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Passaggi

Un vecchio refrain: le parole possono dire di noi e degli altri, e descrivere cose, eventi, o solo impressioni emotive. Con esse possiamo indicare nomi e cognomi, descrivere fatti accaduti, vagare intorno a cause che proprio non sappiamo vedere; o evidenziare soltanto lo schema che sottostà a quegli eventi.

Quest'ultimo è proprio il mio modo: non mi importa che si tratti di x o di y, ma solo quanto è accaduto. Mi si rimprovera che invece tutto è importante: le date, i nomi, le singole azioni... E si, ne convengo... Ma per chi, e per cosa?

Ciò di cui vado a parlare è quanto va destando la mia riflessione: ha provocato in me una reazione e l'esigenza di soffermarmici sopra. Adesso per me conta quello! Non altro, ma quello! 

Parlo con le persone che incontro e tendo ponti sottili, che a volte ritengo opportuno ingrossare, e allora li rendo robusti con contrafforti pesanti. Ponti di vita a garanzia di passaggi, di viaggi, per chi abbia la voglia ed il coraggio di intraprenderne alcuno.

I lavori possono andare a rilento per vari motivi, oppure andare avanti veloci, ma non è detto che continuino a lungo: per questo è necessario un impegno oneroso e molta pazienza, soprattutto il rispetto per sé e per chi interagisce con noi.

Gli aggiustamenti sono continui, in risposta a quanto succede: fare attenzione alla neve, ai venti autunnali, e al bruciore dell'estate che sbriciola tutto, finendo ciò che l'inverno ha ferito.

Creare ponti per garantire passaggi, perché da un luogo si possa raggiungerne un altro, ed esser liberi di decidere, alfine, la direzione da prendere.

A volte però, in questo gioco, un certo timore può incollare le gambe al terreno, annullando il progresso. Il dubbio, alimentato dal desiderio infantile di chi ci si aggrappa alle vesti può confinarci in quella terra da cui proveniamo. L'egoismo di chi non sa fare per sé, e ha bisogno di noi per rimpinguare la sua misera borsa, sovente, ostacola il passo, e con sussurri maligni alimenta in noi la rinuncia.

Così finisce che lacrime ostili mettono a rischio la scelta che vogliamo attuare per noi. 

Il sì e il no: un gioco dal premio vincente o dall'esito infausto. Rimango e so già cos'avevo; procedo e vado incontro a quanto ancora mi è ignoto.

Se resto, però, non trovo più il mio passato, ma il passato che mi ha spinto a cercare, a cui ho voltato le spalle, e a cui mi sono rimesso per personale pochezza.

Un passato che accuserà il mio insuccesso.

Non sarà come prima: sarà peggio di prima.

La clessidra impietosa consuma i suoi grani, li accoglie tra l'inizio e la fine. Non sempre però chi si unisce alle danze vuole davvero impegnarsi: magari lo fa per riempire del tempo, o solo per dire che c'era. Come chi risponde all'invito soltanto per garbo, saluta i suoi ospiti, beve un bicchiere e volge le spalle alla sala.

Ai conviti c'è poi chi ama l'eccesso, agitandosi e facendo rumore per farsi notare, o solo perché non sa regolarsi, non sa contenere i suoi umori, e le emozioni che gli si agitano dentro. I timidi si uniscono ad altri per sembrare più grossi; mentre individui dallo sguardo annoiato si trattengono in prossimità dell'esterno, pronti a fuggire non appena se ne dia l'occasione. Ci sono i tipi brillanti, gli eroi, coloro che sanno sedurre con movenze leziose; chi domina attraverso silenzi, e chi si sa infervorare elogiando praticamente se stesso...

Alcuni ci sono, ed altri sono lì nei paraggi. Con alcuni mi sfioro, con altri incrocio il mio braccio... Molti, però, non riesco proprio a vederli.

E' una festa, e quello che accade è reale e fa storia: la mia e la storia di tutti.

Le parole, come quei cubi di legno che assemblavo quando ero bambina: a seconda di come li accostavo tra loro realizzavo disegni e davo forma alle idee. Giocavo con essi per colmare l'inquietante e fastidioso silenzio, per celare pensieri, o per dare loro sostanza. 

Oggi mi interessa la prassi: ho a cuore il fare provocato dal dire - i giochi e gli scherzi fanno parte della stessa famiglia.

Quindi, se mi soffermo a guardare negli occhi qualcuno, a dedicarvi il mio tempo con quesiti, risposte e provocazioni, non lo faccio per caso, e non lo faccio per niente. Mi aspetto che l'altro comprenda e si comporti alla stessa maniera: il pensiero che danza, nel suo gioco di suoni e di forme, sospinto e accresciuto attraverso i vari passaggi, che arricchiscono infine chi lo segue e ne ha cura. 

Cosí costruiamo l'amicizia del fare.

Talora, purtroppo, l'immediata adesione si muta in rapida sosta: un'affacciata al balcone, un viso che si volta a guardarsi d'intorno per brevi, brevissimi istanti.

Che vada.

Ma se il suo viso si atteggia ad ascolto sincero, se cerca quel vino con avida foga, non lo getti nel vento, ricusandone il suono che gli vibra nel cuore: se lo ignora tradisce se stesso, e le parole versate si rovesciano oltre, rovinando nell'aria e nel vento. Non lasciamo che si infranga lo specchio, perché niente tornerà come prima.

La vita non riavvolge se stessa: essa incede, ogni volta dalla mossa appena compiuta.

Se non osi avanzare rinunci al presente già tuo che è solo da fare!

La vecchia familiare sirena gioca sempre l'inganno, ma non lasciamo che riesca a sedurci, e continuiamo a viaggiare per terra e per mare, tra i flutti impietosi ed aspre montagne.

Insistendo potremmo raggiungere verdi radure, popolate da genti felici.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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