di riuscire ad appagare il suo desiderio di vendetta nei confronti del MoVimento 5 Stelle e di un PD non più suo. Altri motivi non ce ne sono. Ho prestato ripetutamente attenzione alle sue parole nei giorni scorsi. Ho capito che ha detto cose insensate per non dire il vero motivo delle dimissioni delle ministre di Italia viva. Renzi è anche politicamente isolato, perché non ha avuto sponde dagli altri attori politici per abbozzare un’ipotesi di alternativa all’esecutivo in carica. Renzi, infine, è debolissimo, avendo alle sue spalle un partito diviso sull’opportunità di aprire una crisi di governo. Per evitare la spaccatura del suo partito, ha scelto la non troppo a lungo percorribile strada dell’astensione.

Quindi la quasi crisi di governo è stata voluta da un micropartito politicamente isolato e diviso. E, nella Repubblica antifascista fondata sull’ingovernabilità, un qualunque micropartito isolato e diviso può, da un giorno all’altro, rendere l’Italia ingovernabile.

Ovviamente, altri attori hanno affollato la scena nel corso della sfiorata crisi di governo d’inizio 2021.

Il mio giudizio sulle loro esibizioni risente ovviamente del mio punto di vista, identico a quello della stragrande maggioranza degli italiani e molto condizionato dal timore dei danni causabili da un pericoloso vuoto di potere nell’attuale fase di emergenza.

Sconclusionate e incoerenti sono state le affermazioni degli esponenti della destra sovranista. Si sono inventati di sana pianta la regola dell'obbligo di dimissioni per il governo in caso di fiducia votata dalla maggioranza relativa dei parlamentari. E’ una regola che non esiste e non è mai esistita! Hanno poi sbraitato contro i cosiddetti voltagabbana, fingendo di dimenticare che il quarto governo Berlusconi fu tenuto a galla, per circa un anno, da parlamentari eletti nelle liste dipietriste. Sapevamo che non sono dei fini giuristi, ma ignoravamo i loro disturbi mnemonici.

Grande è stato lo sprezzo del ridicolo da parte del presidente Conte, quando ha affermato che una legge elettorale proporzionale garantisce la governabilità. Si può comprendere la sua caccia ai voti dei centristi, da sempre proporzionalisti, ma non si capisce la necessità di mentire così spudoratamente.

Molto imbarazzanti sono state le fuoriuscite da Forza Italia. Quattro parlamentari hanno abbandonato, in due giorni, il partito di Berlusconi. Forse non è solo un tradimento, ma è la spia della grande insofferenza dei liberal-popolari verso gli alleati sovranisti e antieuropeisti di Lega e FdI. Non è da escludere che tale insofferenza induca altri parlamentari ad abbandonare Forza Italia nei prossimi giorni e finisca per dare a Conte la maggioranza assoluta anche al Senato.

Umiliante è stata la parte recitata dai pentastellati. Si sono inginocchiati ad elemosinare i voti dei socialisti, degli ex democristiani e degli azzurri berlusconiani per rimanere a galla e non perdere il diritto alla pensione (che matura dopo 4 anni e mezzo di legislatura). Otto anni fa, avevano preso a sputi in faccia il presidente del Consiglio incaricato, Pierluigi Bersani, mentre tentava di fare un governo con loro. Sono passati dagli sputi a Bersani alle suppliche ai centristi! La Storia, a volte, sa essere ferocemente sarcastica e stavolta sta sfogando il suo cinico sarcasmo contro chi sa solo urlare: “Onestà! Onestà!”.

Con grande sorpresa, bisogna stavolta riconoscere che il Partito Democratico è riuscito a fare un figurone. Una volta tanto, sono riusciti ad essere coesi, seri e saggi. Si sono comportati come un partito normale e affidabile. Hanno discusso sul da farsi, hanno individuato la linea da seguire e l’hanno compattamente seguita. Quasi irriconoscibili rispetto al partito diviso degli anni scorsi e alle incertezze avute durante il passaggio dal governo Conte I al governo Conte II.

Le umilianti suppliche dei pentastellati e l’inaspettata unità dei democratici sono, in realtà, le due facce di una sola medaglia. Rappresentano le condizioni in cui i due partiti giungono ad un’alleanza possibile e realizzabile già otto anni fa. Fu il M5S, dopo le elezioni del 2013, a non volerla e a rifiutare il patto proposto da Bersani. Sappiamo cosa quel rifiuto ha poi prodotto: la renzizzazione del Partito Democratico, l’aspra contrapposizione PD-M5S nel corso della scorsa legislatura e l’effimera alleanza tra M5S e Lega durata solo 15 mesi. Otto anni dopo e al termine di un percorso contraddittorio e tortuoso, la collaborazione tra PD e M5S è finalmente un dato di fatto che non sorprende più nessuno. La stabilizzazione dell’alleanza tra democratici e pentastellati è il vero risultato politico dell’uscita dei renziani dalla maggioranza parlamentare. Pochi osservatori sembrano aver colto quest’aspetto, distratti, come sono, dall’ingigantire dettagli marginali e/o eventuali sviluppi futuri (come la nascita della Lista Conte).

Le ultime considerazioni riguardano i cosiddetti responsabili/volenterosi/costruttori/trasformisti passati da Forza Italia al sostegno al governo Conte II. Non sono tantissimi finora: un deputato e tre senatori. Non hanno nemmeno fatto i tripli salti mortali dei transfughi dipietristi folgorati sulla via di Arcore una decina di anni fa. Si tratta di parlamentari centristi subentranti ad altri parlamentari centristi (i renziani) in uscita dall’attuale maggioranza. Un subentro più fisiologico che scandaloso. Il ricorso ai cosiddetti voltagabbana è in realtà un meccanismo di difesa dei governi in carica, in un sistema parlamentare sprovvisto di regole per proteggerli. Non voglio qui citare la protezione degli esecutivi garantita dalla repubblica semipresidenziale francese. Mi riferisco piuttosto alla sfiducia costruttiva prevista nelle democrazie parlamentari di Germania, Austria, Spagna, Belgio, etc. In tutti questi Stati, quando si vuole abbattere un governo, si deve indicare nella mozione di sfiducia il nome del primo ministro candidato a sostituire quello in carica. Con una regola del genere, Renzi non avrebbe mai provato ad aprire una crisi di governo, perché il nome da contrapporre a Conte non l’ha mai avuto e non poteva averlo. E’ quindi fisiologico che i governi in carica, in assenza di altri strumenti di protezione, cerchino di sopravvivere agli attacchi corsari con l’unico strumento a loro disposizione: il ricorso al trasformismo. Tanta intellettualità benpensante, a partire da Antonio Gramsci, ha guardato e guarda con disgusto al trasformismo, ma non ne ha capito né il funzionamento, né il sottostante istinto di sopravvivenza dei governi. Fino a quando non avremo regole in grado di garantire un minimo di governabilità, i trasformisti continueranno ad esistere, perché sono un elemento costitutivo della Repubblica antifascista fondata sull’ingovernabilità.

Foto: governo.it

Commenti all'articolo

  • Di Truman Burbank (---.---.---.103) 21 gennaio 2021 18:53
    Truman Burbank

    Non capisco tutta questa preoccupazione per la "governabilità". Avere stabilità di governo è un problema che sappiamo risolvere: il buon Mussolini governò per 20 anni. Con qualche lieve effetto collaterale. Forse a causa di questi effetti, non a tutti graditi, della governabilità, si pensò di scrivere una costituzione che desse priorità ai meccanismi democratici di una repubblica parlamentare. La Costituzione del ’47 (entrata in vigore nel ’48) si è dimostrata una guida valida per risolvere le crisi politiche.

    A me il problema sembra che non sia la "governabilità" ma piuttosto la voglia forsennata di tanti politici di distruggere la Costituzione.

    Io qualche rimedio lo avrei: piazzale Loreto a Milano è parecchio spazioso.

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