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Noi, Giorgio Bocca, la mafia e la politica

A molti, anzi a tutti i meridionali è capitato qualche volta (più probabilmente molte volte) di andare in un bel parcheggio non a pagamento e trovare il famoso “posteggiatore”, che ti indica gentilmente dove parcheggiare, ti aiuta nella manovra e promette di badare alla macchina e di stare attento che nessun delinquente tenti di rubarla. Così noi (anche io) ci allontaniamo, facciamo quello che dobbiamo fare e quando torniamo paghiamo 50 centesimi o un euro (l’ultima volta anzi il tizio mi ha proposto una vera e propria tariffa a seconda del tempo che stavo lontano dalla macchina) al simpatico parcheggiatore. Tecnicamente tutto ciò si definisce estorsione o pizzo, ma, non so a voi, a me viene automatico, quando il parcheggiatore mi ringrazia, rispondere con un “di nulla” o un “grazie a lei” o un “prego” (che vuol dire: ti prego di non ringraziarmi). Se non si trattasse di un reato a cielo aperto, la situazione sarebbe comica, visto che ringraziamo chi ci deruba.

 

Ora, si capisce che tutti quelli che pagano questo pizzo (anche io) non sono criminali ed anzi spesso possono anche essere persone onestissime, che non hanno mai commesso un reato in vita propria. Tuttavia, nessuno di fronte al parcheggiatore si rifiuta di pagare, perché, in sostanza, ha paura. Paura del parcheggiatore e paura di come possa trovare la macchina dopo essere tornato, se la trova. Per quanto ci si ostini a dire che l’Italia, e specialmente il Sud, non è solo mafia, la verità è che quotidianamente ci scontriamo con una realtà mafiosa. Dire “mafioso” è diverso, molto diverso da dire “criminale”. Perché la mafia è un’organizzazione e ciò si capisce immediatamente quando il parcheggiatore ti chiede il pizzo e a venti metri c’è un gruppo di carabinieri. Non sto parlando di un fatto fantasioso, ma della pura realtà. A me è successo qualche giorno fa, ma sono sicuro che a tutti i meridionali sia successo spesso. I carabinieri che si trovano a venti metri sanno benissimo, e non potrebbe essere altrimenti, che di fronte al loro naso fioccano molteplici reati di estorsione. Sanno benissimo che c’è un delinquente che si fa pagare minacciando, più o meno esplicitamente, gli automobilisti. Sanno tutto benissimo, eppure non si muovono di un metro.

Allora la cosa più immediata che verrebbe da fare, se ci si trovasse in un Paese non mafioso, sarebbe andare dai carabinieri e dire: “Ma voi sapete che lì c’è uno che chiede il pizzo per posteggiare?” Chi vive in un posto in cui la legge ha valore e vigore probabilmente non avrebbe esitazioni e si rivolgerebbe al carabiniere con la pretesa di far cacciare quel delinquente. Ma se vivi qui al Sud, la situazione è diversa. Tu sai che loro sanno senza dubbio che lì c’è un delinquente. Sai quindi che se avessero voluto fare rispettare la legge, l’avrebbero già fatto. Se l’estorsore è lì, vuol dire che i carabinieri non hanno nessuna intenzione di mettersi contro di lui, di far rispettare la legge. Allora, ancora una volta, hai paura. Hai paura anche a chiedere spiegazioni ai carabinieri: che ne sai se loro non si sono messi d’accordo precedentemente col parcheggiatore? Se non si muovono, è solo perché hanno paura (anche loro) o perché hanno un interesse e sono in combutta col parcheggiatore? Il risultato è che tu non ti ribelli al parcheggiatore, non chiedi niente ai carabinieri e taci. E hai paura.

Naturalmente non succede sempre questo. Ogni tanto qualcuno parla. Una decina di giorni fa Giorgio Bocca ha pubblicato su l’Espresso l’articolo “Quanti amici ha Totò Riina”, che ha scatenato un putiferio di polemiche. Cosa diceva di così scandaloso Bocca? Semplicemente che la mafia ha avuto nel passato e ha tuttora rapporti più o meno amichevoli con lo Stato e con chi lo rappresenta, ovvero politici (l’ex sindaco di Palermo Ciancimino, per citarne uno di tanti) e spesso anche forze dell’ordine, come è stato comprovato da diversi processi (chi vuole maggiori dettagli su tali processi può leggere uno degli ultimi articoli di Travaglio). In particolare, Bocca scrive molto chiaramente ciò che noi abbiamo sempre di fronte ai nostri occhi: “i carabinieri, come la mafia, non sono qualcosa di estraneo e di ostile alla società siciliana, fanno parte e parte fondamentale del patto di coesistenza sul territorio, di controllo del territorio condiviso con la Chiesa e con la mafia... I carabinieri, specie quelli che arrivano da altre provincie, sanno che la loro vita è appesa a un filo che un colpo di lupara può raggiungerli in ogni vicolo, in ogni tratturo. Non è naturale, obbligatorio che si creino delle tacite regole di coesistenza o di competenza?” Questa frasi, tuttavia, hanno scatenato una reazione violenta da parte dei politici, che si sono precipitati a difendere l’Arma dei carabinieri e il suo valore, come se Bocca avesse detto che tutti i carabinieri sono criminali e non ci sono mai stati carabinieri che si sono impegnati contro la mafia.

Anche senza conoscere Bocca, che è un esperto conoscitore della mafia, leggendo l’articolo a nessuno può venire mai in mente che il giornalista si riferisse indistintamente a tutti i carabinieri. Eppure molti politici hanno creduto o hanno fatto finta di credere ciò. Delle due l’una: o i politici non sanno leggere o fanno finta di non saper leggere. A questo punto, speriamo che non sappiano leggere, perché se fanno finta vuol dire che hanno solo cercato un pretesto per attaccare uno che aveva osato alzare la voce sopra il coro di stupide dichiarazioni sulla mafia. Il fatto che ci siamo ridotti a sperare che chi ci governa sia analfabeta non è proprio confortante.

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