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Myanmar, Aung San Suu Kyi minimizza la pulizia etnica ai danni dei rohingya

Un discorso deludente, quello della leader birmana e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Un mix di mezze ammissioni, affermazioni non veritiere e persino di accuse ai rohingya, la minoranza che sta subendo una vera e propria pulizia etnica.

Alla fine, ha parlato, intorno alle 5 di ieri mattina.

Un discorso deludente, quello della leader birmana e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Un mix di mezze ammissioni, affermazioni non veritiere e persino di accuse ai rohingya, la minoranza che sta subendo una vera e propria pulizia etnica.

Dalla negazione alla minimizzazione, il passo avanti è davvero scarso. Silenzio sullacampagna di terra bruciata che le forze di sicurezza di Myanmar stanno portando avanti nello stato di Rakhine. Dichiarazioni baldanzose secondo cui il governo di Myanmar non ha nulla da temere dallo scrutinio internazionale, mentre lo stesso governo ha ripetutamente detto che non coopererà con la Missione di accertamento dei fatti istituita quest’anno dalle Nazioni Unite.

Sulla questione dei rifugiati fuggiti in Bangladesh (in meno di un anno più di quanti ne sono arrivati in Europa nel 2016!), Aung San Suu Kyi ha dichiarato la disponibilità del governo a organizzarne il rientro. Ma dove, se le loro terre e le loro case sono state saccheggiate e date alle fiamme? E con quali prospettive, in un paese che non li riconosce come cittadini e che ostacola l’accesso dei rohingya alle cure mediche e ad altri servizi essenziali?

In definitiva, di fronte a una delle più virulente campagne militari contemporanee e a una crisi umanitaria tra le più gravi al mondo, Aung San Suu Kyi continua a nascondere la testa sotto la sabbia. Da una Nobel per la pace privata per quasi 20 anni della libertà personale sarebbe stato lecito attendersi, anziché l’esercizio della politica dello struzzo, parole convinte in difesa dei diritti umani.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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