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Non possiamo prevedere un terremoto, ma potremmo prevenirlo

Voglio cominciare da una testimonianza del libro “Ju tarramutu” dell’architetto Perrotti, raccolta dopo il terremoto del 6 aprile 2009 che ha colpito L’Aquila, da esperto sottolineava: “L’allarme e la preoccupazione scoppiano dove e quando avviene il terremoto, che dimostra che sei stato uno scemo perché non hai pensato alla statica dell’edificio e alla migliore esecuzione. Spesso sono stati fatti restauri e ristrutturazioni in base all’estetica formale e non alla tenuta statica”. Purtroppo a distanza di soli tre anni in Emilia Romagna vediamo la stessa identica scena, con la fortuna che i comuni colpiti sono minori, non ci sono oltre centomila sfollati e soprattuttole vittime non sono 309.

Lascia attoniti la morte degli operai, lascia perplessi il capannone sbriciolato al suolo con accanto un capannone sano. Gli aquilani se lo sono chiesto e se lo continuano a chiedere perché case perfettamente uguali, separate soltanto da una strada, una è crollata provocando morti e l’altra è rimasta intatta.

Disturba quel giornalismo molesto con domande che hanno fatto già discutere tre anni fa, quel bussare al finestrino e chiedere banalità quando ci si aspetterebbero inchieste del tipo: chi ha costruito? Come ha costruito? Chi ha restaurato? E come ha restaurato? Chiedere a chi amministra se il patrimonio edilizio esistente è stato adeguato come previsto dalla normativa nazionale in materia sismica che dal 2000 pone il problema della revisione del vincolo sismico e della sua classificazione.

Fa rabbia sentire le dichiarazioni di esperti come Enzo Boschi ex presidente dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia: “Secondo le nostre conoscenze nella pianura padana quella registrata è la scossa di intensità più forte pensabile per quelle zone”, conoscenze che si sono già dimostrate non affidabili perché Boschi era presente quel 31 marzo come tecnico della Commissione Grandi Rischi che si riunì a L’Aquila dopo uno sciame sismico che si protraeva da mesi, con scosse che crescevano di numero ed intensità. Tutti firmarono il verbale dove si legge che il presidente della Commissione Franco Barberi dichiarò: “Non c’è nessuno strumento che possa avvisarci che ci sarà un terremoto. Non vale la pena che la Commissione grandi rischi discuta di questo […]” mentre De Bernardinis (vice di Bertolaso) dichiarava: “La comunità scientifica conferma che non c’è pericolo, perché c’è uno scarico continuo di energia, la situazione è favorevole. Questa situazione deve insegnare due cose: convivere con i territori fatti in questo modo, cioè a rischio sismico, mantenere uno stato di attenzione senza avere ansia”.

L’ingegnere Rui Pinho sostiene che Stati Uniti, Giappone, Nuova Zelanda sono Paesi a elevata pericolosità sismica, come Italia, Grecia e Turchia, nel senso che ci sono frequentemente terremoti di intensità elevata. Però questi primi tre Paesi non hanno un rischio elevato, proprio perché le loro strutture sono ben progettate e costruite, contrariamente a quanto succede negli ultimi tre.

Il 17 ottobre 1989 a San Francisco un tragico e devastante terremoto distrugge la città. Dopo quell’evento gli Stati Uniti si sono guardati attorno e hanno pensato che il Giappone poteva insegnare loro qualcosa. Lo Stato nipponico ha redatto a livello governativo sei punti focali per la prevenzione/organizzazione contro i terremoti:

- Informativa di prevenzione su larga scala (volantini, manuali, documentazione)

- Strutture preorganizzative e visibili di cartellonistica di percorsi di emergenza

- Pianificazione dettagliatissima delle evacuazioni post sisma

- Strutture globali (abitazioni, tubature cavi elettrici) antisismici

- Kit di sopravvivenza in uffici e case

- Esercitazioni cicliche antisisma

Questo manuale eccelle nella semplicità e completezza ed è stato copiato in Canada, Usa e Paesi Scandinavi come esempio di eccellenza organizzativa. Dopo L’Aquila, in Italia di questo manuale non si è mai discusso!

La Protezione Civile continua ad intervenire a catastrofe avvenuta ed il Governo dei tecnici decide che lo Stato non si accolla più le spese dei disastri delle calamità naturali: potrebbe essere anche giusto, ma in un Paese dove esiste la responsabilità civile della politica, in un Paese dove i reati non prescrivono.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.208) 23 maggio 2012 15:04

    I terremoti non si possono prevedere perché sono eventi le cui variabili in gioco sono pressoché infinite . L’italia è suddivisa in quattro zone che indicano diverse probabilità di eventi sismici a decrescere dalla 1° (alta probabilità) alla 4° (bassa o nulla probabilità) . L’Emilia Romagna rientra nella 4° .Uno dei fattori preponderanti che determinano la classificazione sismica di una zona è la sua storicità ,ossia ciò che è successo nel passato a memoria d’uomo . E qui casca l’asino perché l’esistenza umana (soprattutto scientifica) è un battito d’ali su scala geologica ,ergo vale poco o nulla .

    L’architetto sa benissimo che le normative tecniche sulle costruzioni in materia sismica(ovviamente non riferibili ai centri storici) sono cogenti e puntuali sia per la scelta dei materiali che per i controlli esecutivi dell’opera .Ovviamente nel caso specifico dell’Emilia i capannoni di recente costruzione crollati magari rispettavano la classificazione sismica ,ossia la norma ,purtroppo però il bug era proprio nella classificazione che si è dimostrata inadeguata .Le travi in c.a. uscite dalle forcelle dei plinti sono un esempio di progettazione non adeguata alle accelerazioni al suolo che si sono manifestate .

    Perché tutto questo ? Perché in Italia vige la cultura del maggior risparmio piuttosto che quella della maggior sicurezza .Sarebbe stato sufficiente dichiarare tutto il territorio zona sismica cat 1 e imporre le condizioni più restrittive(con relativo controllo) .Ovviamente questo comporta aggravi nei costi delle opere.

     

  • Di (---.---.---.46) 24 maggio 2012 05:47

    Chiese lesionate?Paghi il Vaticano. Come paghino le comunita’ che vanno in chiesa. E se le comunita’ ebraiche continuano ad appoggiare la loro cultura bancaria, paghino anche per lo stato di usura in cui siamo in Italia, in Europa e negli Usa. (Esempio Goldman & Sachs) ma non solo, sono prima di tutto opzioni di finaziamento e lavoro ebraico. La banca mondiale, il fondo monetario, le borse, anche queste ebraiche. Eppoi i musulmani, stiano a casa loro e si risolvano i loro problemi senza andare in giro con pretese tipo sharia o esportazione di cultura. Basta con le menzogne, ognuno pensi alla propria politica, e se monoteisti, aggiungo, invadente. Espe Diente.

  • Di Geri Steve (---.---.---.66) 27 maggio 2012 01:28

    Che i terremoti non si possano prevedere è un mantra che l’INGV ci ripete in continuazione, mentre dall’altra parte ci sono sempre stati i ciarlatani che giurano sulle previsioni meno comprovate di questo mondo.

    Il fatto è che l’INGV è dominato da decenni da fisici sismologi, che poco o niente ci capiscono di modelli geologici. E’ soltanto all’interno di uno di questi modelli che si può avvertire e misurare l’accumulo di energia che precede la rottura di una faglia, e questo permetterà la previsione con il margine di pochissimi giorni. Ma questo non avverrà in Italia, dove si ripete che la previsione non è possibile e la ricerca geologica è carente.

    Altri segnali, come il rilascio di radon di cui tanto si è parlato, sono importanti, ma saranno decisivi soltanto all’interno di un modello per quello specifico terremoto, all’interno di un modello geologico di quella specifica zona.

    Aggiungerei che tutte (proprio tutte!) le faglie note sono attive e che non si è mai (!) vista l’attivazione di una faglia nuova. Questo non significa che il problema della previsione sia facile, ma ci garantisce che il problema è molto ben circoscritto.

  • Di paolo (---.---.---.113) 27 maggio 2012 11:21

    Geri , se mi dici che un fisico che al max ha sostenuto un esame di geologia (per es. è il mio caso),non sia il massimo per trattare di sismologia sono d’accordo con te .

    Però ti faccio notare che il prof. Boschi è si laureato in fisica ma poi si è dedicato a tempo pieno con un curriculum accademico di tutto rispetto alle scienze della terra(geotermia ,sismologia e geologia).Quindi penso che i modelli geologici siano il suo pane quotidiano.
    Credo che meglio di una preparazione di base in fisica per trattare di tensioni elastiche e di accumuli di energia poco ci sia .Chi ci volevi mettere un chimico ?
    Ti faccio inoltre notare che ,almeno ai miei tempi non so nel frattempo cosa sia cambiato,gli studenti di scienze naturali o geologia sostenevano gli esami di fisica (è vero con molta più comprensione da parte dei docenti) presso la facoltà di Fisica .

    Il problema non sta nella stima probabilistica che possa avvenire un evento sismico in determinate aree della terra ,come tu dici a mappatura ben conosciuta ,il problema è che non esiste sistema di rilevamento o un algoritmo che dia una una probabilità cosi’ elevata da rientrare in una stima previsionale utile ossia in un range ragionevole di tempo . Ai fini pratici bisognerebbe parlare al max di qualche settimana o un paio di mesi , anche perché la latenza dei fenomeni di scarico dell’energia elastica può durare decenni se non secoli .

    Tutti ci aspettiamo il Big one sulla faglia di Sant’Andrea in California ,ma sul quando è tutta un’altra storia. Ultimi terremoti avvenuti nella zona :1857 , 1906 ,1989 ,le stime davano una previsione nel 1993 e invece è avvenuto nel 2004 ,undici anni dopo .
    Sul radon come indicatore alcuni ci stanno già investendo ma è tutto ancora da dimostrare ai fini pratici (per es. per ordinare una evacuazione ) .E’ inutile che il rilascio massivo avvenga durante l’evento ,comunque è una possibilità ,vedremo.

    L’unico modo per ovviare ai terremoti è costruire strutture dinamicamente assorbenti (sul modello Giappone),rispettare le leggi e le prescrizioni in materia (tutt’ora ampiamente disattese) e dichiarare tutta la penisola a rischio sismico di cat 1 .
    Purtroppo per i centri storici la battaglia è persa in partenza , ma che crollino capannoni costruiti dieci anni fa è roba da vergognarsi .
    ciao

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