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Parole Addosso

Un reading diverso dal consueto con poesie come finestre, sospese tra autore e pubblico.

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Parole addosso
barbara gortan

Possono essere parole, possono essere gli sguardi, il timbro della voce, il ricordo, l’illusione, la delusione, la malinconia del disincanto. Metonimie, parti per il tutto, quando il tutto di un amore non c’è più, ma è rimasto “addosso” e ha lasciato le parole in una furente e mai astiosa convalescenza.

“Parole addosso” sono circa 40 minuti di lettura alternata di poesie leggere leggere di Ezia Mitolo (ideatrice del progetto, curato da Fabrizio Iurlaro nell’ambito degli appuntamenti dell’Aperibook) e Barbara Gortan. Versi sciolti, si dice nelle antologie, che si poggiano lì dove lo scorrere degli anni ha lasciato una cicatrice in chi ascolta, al di là di una impalpabile scenografia issata a dividere il salotto dai toni autunnali - spruzzati di arancio - che è Mexico70, a Taranto. Le autrici sono oltre un lenzuolo di sottile cellophane su cui sono incastonati fogli, come finestre trasparenti incise delle loro poesie. Nel buio, un fascio di luce illumina una finestra e l’autrice al di là delle parole; ma solo il tempo necessario per completare la lettura. Poi di nuovo il buio. Come un respiro fino alla prossima voce, in una altalena che dà rilievo ad una cantante lolita che sussurra qualcosa, tra il morbido e l’irreale.

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Parole addosso
ezia mitolo

L’ascolto impone una riflessione ironica compresa in uno sfondo di lieve tristezza, come da retorica: quanti di noi sono stati così fortunati da essere amati con caparbietà e devozione, così come espresso in queste poesie dell’assenza? Deve essere inebriante essere tanto attesi e ricordati, senza mai un accenno iroso, un epiteto inglorioso, uno sprazzo di redivivo amor proprio che non sia la consapevolezza dell’incapacità: “penso che ho l’intenzione, ma non riesco a fare un passo per allontanarmi da te… l’amore è più veloce della ragione”. Lieve e costante il moto tutto femminile del processo di redenzione: le poesie si susseguono come i pensieri alterni nell’elaborazione di un gran dolore. L’assenza dell’amato bene è una costante presenza neanche ingombrante. La si tiene sul comodino o la si porta con sé “ma tu non lo sai e non immagini niente” e quindi non puoi turbarti. Sconvolge la forza di non ribellarsi mai del tutto, di accettare e di portarsi “addosso” tutto il peso dell’essersi sbagliati o forse di aver solo avuto la pretesa di fare del nulla l’attesa suprema. Così la ferita la si indossa come se fosse niente e si continua a vivere al di là del cellophane o su di un prato o dovunque possa continuare a scorrere la vita e quel che ne resta. Barbara ed Ezia sono ombre che scelgono dove andare a posarsi. Quando la luce le illumina hanno volti sereni e sorridenti. Giocano con le loro parole come al gioco del Piccolo Medico: incidono e sezionano sentimenti, poi la luce si spegne e le ritroviamo a curare altre ferite: ad ogni poesia letta corrisponde una strisciolina di carta colorata per contraddistinguerla, come dire “anche questa è fatta”.

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Parole addosso

E intanto continua a persistere il primo pensiero: quale sensazione provoca essere amati così tanto da essere anelati? Patria tra mari in tempesta e flebile speranza inespugnabile cosicché “non chiudo più la porta che la corrente può tornare.” Infastidisce tale resa senza condizioni se non fosse per l’esordio della performance, la prima poesia: una quartina, una sestina, una quartina. Limpida espressione di ritmo e significato, in versi cadenzati dall’incedere della descrizione di un increscioso inconveniente - recidivo - come la muffa sui muri: “ma tu come la muffa, esci sempre a ricordarmi quanto niente di perfetto mi hai lasciato.” Un inizio che consola la fine. E riporta al principio nobile della poesia che è ridurre le emozioni in una sintesi: per quanto possa essere agognato, l’amore negato resta una imperfezione appiccicosa che ricorda il niente che si è lasciato dietro. Ecco. Così chi gongolava di splendore nella sua vanagloria, ora può tornare a casa, imperfetto. Alla fine il cellophane si squarcia e le luci si accendono tra gli applausi e il gesto veloce di chi asciuga frettolosamente e con fastidio una lacrima, oramai anche quella imperfetta e fuori luogo.

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