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Oggi è l’Anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo

Che si parli dell’acqua o dell’infanzia, dell’ambiente o della bioetica, l’obiettivo è ampliare i contenuti della Dichiarazione universale. Ponendo l’accento sui popoli e sui deboli 


Quando, dopo la sua elezione, il presidente della Bolivia Evo Morales parlò del diritto all’acqua come diritto umano, inserendolo anche nel suo progetto di riforma costituzionale, la proposta sembrò rivoluzionaria.

In realtà questa concezione era già stata avanzata dai movimenti per l’acqua non solo boliviani ma di tutto il mondo. E la proposta, avanzata anche ufficialmente in sede di Nazioni Unite, si inserisce perfettamente nelle nuove generazioni di studio, elaborazione e individuazione delle necessità fondamentali sia individuali che collettive. Una nuova frontiera giuridica ed etica che molto deve al lavoro dei movimenti sociali e al dibattito filosofico e scientifico. E anche all’ascolto dei Paesi in via di sviluppo, alla loro cultura e alle loro reali necessità.

Da anni, infatti, si cerca di ampliare e modernizzare i contenuti della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ormai si parla di quattro generazioni di diritti, di cui solo le prime due comprese all’interno del documento del 1948. La terza generazione, “i diritti di solidarietà”, prevede non solo diritti “individuali” ma anche e soprattutto “collettivi”, destinati quindi alle comunità, i popoli, agli “insiemi” di persone. Le proposte sono di una modernità assoluta: si parla di diritto all’autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo, all’equilibrio ecologico, al controllo delle risorse nazionali, alla difesa ambientale. E non solo. Visto che gli aspetti di diritti di comunità diventano sempre più importanti, emerge anche l’aspetto solidaristico: ogni popolo ha delle responsabilità nei confronti degli altri popoli, in particolare nei confronti di quelli che si trovano in difficoltà.


Come nel caso dello sviluppo: molti Paesi sono in condizioni di povertà perché non sono in grado di fornire cibo a tutti gli abitanti o perché colpiti da malattie che non riescono ad affrontare per mancanza delle risorse e delle tecnologie necessarie. Da qui il dovere di solidarietà dei Paesi più ricchi, perché esistono delle responsabilità storiche (conseguenza del colonialismo o delle aree di influenza figlie della guerra fredda), e perché spesso queste diseguaglianze sono la conseguenza di sfruttamento commerciale o di speculazioni finanziarie (basti pensare alla crisi del prezzo dei cereali).

La necessità di tutelare i popoli, intesi come gruppi di individui, diventa perciò un aspetto fondamentale per chi sta cercando di ampliare l’insieme dei moderni diritti umani. Gruppi di individui a cui vanno riconosciuti dei diritti collettivi per creare le condizioni per realizzare di conseguenza i diritti individuali. Nell’insieme dei diritti di terza generazione sono inseriti anche quelli che tutelano categorie di individui, ritenute deboli ed esposte a pericoli di violazioni dei loro diritti e in particolare all’infanzia e alla donna.

Oggi è stata raggiunta anche una quarta generazione di diritti, ancora non del tutto espressa e elaborata, fondati sugli strappi, sulle accelerazioni, dello sviluppo scientifico. I diritti di quarta generazione sono quelli relativi al campo delle manipolazioni genetiche, della bioetica e delle nuove tecnologie di comunicazione. Si passa quindi dai pericoli ambientali e alla salute causati dalle biotecnologie applicate agli alimenti, ai pericoli per l’infanzia, e non solo, causati dall’accesso a internet. Questa è la frontiera, ancora inesplorata, dei nuovi diritti umani. 

left 49, 5 dicembre 2008

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