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Passeggiate narrative. In viaggio nel tempo con il nuovo romanzo di Gaetano Barreca

Luigi è appena tornato da Roma per passare un po’ di tempo in famiglia e rallegrarsi della vita del vicinato e dei vecchi amici che poco sanno dei complotti e degli attentati alla Repubblica che avvengono nella capitale. Tra lobby di potere e servizi segreti deviati, nella sua tesi di laurea Luigi segue le stesse indagini di Pasolini, sul petrolio, e proprio il violento omicidio dello scrittore lo riporta a casa. 

JPEG Sconfitto, deluso. Saranno le stravaganti donne del vicinato a dare nuova vivacità al ragazzo, che riuscirà a trovare la sua strada e concepire il suo progetto di un’economia sostenibile ispirata al modello di Comunità proposto dal senatore Adriano Olivetti. Nel suo nuovo romanzo, intitolato “Dopo il funerale”, Gaetano Barreca ci invita in un viaggio capace di attraversare il nostro passato, usando la sua penna come una perfetta macchina del tempo.

 

Salve Gaetano, bentornato su AgoraVox Italia. L'ultima volta ci siamo sentiti qui, per parlare di giovani e lavoro, promesse e cervelli in fuga. Adesso torni in redazione per parlare del tuo nuovo libro. Come nasce l'idea di "Dopo il funerale"?

Nasce dalla mia passione per gli anni ’70. Erano gli anni in cui i miei fratelli più grandi erano cresciuti e io, bambino degli ‘80, ero propenso a imitarli a tutti i costi. Ascoltavo i loro 45 giri e provavo a leggere i loro fumetti di Tex o i loro libri d’impegno politico. Anche se devo ammettere che alla fine tornavo sempre ad ascoltare le fiabe sonore, Peter Pan o il Brutto Anatroccolo. Gli anni ’80 e ancor più i ’90 furono completamente diversi dagli anni dei pantaloni a zampa ad elefante e dei fotoromanzi Lancio. Ho scelto il 1975 in particolare, per raccontare l’antropologia di un’Italia che penso non esista più. L’Italia che cercava ancora di trattenere la purezza d’animo e le tradizioni a dispetto della felicità imposta dalle réclame pubblicitarie. L’Italia con le sue domeniche in famiglia tra pasticci e pasticcini, e il latte di mucca appena munto. Quell’Italia che seguiva con interessato diletto la lotta ideologica tra il Comunismo Russo e il Capitalismo Americano, vivendo l’instancabile voglia di rinnovamento e diritti civili estesi a tutti i ceti sociali. Erano d’altronde gli anni in cui Aldo Moro e Enrico Berlinguer si contendevano la bella politica italiana.

 

Perché questo titolo, "Dopo il Funerale"?

Il romanzo inizia dieci giorni dopo i funerali di Pier Paolo Pasolini, con Luigi che si sveglia a Bari, nella sua terra. Il giornalista è tornato da Roma incredulo dell’assassinio del Poeta e cerca ristoro nella caciara dei vicini di casa, nella ritrovata idea di mettere le madri a letto e fuggire a tutto gas in macchina con l’amico di sempre, Nicola. Questi due erano amici d’infanzia, ma cresciuti in situazioni sociali differenti. Luigi è borghese, Nicola avrebbe voluto esserlo, ma per il sostentamento della madre e soprattutto per amore finisce per mischiarsi con i clan locali. Litigano e da qui inizia una serie di eventi che cambieranno la loro vita per sempre.

 

JPEG Perché Bari? Tu sei nato in Calabria, hai vissuto a Perugia e adesso a Londra.

Sin dal principio avevo in mente una città aperta sul mondo. Bari, con le sue tradizioni e la sua gioia di vivere era proprio quello che cercavo. In più, Bari è anche la città dove Aldo Moro ha insegnato e proprio nel settembre del ‘75, alla Fiera del Levante, aveva accettato il Compromesso Storico di Berlinguer. Quest’ultimo dettaglio l’ho scoperto dopo ovviamente. Quando andai a visitare la città per la prima volta ne rimasi folgorato. Fu davvero amore a prima vista. I pescatori che arricciavano i polpi tra gli scogli del lungomare, la città vecchia così amata e ben tenuta, ricca di stretti vicoli e saggezza popolare. Ancora, l’accoglienza della gente, il buon cibo e poi il mio appartamento! Al quartiere Madonnella, in pieno stile anni ’70. Mi è bastato affacciarmi al balconcino che dava su un cortile interno osservando una donna che stendeva i panni, per immaginare destreggiarsi in quel contesto i folli personaggi del mio romanzo. La signora Gina che sbatte la tovaglia al balcone facendo cadere le briciole dell’impasto delle orecchiette sui capelli appena cotonati della signora di sotto. La palermitana Santina che per restare più vicina alla sua terra natia venera sul balcone una statua di Santa Rosalia e quando la Bari Calcio gioca in trasferta vela di nero la statua per non farle vedere le bandiere bianco rosse. La Sconosciuta, A Umme A Umme, La Comare di Batteséme, il barbiere, il barista e l’arrotino. C’è un intero mondo in questo romanzo. Mi sono divertito tanto a scriverlo.

 

Qual è la tua formazione?

Per quanto riguarda la mia formazione, sono stato sempre attratto dai ruderi e dall’antropologia, per questo ho studiato a Perugia alla facoltà di Lettere, sezione archeologia. Ho scavato a Pompei, schedato le monete romane e greche del museo diocesano di Gubbio e lavorato all’Estorick Collection of Modern Italian Art e al British Museum di Londra. Oggi ho lasciato la carriera museale per insegnare lingua e cultura italiana agli stranieri, così da aver più tempo da dedicare alla scrittura. Probabilmente, vivendo da troppo tempo all’estero sto ora seguendo quell’istinto di ognuno di noi di tornare alle origini per comprendere verso quale direzione va, è andata e andrà la vita del nostro Paese.

 

Quindi sei ancora spinto a cercare indizi, storie e anime nei ruderi che hanno fatto la storia dello Stivale?

Decisamente. Il mio primo amore – ad esempio - è stato sicuramente il Pastificio Canale, a Reggio Calabria, una fabbrica di inizi Novecento, abbandonata e inaccessibile, proprio vicino a casa mia. Tutti sapevano che i macchinari erano presenti ancora in loco e io, da sempre gran curiosone, desideravo visitarla un giorno. Sognavo diventasse un museo. L’archeologia industriale però non è ancora considerate un bene da preservare in Italia e in favore del nuovo cemento, stupido, quella struttura è stata distrutta eliminando ancora una volta parte dell’identità collettiva della città.

Il tuo affetto per la storia contenuta negli edifici antichi traspare anche dal romanzo..

Sì, in Dopo il Funerale, ho trattato della chiesetta rurale di San Giorgio Martire. Una chiesetta dimenticata tra i rovi di campagna e che fino a un anno fa era facile visitare e rimanere affascinati alla vista dell’affresco duecentesco del santo. Poi, di ignoranza, dei vandali sono entrati e hanno distrutto tutto appiccando un incendio all’interno della struttura. È stato un immenso dolore per me.

E i tuoi riferimenti letterari?

Per riferimenti letterati invece, sono innamorato di Natalia Ginzburg, del suo modo di raccontare il suo tempo e di come faccia attenzione alla vita quotidiana in tutti i suoi dettagli. Proprio ieri sera stavo ascoltando il podcast di Le Voci della Sera, della trasmissione Ad Alta Voce di Rai RadioTre, bellissimo! Stimo Pier Paolo Pasolini; ho letto i suoi Ragazzi di Vita con voracità. Ho trovato invece geniale e illuminante Il Giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani. L’ho adorato così tanto da assicurarmi, insieme a Peter Pan nei Giardini di Kensington e Le Voci della Sera, la prima edizione di Einaudi.

Torniamo un attimo indietro, quando parli di antropologia cosa intendi?

Intendo appunto lo studio del popolo. La bellezza intrinseca dell’Italia è la sua unicità. Regione per regione, città per città. Come ho detto, non ho vissuto gli anni ’70, ma grazie all’uso dei social network ho potuto fare domande dirette ai miei contatti e usufruire dei loro ricordi di quel determinato periodo storico. Su Facebook è visibile il mio album di foto le domande di Gaetano dove ho raccolto negli anni le tante informazioni ricevute.

Perché scegli il self-publishing per questo progetto?

Per senso di sfida. Voglio credere al successo del passaparola. Non desidero essere uno scrittore di massa, costretto a seguire le mode del momento. Adoro guardare la gente quando legge. Le boccacce o i sorrisi del lettore mi fanno capire che il libro che hanno in mano è di un grande scrittore e guarda caso si tratta sempre di un libro non troppo conosciuto. Penso sia quello il ruolo dello scrittore, regalare emozioni. Sono probabilmente presuntuoso, ma vorrei sia questo il contesto che porti una casa editrice a contattarmi.

Che consigli daresti a chi vuole utilizzare la pubblicazione digitale?

È un gran lavoro. Impegnarsi nell’auto-pubblicazione significa togliere tempo alla scrittura. Comunque non costa nulla provare, è sempre importante mettersi in discussione e trovare nuove vie. Un consiglio prezioso è di farsi sostenere nel progetto da amici capaci di far un buon lavoro con l’impaginazione e la copertina, ma soprattutto di non pubblicare mai il romanzo se prima non si è fatto fare un editing spietato a persone esterne dalle proprie conoscenze. Il libro deve piacere al lettore, non allo scrittore.

Prima di salutarci come possiamo seguirti e dove acquistare il tuo romanzo?

Potete seguirmi su Facebook, Twitter, oppure sul mio blog e sul mio sito web. “Dopo il Funerale: Novembre 1975”, invece, è disponibile in formato cartaceo ed eBook negli store Amazon, iTunes, Google Play e in tutta Italia presso le librerie Giunti al Punto.

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