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Pastori sardi in fermento

Non può che farmi piacere se una categoria produttiva si organizza e si fa sentire per rivendicare attenzione dalla politica che, mai come in questo periodo, è inchiodata dai problemi giudiziari del premier e non si occupa delle cose vere che riguardano interi settori produttivi.
 
La questione principale portata in piazza dai pastori è il prezzo del latte, ovino, sotto l’euro al litro, prezzo che viene imposto dagli industriali caseari, che lo trasformano in formaggio.
 
E’ una lotta senza speranza. Nessuno, nemmeno il governo, ha il potere di imporre agli industriali caseari un prezzo del latte considerato remunerativo dai pastori.
 
La situazione dei pastori è identica a quella dei contadini che arrivano ai mercati generali con gli ortofrutticoli caricati sul camion, merce deperibile che se non viene ritirata la butti, e trovano una situazione in cui il prezzo lo fa il grossista, spesso collaterale alla mafia, con il risultato di lavorare spesso in perdita. Per il pesce è lo stesso.
 
Da almeno 40 anni ho visto le cose andare così e le organizzazioni sindacali di questi settori non hanno mai ottenuto nulla, e sembrano più vicine agli speculatori che ai loro assistiti.
 
Eppure la strada c’è, anzi è una autostrada spalancata e senza traffico, è la via maestra della vendita diretta sul territorio.
 
Non invento nulla. In molte realtà, al Nord soprattutto, ci sono già diverse forme di vendita diretta sul campo, vi sono gruppi di acquisto che dalla città una volta a settimana vanno in campagna a fare provviste, vi sono mercatini rionali e domenicali dove i contadini vendono in città in spazi comunali, vi sono contadini che con un camion frigorifero girano per le frazioni a vendere per strada, altri sono in internet e mandano i prodotti con il corriere (io compro arance sanguinelle dell’Etna da un produttore siciliano che me le manda in Sardegna).
 
L’ho visto fare anche con il latte: una cisterna refrigerata viene parcheggiata la mattina in un posto fisso e la gente va a prendere il latte con la bottiglia, latte munto da pochi minuti.
 
Abito in Sardegna, ma qui è difficilissimo trovare latte ovino o caprino venduto direttamente appena munto, è difficile trovare formaggio artigianale, trasformato direttamente dal pastore secondo tradizione, e agnelli e porcetti spesso sono di importazione e spacciati come prodotti locali.
 
L’attuale situazione, stabile da secoli, sta benissimo a industriali, commercianti, sindacati addomesticati. Solo un forte legame col territorio, la vendita diretta, la trasformazione artigianale, l’orgoglio di produrre cose uniche, la dignità di non andare a chiedere nulla con il cappello in mano, possono invertire la storia.
 
Per cambiare veramente, in profondità, e far sparire speculatori e sfruttatori, bisogna prendere il destino sulle proprie spalle, riuscire, vincere le difficoltà, e fondare una nuova civiltà e un’altra cultura sociale.
 
Non c’è un’altra strada! Chiedere al governo una integrazione assistita del prezzo del latte è un favore agli industriali e presto i vantaggi vengono vanificati da giochetti di prezzi e operazioni di mercato.

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