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Mondiali di calcio: cuore e lacrime. La Corea sfiora l’impresa. Elano e Maicon trascinano il Brasile

 
Il simbolo di questa partita è tutto nelle lacrime di Jong Tae-Se, che piange come un bambino sulle note dell’inno nazionale. E’ il simbolo di una Corea colma d’emozione e di voglia di stupire.
 
C’è voglia di fare la grande impresa.
 
Tutti si aspettavano che i giocatori coreani difendessero stile “catenaccio”, ma nessuno pensava lo facessero così bene.
 
Il Brasile viene completamente chiuso, Kakà circondato non appena tocca palla e i cross neutralizzati senza difficoltà. Solo al 7’ i brasiliani arrivano al tiro, ma lo fanno da fuori area prima con Elano, poi con Robinho.
 
Ma i coreani non si limitano a stare a guardare. Il loro è un perfetto “difesa e contropiede”, neanche fossero guidati dal più irriducibile mister italiano vecchio stampo. Almeno un paio di volte mettono i brividi ai carioca. Bastos e Robinho coprono bene la fascia destra, quindi le offensive coreane si indirizzano al centro e sulla sinistra, dove Maicon è costretto a difendere. Tuttavia sono solo un paio di giocatori della Corea che si spingono in contropiede, al massimo tre, ma quando partono in velocità possono fare davvero male.
 
Irriconoscibile Kakà (o forse fin troppo riconoscibile per i tifosi del Real), chiuso su ogni iniziativa e anticipato su ogni pallone. Qualche guizzo di Robinho non basta per rendere il Brasile veramente pericoloso. La squadra di Dunga, pericolosa soprattutto in contropiede, non trova spazi contro una formazione corta e compatta, e si affida ai cross per la testa di Luis Fabiano.
 
Al 20’ un traversone di Maicon si trasforma in un tiro insidioso che si spegne però sul fondo.
 
Nel finale è un vero assedio brasiliano, che non riesce a rompere il muro coreano.
Le squadre vanno al riposo sul punteggio di 0-0. Dunga sente già le urla della stampa brasiliana.
 
La Corea crede nell’impresa, il Brasile spera di svegliarsi da un incubo e parte in quarta. Dopo nemmeno due giri d’orologio Fabiano manca una clamorosa occasione da gol, sbagliando lo stop in piena area coreana. Per nulla convincente la sua partita. Per uno che punta al mondiale e al titolo di capocannoniere serve di più, molto di più.
 
Ancora pessimo Kakà, a tratti ridicolo, un po’ per la brutta condizione fisica, un po’ per l’asfissiante pressing coreano. Le palle utili giocate dal numero dieci brasiliano si contano sulle dita di una mano, rallenta l’azione anziché velocizzarla. E’ chiaro che quello del Milan è oramai solo un lontano ricordo.
 
Al 50’ il Brasile conquista una punizione in posizione ravvicinata, Bastos prende la rincorsa e scarica con potenza un tiro di collo pieno che esce a pochi metri dal palo difeso da Ri Myong-Guk. La sensazione è nitida: basterebbe un solo gol del Brasile per far crollare il castello di carte coreano. E il gol arriva. Alla fine il Brasile riesce a far valere la tecnica superiore e l’enorme differenza di fisicità fra le due squadre.
 
Elano innesca la corsa di Maicon sulla fascia. Il terzino dell’Inter, a pochi metri dalla porta ma in posizione nettamente defilata, lascia partire un destro micidiale che s’infila fra il palo e i guantoni del portiere coreano.
 
Il Brasile in vantaggio ora si sblocca e sembra non esserci più storia. A tratti si rivede il bel gioco brasiliano, grazie alle strepitose giocate di Robinho, ma soprattutto a un infaticabile Bastos che si cimenta in un paio di percussioni davvero niente male.
 
Al 72’ il Brasile raddoppia. Passaggio filtrante millimetrico di Robinho a pescare il fulmineo inserimento di Elano che brucia il terzino coreano e appoggia in rete senza troppi problemi.
 
C’è anche tempo per due esperimenti per la formazione carioca: Maicon e Dani Alves provano a giocare assieme, sulla stessa fascia, l’uno come terzino di spinta e l’altro più alto a centrocampo.
 
Poi Dunga prova Nilmar, che conferma la fiducia del tecnico con una buona prestazione. Quando tutto sembra ormai finito, si risveglia l’orgoglio coreano. La volontà compensa la tecnica e negli ultimi minuti arriva il gol di Ji Yun-Nam. Molto più di un semplice gol della bandiera.
 
E’ un gol storico per l’attaccante coreano e per tutta una nazione, come testimonia l’esultanza senza freni dei giocatori in maglia rossa.
 
Il fischio finale arriva dopo un finale di speranza per i coreani e quasi di timore per il Brasile.
 
Lezioni di calcio la Corea non può certo darne, tantomeno al Brasile sei volte campione del mondo, ma la volontà messa in campo dagli uomini di Kim commuove, come le lacrime di Jong Tae-Se.
 
Certo, vedere il Brasile costretto dalla Corea a guadagnare tempo nel finale non ha prezzo.

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