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Paolo VI e le Brigate Rosse

Nel trentesimo anniversario della morte di Paolo VI la rivista Oltre il muro fa una singolare ermeneutica della lettera alle Brigate Rosse.

Nel trentesimo anniversario della morte di Papa Paolo VI si sono succedute celebrazioni e incontri. La rivista di letteratura e teologia Oltre il muro, che esce in Agrigento ed è diffusa su tutto il territorio nazionale accademico, ha dedicato un saggio dal seguente titolo: <<Il papa che rinunciò alla Tiara, riformò la Chiesa e s’inginocchiò alle Brigate Rosse>>. Un titolo che giustifica l’appellativo di Magno che la rivista letteraria, prima in assoluto, gli ha attribuito per aver fatto entrare il vento rinnovatore, in un periodo storico segnato sia da cambiamenti culturali sia da resistenze all’interno della gerarchia ecclesiastica, basti pensare l’ala conservatrice che faceva capo ai cardinali Siri di Genova, Ruffini di Palermo e Ottaviani che guardavano più ad un nostalgico passato che al futuro carico di tensioni e di speranze.

Nel saggio dedicato a Paolo VI, a firma del direttore Enzo Di Natali, c’è una singolare iniziativa: una lettura ermeneutica della lettera di Paolo VI alle Brigate Rosse per la liberazione di Aldo Moro, attraverso la quale l’autore cerca di focalizzare sia gli aspetti più salienti sia l’antropologia dello stesso papa Montini.

La lettera, come sappiamo, è breve. Era nello stile di Montini l’uso breve degli interventi. Ma ogni parola esprimeva un significato profondo e scaturiva da una prolungata meditazione. Non per nulla autorevoli testimonianze riferiscono che Paolo VI si prolungò fino a notte fonda per scrivere quella ‘paginetta’ non di cose ma di profonde parole.

Il pontificato di Paolo VI era iniziato con un atto sublime da rimanere nella storia del cristianesimo. Durante il viaggio in Terra Santa non si era disdegnato d’ inginocchiarsi dinanzi al Patriarca di Costantinopoli, Atenagora I, facendo cadere ogni scomunica dopo mille anni dallo scisma con i fratelli ortodossi. In quell’indimenticabile abbraccio, le due Chiese, Oriente ed Occidente, avviarono il lento processo ecumenico nel nome di Cristo che nella preghiera sacerdotale aveva chiesto al Padre che i suoi discepoli fossero un’unica cosa. Questo pontefice, che la storia lo chiamerà Magno, non disdegnò ad inginocchiarsi di nuovo, per chiedere la liberazione dell’amico fraterno Aldo Moro nelle mani dei terroristi. Vediamo i punti salienti dell’ermeneutica della lettera, che Enzo Di Natali, attraverso la rivista Oltre il muro ha proposto ai lettori.
Mentre in tutta Italia, in quei giorni d’ingiusta prigionia, cresceva l’odio nei confronti delle Brigate Rosse e da ogni parte venivano lanciate grida per una cattura tale da far scontare una pensa esemplare da rimanere a futuro ricordo, l’anziano pontefice, esperto di umanità, nel ricordo del Cristo nell’orto del Getsemani, che aveva chiamato Giuda: ‘amico’, si rivolse a loro chiamandoli: <<uomini delle Brigate Rosse>>. Non li chiamò direttamente: ‘Brigate Rosse’, come la pubblicistica aveva fatto attraverso giornali e televisioni. Paolo VI fa precedere la sigla armata con l’appellativo ‘uomini’. È la prima osservazione che Enzo Di Natali fa emergere nel saggio dedicato al pontefice.



Paolo VI ben sapeva che gli uomini non sono categorie e nemmeno ideologie. Gli uomini sono creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio, in cui alberga l’animo e la sete del Creatore, magari cercato per vie sbagliate o per aver dato ascolto a teorie, a sistemi e ad ideologie che hanno distrutto i rapporti umani, fino alla disperazione e alla contrapposizione armata.

Altro particolare che viene messo in risalto in questo studio ermeneutico: Paolo VI inizia la lettera in questo modo: << Scrivo a voi…>>.Per due volte, ad apertura della lettera, e nel periodo successivo, papa Montini usa lo stesso verbo: scrivere, nel secondo caso per precisarne la modalità: <<scrivo pubblicamente>>, come se il contenuto, oltre ad essere conosciuto e diffuso, volesse farsi interprete di una pubblica opinione che si condivide e fa comunione con le parole del pontefice.
<<Scrivo a voi…>> esprime il desiderio del padre che cerca spazio nel cuore dei propri figli, i quali, malgrado le azioni nefaste che avevano compiuto, non hanno perduto la dignità di appartenere alla famiglia umana. Sulla lettera di Paolo VI non sono mancate interpretazioni. La rivista propone una soluzione che sembra verosimile: egli sperava ancora nella coscienza degli uomini delle Brigate Rosse. Cos’è la coscienza? Il luogo segreto, intimo, di ognuno di noi, dove agisce, nel silenzio, la grazia di Dio, e che ogni uomo, in quanto figlio e creatura di Dio possiede. Egli cercava di penetrare nell’intimo di ogni uomo,di questo uomo che fa parte delle Brigate Rosse per far esplodere la grazia di Dio.

Paolo VI aveva iniziato la lettera chiamandoli: <<uomini delle Brigate Rosse>>. Terminava il suo appello ritornando a chiamarli ancora una volta, e con insistenza, con l’appellativo di uomini, come se volesse far emergere dal loro animo il sentimento esplosivo di umanità, tanto che nutriva la speranza che nei <<loro animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità>>. Di questo sentimento di umanità, egli ne aspettava fiducioso la prova, non passivamente e nemmeno con risentimento e odio, ma con amore: <<pur sempre amandovi>>, così si rivolse alla Brigate Rosse.

Al termine del saggio dedicato a Paolo VI, Di Natali, riprendendo le tematiche ermeneutiche della lettera si chiede: <<Sappiamo tutti l’esito della vicenda di Aldo Moro. I di più criticarono negativamente l’intervento del Papa,caduto nel vuoto. Ma chi conosce le vie del Signore? C’è sempre tempo per la prova. Di certo, questo Papa, il più grande papa del II Millennio, non è venuto meno nell’amore. Aveva iniziato il suo pontificato rinunciando alla ‘tiara’,simbolo del potere temporale, per concluderlo nell’amore verso tutti. Se le Br rileggessero quella lettera!>>

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