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Parliamo di sistemi di accumulo per lo sviluppo delle smart grid

Con l’impennata delle rinnovabili e la maggiore disseminazione sul territorio delle fonti di generazione, il sistema elettrico si trova a dover sviluppare nuovi modelli di distribuzione dell’energia. Nasce da qui il concetto di Smart Grid, ovvero di rete intelligente, che mira a definire nuove soluzioni di gestione delle infrastrutture atte ad ottimizzare la distribuzione elettrica e a gestire in modo efficiente e bilanciato domanda e offerta. Intervista all'Ing. Dario Lucarella. 

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Ing. Dario Lucarella
Docente presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova - Consigliere di Amministrazione, RSE - Presidente IEEE-PES-Italian Chapter, Power & Energy Society

Ing. Lucarella, alla luce di questo mutato scenario, quali ritiene siano gli interventi necessari sulle reti per renderle maggiormente flessibili, ma anche sicure?

La crescente penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili distribuite sul territorio sta trasformando l’attuale sistema elettrico e sta ponendo nuove esigenze, tanto ai gestori delle reti di trasmissione e distribuzione, quanto agli operatori degli impianti di produzione. Infatti, a causa dell’incertezza legata alla disponibilità della fonte naturale, le reti devono essere in grado di gestire le fluttuazioni, spesso rapide e quantitativamente significative, dell’energia elettrica immessa, prevenendo situazioni di instabilità.

Va inoltre ricordato come, nell’ultima decade, l’apertura del mercato dell’energia abbia già avviato una trasformazione del sistema elettrico passando da una gestione centralizzata, orientata alla minimizzazione dei costi, ad un sistema decentrato dove i diversi attori tendono alla massimizzazione dei profitti, con l’operatore di sistema chiamato a gestire i vincoli fisici quali le congestioni di rete ed il bilanciamento continuo tra produzione e carico.

L’effetto combinato di questi cambiamenti sta portando gli odierni sistemi elettrici ad evolversi verso sistemi distribuiti su larga scala. Le distinzioni tra rete di trasmissione e rete di distribuzione tendono a sfumare verso un’unica architettura capace di garantire l’integrazione di svariate tipologie di unità di produzione e/o consumo distribuite sul territorio, con modalità plug&play, in una sorta di “Energy Internet”.

L’utente non è più passivo consumatore di energia, ma diventa prosumer (produttore e consumatore) interagendo con il mercato in tempo reale per l’acquisto e/o la vendita di energia. La rete diventa quindi una infrastruttura senza discontinuità, una rete di reti, dove ai grandi poli concentrati di produzione si affiancano numerosi piccoli sistemi diffusi sul territorio che partecipano al mercato in modo decentrato.

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Smart Grid

Questo obiettivo non può essere raggiunto solo con l’auspicabile sviluppo fisico della rete, peraltro spesso frenato dai complessi iter autorizzativi. È fondamentale introdurre nuovi criteri di gestione e controllo delle reti che vadano nella direzione di maggiore flessibilità, efficienza ed affidabilità, in una parola, la rete deve diventare sempre più “intelligente”

Perché tutto questo non abbia un impatto negativo sulla sicurezza del sistema occorre che anche il controllo sia distribuito, realizzando sistemi decentrati che gestiscano isole di rete e garantiscano un bilanciamento delle risorse all’interno delle isole, operando sulle unità modulabili di produzione, sui carichi flessibili e sui sistemi di accumulo. L’obiettivo primario è quello di risolvere a livello locale parte dei problemi con algoritmi di ottimizzazione che permettano di compensare gli sbilanciamenti in un processo bottom-up, evitando (o quanto meno limitando) la propagazione di situazioni di instabilità.

La sfida dunque è quella di accrescere la capacità delle reti di ospitare impianti rinnovabili ma, al tempo stesso, contribuire ad ottimizzare l’esercizio della rete, ridurre gli oneri per i servizi di dispacciamento e garantire la sicurezza del sistema.

Una delle principali sfide per l’evoluzione delle Smart Grid riguarda la capacità di immagazzinare l’energia elettrica. Qual è lo stato dell’arte dei sistemi di accumulo nel nostro Paese? Siamo in linea con quanto accade nel resto del mondo?

Come è noto la produzione da rinnovabili è legata alla disponibilità della risorsa naturale piuttosto che alla domanda di energia e pertanto questi impianti contribuiscono a creare situazioni di sbilanciamento produzione-carico la cui compensazione rimane affidata agli impianti convenzionali, tipicamente i cicli combinati.

D’altra parte il costante aumento di produzione rinnovabile comporta una corrispondente contrazione dei cicli combinati in esercizio e, di conseguenza, la flessibilità del sistema elettrico tende a ridursi proprio quando invece sarebbe più necessaria per far fronte alla maggiore aleatorietà introdotta dalle fonti non programmabili.

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Energy Storage

In questo contesto va riscuotendo sempre maggior consenso, anche a livello internazionale, l’idea che le tecnologie di accumulo di energia elettrica possano giocare un ruolo fondamentale apportando numerosi benefici (economici, tecnici e ambientali) all’operatività dei sistemi elettrici.

Si tratta di una tecnologia flessibile in grado di assorbire e rilasciare energia senza le inerzie tipiche degli impianti tradizionali. Essa può essere peraltro impiegata per vari scopi quali il livellamento della curva di immissione/prelievo, la risoluzione di congestioni di rete, la costituzione di una riserva di potenza, il miglioramento della qualità del servizio.

In particolare il gestore nazionale, Terna, ha richiesto di dotarsi di sistemi di accumulo distribuito elettrochimico con il duplice scopo di garantire la sicurezza del sistema elettrico, in particolare in Sicilia e Sardegna, fornendo tramite gli accumuli la riserva primaria e secondaria che gli impianti convenzionali non forniscono in quantità sufficiente ed, anche, di ridurre la mancata produzione da fonti rinnovabili non programmabili (in particolare l’eolico) a fronte di un eventuale taglio della produzione imposto agli impianti connessi a porzioni di rete congestionata.

Il percorso seguito dalle nostre istituzioni prevede la realizzazione di impianti pilota. Ed è appunto in questo quadro che l’Autorità ha autorizzato, all’inizio di quest’anno, Terna alla realizzazione di due progetti pilota di accumulo di 8MW ciascuno, rispettivamente in Sicilia e Sardegna, regioni in cui ad oggi le risorse di riserva sono scarse e, successivamente, ha autorizzato sei progetti pilota basati sulla tecnologia sodio-zolfo per un totale di 35 MW e 230MWh, da installarsi sulla direttrice critica “Campobasso-Benevento-Volturara-Colle San Vito” con lo scopo di compensare la mancata produzione da rinnovabili non programmabili.

D’altra parte anche i distributori ritengono utile fare uso degli accumuli elettrochimici per nuove necessità quali la gestione dell’inversione di flusso sulle reti MT causata dalla produzione fotovoltaica, un migliore controllo della tensione lungo le linee, la regolazione del flusso di potenza tra cabina primaria e rete di trasmissione. Enel Distribuzione ha avviato diverse sperimentazioni di sistemi di accumulo, in particolare privilegiando la tecnologia a ioni di litio, di taglia 1-2 MW installati in cabina primaria o in cabina secondaria. Anche in questo caso, come in precedenza, si tratta di istallazioni pilota che beneficiano di specifici finanziamenti.

In generale, da questi progetti pilota, ci si attende non solo la soluzione di specifici problemi, ma anche una diffusione di conoscenze a beneficio di tutti gli attori del sistema elettrico, così da poter successivamente orientare uno sviluppo su più larga scala della tecnologia degli accumuli.

Tra le varie tecnologie di accumulo esistenti, ritiene ve ne siano alcune più promettenti di altre, anche in termini di sostenibilità economica (LUEC - Levelized Unit Electricity Cost)? Dove la ricerca dovrebbe maggiormente concentrarsi?

Le tecnologie per l’accumulo elettrico, ed in particolare quelle elettrochimiche, costituiscono una possibile risposta alle nuove esigenze tracciate in precedenza. Di recente, in uno studio condotto da RSE-Ricerca sul Sistema Energetico sui sistemi di accumulo, viene riportato un confronto basato sul LUEC, ovvero il costo minimo a cui occorre vendere l’energia elettrica prodotta per coprire tutti i costi relativi alla costruzione ed esercizio dell’impianto garantendo un determinato ritorno sul capitale proprio investito.

L’applicazione di riferimento utilizzata è quella di “time-shift”, ovvero l’acquisito di energia dalla rete nelle ore notturne (al prezzo medio stimato di 45€/MWh) e la restituzione in generazione nelle ore diurne (mediamente per 4 ore equivalenti al giorno a potenza massima). Per il dettaglio sui vari parametri assunti per ogni diversa tecnologia, si rimanda allo studio in oggetto.

La forchetta di costo va approssimativamente da 300 a 800 €/MWh con i sistemi sodio/zolfo in prima posizione seguiti, nell’ordine, dai Redox/vanadio, dai sodio/cloruri metallici e dai litio/ioni. In ultima posizione si collocano le tradizionali batterie al piombo penalizzate dalla ridotta durata di vita rispetto agli altri. Da notare però che lo studio ha lo scopo di fare una pura comparazione tra tecnologie di accumulo e quindi non si propone di quantificare i benefici attesi per il sistema e l’utente finale. Naturalmente la scelta della tecnologia è decisamente influenzata anche dalla tipologia di applicazione. Ad esempio, le due tecnologie più promettenti per applicazioni di taglia ridotta sono sicuramente le batterie litio-ioni e le sodio/cloruro di nichel per le loro caratteristiche di forte modularità.

Le batterie al litio-ioni sono utilizzate anche per l’alimentazione dei veicoli elettrici, il che fa prevedere una notevole riduzione di prezzo con lo sviluppo della tecnologia e dei processi produttivi. La ricerca in corso si orienta su due filoni: da un lato si cercano di realizzare celle con sempre maggiore energia specifica, dall’altro lato si ricercano anche nuovi materiali che permettano di aumentare la sicurezza intrinseca delle celle.

La batteria sodio/cloruro di nichel appartiene alla famiglia delle batterie ad alta temperatura. Questa tecnologia ha una buona energia specifica e vita attesa. In paragone alle batterie litio-ioni ha un minor rendimento energetico e in particolare una potenza specifica piuttosto bassa (questo aspetto è penalizzante in particolare per l’uso veicolare). Ha però il vantaggio di avere prestazioni totalmente indipendenti dalla temperatura ambiente e soprattutto una maggiore sicurezza intrinseca. La ricerca su questa tecnologia è concentrata sul miglioramento del separatore ceramico che è presente nella cella elementare ed è un componente critico da cui dipendono le prestazioni e la stabilità della cella. Sono in fase di studio anche nuove geometrie di cella per aumentarne la potenza specifica. Per una ricerca di più lungo periodo sicuramente va menzionato il “Graphene”, un nano materiale su cui la Comunità Europea concentrerà importanti finanziamenti nei prossimi anni, che si ritiene possa essere utilizzato anche in campo energetico per la realizzazione di batterie di nuova concezione ad elevata compattezza.

L’ulteriore crescita delle FER, e soprattutto la loro distribuzione sul territorio, quanto dipende dallo sviluppo di sistemi integrati di accumulo dell’energia elettrica?

I soggetti del sistema elettrico ripongono notevoli aspettative nell’accumulo elettrochimico come mezzo a supporto dell’integrazione nel sistema elettrico di crescenti quantità di fonti rinnovabili non programmabili.

Questa aspettativa deve però confrontarsi con gli attuali elevati costi delle diverse tecnologie di accumulo elettrochimico, costi che finiscono a carico della bolletta del consumatore. Prima di procedere quindi ad uno sviluppo massivo dei sistemi di accumulo è opportuno approfondire aspetti quali la riduzione di costo attesa nei prossimi anni per gli accumuli elettrochimici, a fronte di un incremento dei volumi di vendita, e la quantificazione dei benefici attesi a seconda delle specifiche applicazioni. Inoltre vanno condotti studi accurati per stimare la quantità di accumulo di cui effettivamente necessita il sistema.

In sintesi: accumuli sì ma con la giusta attenzione ai costi pagati dai consumatori.

Dario Lucarella

Docente presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova - Consigliere di Amministrazione, RSE - Presidente IEEE-PES-Italian Chapter, Power & Energy Society

www.orizzontenergia.it

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