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Missione Aspides. L’Italia in guerra contro gli Houthi. Cosa succederà ora?

Faro di Roma. Missione Aspides. L’Italia in guerra contro gli Houthi. Cosa succederà ora?

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Da giorni l’Italia prende parte alla missione Aspides, per tutelare gli interessi commerciali occidentali nel Mar Rosso difendendo le navi che transitano su questa rotta dagli attacchi dei filo-palestinesi Houthi. Il giornalista e attivista per la pace Antonio Mazzeo analizza con noi la situazione, evidenzia le criticità e prospetta i rischi e le contraddizioni che questo intervento militare contempla.

E’ necessario attendere le posizioni pacifiste sulla vicenda Aspides
La missione Aspides viene annunciata nel febbraio 2024, in contrapposizione alla minaccia degli Houthi, un gruppo guerrigliero yemenita che controlla la regione di Taiz e che ha iniziato ad attaccare i mercantili in rotta sul Mar Rosso – ufficialmente solo quelli battenti bandiere di Israele e di paesi alleati di Israele – in solidarietà con la causa palestinese. L’obiettivo della missione Aspides – approvata ufficialmente dal Parlamento il 5 marzo – è proteggere e tutelare i mercantili dell’Unione Europea da possibili aggressioni militari, con un mandato ufficiale strettamente difensivo, limitato alla sorveglianza e al pattugliamento. L’Italia è stata scelta per partecipare alla missione grazie al suo ruolo di portaerei atlantica nel Mediterraneo e alla sua esperienza nel Mar Rosso.

La missione Aspides decisa dall’Unione Europea contro gli attacchi degli Houthi
La vicenda Aspides è una situazione pericolosa e delicata accesa dalla missione decisa dalla Unione Europea contro gli attacchi degli Houthi alla navigazione commerciale: vorremmo che, prima di prendere una decisione, si ascoltino le posizioni, più che pacifiste, di semplice buon senso. Come si evince da un recente appello sottoscritto e promosso da Disarmisti Esigenti, Wilpf Italia e altri.

Aspides annunciata contro il gruppo guerrigliero yemenita degli Houthi
La missione Aspides viene annunciata nel febbraio 2024, in contrapposizione alla minaccia degli Houthi, un gruppo guerrigliero yemenita che controlla la regione di Taiz: attaccano i mercantili in rotta ufficialmente solo quelli diretti contro i porti israeliani in solidarietà con la causa palestinese.

L’obiettivo di Aspides: proteggere i mercantili dell’Unione Europea
L’obiettivo della missione Aspides è quello di proteggere e tutelare i mercantili dell’Unione Europea da possibili aggressioni militari, con un mandato ufficiale strettamente difensivo, limitato alla sorveglianza e al pattugliamento. L’Italia è stata scelta per partecipare alla missione grazie al suo ruolo di portaerei atlantica nel Mediterraneo e alla sua esperienza nel Mar Rosso.

Missione con Italia, Germania, Francia e Belgio
La missione, in base alle informazioni di cui disponiamo, sarà composta da una nave italiana (Caio Duilio), una fregata tedesca, una francese e una belga. La Spagna si è defilata, mentre Olanda e Danimarca sono coinvolte dietro le quinte nei bombardamenti inglesi e americani in Yemen.

Aspides rappresentata come avamposto importante per la tutela dell’Unione Europea
La missione Aspides è stata presentata dai poteri forti come un avamposto fondamentale e importante verso una difesa comune dell’UE, come sottolineato dall’Alto rappresentante Josep Borrell e supportato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

I pacifisti ripudiano la guerra e quindi questa ambigua avventura guerresca
Ma, in accordo e sinergia con l’atteggiamento pacifista del popolo italiano in maggioranza, che ha interiorizzato il principio costituzionale del ripudio della guerra, crediamo che non sia il caso di imbarcarsi in questa ambivalente avventura bellica e missione guerresca.
La flotta degli Stati Uniti ha sparato diversi colpi contro gli Houthi
La storia recente dice che, dall’escalation Houthi a novembre, la flotta statunitense, con la “Prosperity Guardian”, congiunta con Regno Unito, ha dovuto sparare centinaia di missili anti-missile, bruciando con ogni tiro fra i 2 e i 4 milioni di dollari. Un vero e proprio dissanguamento economico.
Un esborso di miliardi di dollari


Solo per muovere i battelli, manutenerli e far volare gli aerei, gli statunitensi hanno già sprecato miliardi di dollari. Il Pentagono qualche giorno fa ha dichiarato di aver lanciato più di 230 raid aerei sullo Yemen assieme al Regno Unito.

Le spese di contrasto ricadono sui paesi europei
Siccome il budget di Aspides è limitato a 8 milioni di euro, le spese di contrasto alla minaccia saranno scaricate sui Paesi europei che si avventurano in una missione irta di difficoltà e sperequazioni: i tempi di reazione concessi ai marinai sono stringatissimi; fra i 9 e i 15 secondi per discriminare la minaccia e 90 secondi fra il lancio del missile e il potenziale bersaglio, tenendo presente che gli attacchi sono complessi, perché abbinano droni aero-navali e missili.

Anche l’Italia potrebbe schierare molteplici armamenti
Ecco perché, oltre ai radar e ai sonar delle navi, serviranno assetti aerei, che l’Italia e altri potrebbero schierare.
Chiediamoci che cosa succederebbe se una nave militare occidentale fosse colpita dai guerriglieri yemeniti. Cambierebbero le regole di ingaggio, con il rischio di un’escalation del conflitto mediorientale, paventata da tutti?

L’Europa si delinea come potenza marittima e non contro la guerra per il cessate il fuoco
Con Aspides scopriamo allora un’Europa sorprendente, che si delinea come potenza marittima, assecondando le linee guida della strategia navale del 2014, aggiornata l’anno scorso e focalizzata dal 2022 anche sull’Oceano. Invece di concentrarsi sul cessate il fuoco, sul sostegno di un negoziato e di una diplomazia inclusivi, si preferiscono la contrapposizione, il rischio e la guerra.
Nel frattempo si continua a bombardare nello Yemen. Ma quanto potrà durare questo “momento” in condizioni così confuse, aleatorie e precarie?
E gli Houthi ce lo hanno detto chiaro e tondo: il coinvolgimento dell’Italia nella missione potrebbe renderla bersaglio degli attacchi e causare un’escalation.
Gli Houthi agiscono per iniziativa propria, ma sono riforniti da un Iran schierato in uno scontro di potenza regionale.

Occorre evitare questa ambigua avventura guerresca e invece concentrarsi sulla risoluzione del genocidio a Gaza
Per farla breve, allora, cosa suggerirebbe il buon senso di chi non vuole ricorrere a interventi armati a protezione della nostra navigazione commerciale? La cosa sembra semplicissima: non partecipando ad Aspides, sposare sul serio la causa della pace nel conflitto israelo/palestinese con misure concrete a partire, ad esempio, dal riconoscimento dello Stato di Palestina e la ripresa del sostegno finanziario all’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente.

Alcune dichiarazioni di Antonio Mazzeo dopo il voto alla Camera del 5 Marzo 2024
Il voto favorevole bipartisan alla “missione di pace” nel Mar Rosso segna un ulteriore passo verso il coinvolgimento del nostro paese in un conflitto, quello in atto nell’area mediorientale, che rischia di portare l’umanità all’orlo del baratro della guerra mondiale globale, come se già non bastasse la belligeranza italiana nel teatro russo-ucraino. Già il nome “Aspides” assegnato alle operazioni della flotta aeronavale UE (in verità subalterna alla controffensiva anti-Houthi e anti-Iran di Stati Uniti d’America e Regno Unito) ne enfatizza la pericolosissima ambiguità.
Aspides viene presentata come un’operazione meramente difensiva, uno “scudo” (dal greco aspis) contro gli attacchi alle navi mercantili e alle petroliere che attraversano il Mar Rosso dirette al Mediterraneo; ma aspides è anche il velenosissimo cobra egiziano, venerato e temuto nella religione dell’antico Egitto. Pertanto un’operazione dual: da una parte ci si difende dalla “pirateria” (la falsa narrazione con cui si delegittima un’entità politico-militare, quella Houthi, che ha il controllo di buona parte dello Yemen, ma scomoda per gli interessi delle transnazionali dell’energia fossile e dei suoi principali alleati regionali, la petrolmonarchia saudita e gli Emirati Arabi); dall’altra si è pronti a sferrare un attacco mortale contro il “nemico”, oggi gli Houthi, probabilmente domani l’Iran.
In verità è in atto un’altra grande mistificazione per giustificare l’ennesima operazione di guerra delle nostre forze armate, in palese violazione delle norme costituzionali e dello stesso diritto internazionale (non dimentichiamo che ad oggi le Nazioni Unite non hanno assunto qualsivoglia posizione in merito all’escalation bellica in Mar Rosso). Le operazioni USA e britanniche che hanno dato il via all’intervento italiano e UE nella regione sono state determinate dall’esigenza di fornire una copertura (qui si che c’è lo “scudo”) al genocidio israeliano contro la popolazione palestinese di Gaza, dopo il 7 ottobre 2023, fornendo una “difesa” alle spalle di Tel Aviv da eventuali controffensive Houthi alle unità navali coinvolte nel riarmo di Israele. L’Italia ne era perfettamente consapevole e già il 19 dicembre 2023, cioè una ventina di giorni prima dall’attacco con missili e droni scatenato in Yemen da Washington e Londra, il ministro Guido Crosetto si era sentito telefonicamente con il segretario alla difesa Llyod Austin, per assicurare il pieno sostegno italiano alla decisione USA di “militarizzare” il Mar Rosso.
“L’Italia farà la sua parte, insieme alla comunità internazionale, per contrastare l’attività terroristica di destabilizzazione degli Houthi, e per tutelare la prosperità del commercio e garantire il diritto internazionale”, dichiarava il ministro Crosetto dopo il colloquio con Austin. “E’ necessario – ha aggiunto il ministro che è cofondatore con la Meloni di FDI ed era presidente del ramo armi di Confindustria – aumentare la presenza nell’area al fine di creare le condizioni per la stabilizzazione, evitare disastri ecologici e prevenire, inoltre, una ripresa della spinta inflazionistica”. Affermazioni chiare e nette, una vera e propria dichiarazione di guerra in nome del libero commercio così come si faceva ai tempi delle campagne coloniali, che ha bypassato del tutto il Parlamento. Ieri le Camere hanno “sanato” il folle protagonismo bellico del complesso militare-finanziario ed energetico nazionale, schiacciandoci ancora di più verso un’economia di guerra che ha già impoverito milioni di persone nel nostro paese e nell’intero continente europeo.

Laura Tussi

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Attilio Runello (---.---.---.153) 17 marzo 19:23

    Purtroppo le situazioni in Ucraina e in Israele non sono facili da gestire. Le soluzioni proposte nell’articolo ( riconoscimento dello stato palestinese) ci renderebbero difficili i rapporti con Israele - come già sono difficili quelli con la Russia) e non fermerebbero l’operazione militare israeliana nella striscia. Non credo che a monte ci sia una strategia precisa da parte dell’Unione. Si prendomo le decisioni quando si presentano i problemi. Di solito li si prende insieme agli alleati. Nessuno è contento delle sanzioni alla Russia, del non prendere più il gas dalla Russia. Si è cercato per anni negli incontri di Minsk di trovare soluzioni diplomatiche Nessuno è contento dell’operazione militare di Israele a Gaza. Anche gli Stati Uniti hanno cercato di fare pressione sul governo israeliano per farli desistere. La situazione creatasi nel mar Rosso è una conseguenza da cui noi ancora una volta ne subiamo le conseguenze. La rotta di Suez avvantaggia molto i porti italiani. Se i mercantili circumnavigano l’Africa i porti italiani sono tagliati fuori. Negli ultimi venti anni le operazioni militari che ci hanno coinvolto sono tante Ma non abbiamo partecipato sempre attivamente a tutte Per esempio nella lotta all’Isis - della cui pericolosità ci siamo dimenticati - abbiamo avuto un ruolo di basso profilo. In Afghanistan la lotta a Bin Laden la hanno portata avanti gli americani. La sua sconfitta ha fatto cessare gli attacchi terroristici in Europa e in America. Ce li siamo dimenticati? Gli Houthi sono insorti contro il governo legittimo. Una alleanza araba li combatte da anni. E noi non volevamo vendere le armi ai paesi coinvolti in questo conflitto ( movimento 5 stelle).

  • Di Attilio Runello (---.---.---.97) 17 marzo 19:47

    Purtroppo non si tiene mai abbastanza presente che più della metà degli stati che fanno parte delle Nazioni Unite non sono reali democrazie. Anche fra i paesi democratico diversi hanno situazioni interne che richiedono il pugno duro. Parte del territorio colombiano è in mano ai narcotrafficanti. Quello che succede ad Haiti è sotto gli occhi di tutti. Molti paesi africani non hanno il controllo del territorio per intero. Boko Haram imperversa E non solo loro. Se assumiamo un atteggiamento massimalista per cui: con le dittature non si tratta, ai paesi in guerra non vendiamo armi, rifiutiamo rapporti con i paesi che non applicano i diritti umani, ecc ci isoliamo e ci tagliamo fuori dai due terzi del mondo. Diritti umani? L’omosessualità in quasi tutti i paesi africani, in quelli mussulmani è un reato punito con la prigione. Chiudiamo le ambasciate dappertutto? Ci vuole un sano realismo nel gestire i rapporti internazionali. Tutti i governi recenti hanno proclamato europeismo e atlantismo. Compreso Draghi. Atlantismo vuol dire schierarsi con gli Stati Uniti. Poi quando lo facciamo come in Ucraina allora piovono le critiche.

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