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Miseria meridionale: il paradigma di uno Stato assente

Ciò che è successo a Rosarno ha messo in evidenza non solo il problema dello sfruttamento e delle condizioni inumane di molti immigrati, ma anche le politiche economiche sbagliate o assenti che, nel Sud, insieme ad uno stato di diritto a macchie di leopardo, hanno fatto terra bruciata, ruralizzando una parte dell’Italia.

Era una mattina di primavera del 1991 quando uscimmo dalla casa di amici, dove eravamo stati ospiti per qualche giorno, in giro per le strade sembrava esserci quella solita calma dell’alba che ogni tanto viene rotta dai rumori delle prime macchine che segnano il risveglio della città alla solita vita diurna. Tutto ad un tratto ci siamo trovati lungo la strada principale, dove erano accalcate centinaia di immigrati di colore. La realtà di quella cittadina, Rosarno, dove mi trovai di passaggio, era la lampante prova che in Italia c’era un problema da risolvere, ma verso il quale nessuno sembrava fare niente. La cosa si è eclissata nella mia memoria, anche perché una volta lasciato il profondo sud, lì non ci sono più tornato.

 

Tuttavia questo particolare mi è tornato inevitabilmente in mente quando ci sono stati gli spiacevoli disordini nella cittadina calabrese, facendomi pensare a ciò come una triste storia italiana presa a paradigma di un intero fenomeno.

Tra tutto quello che è stato detto nella vicenda, ho trovato alcune cose fuori luogo e inadatte alla risoluzione del problema, tra le quali quella detta dal Ministro degli Interni, che ha affermato che bisogna usare tolleranza zero verso gli immigrati irregolari.

Come se fossero loro quelli che tengono in scacco l’intero sud con una rete di racket che si estende dal Lazio meridionale in giù quasi ininterrottamente fino all’estrema punta della Sicilia, congelando de facto tutta l’economia del meridione, riducendola ad un’economia di sussistenza e di asservimento dell’intero sistema agli affari privati delle cosche mafiose.

Sarebbe stato utile avere tolleranza zero verso tutte le mafie che immobilizzano interi territori, privandoli dello stato di diritto e di legittimo sviluppo!

Un mondo, il Sud, dove mancano reali poli industriali ramificati, eccetto casi sporadici che lentamente spariscono per sopravvenuto trasferimento della produzione all’estero, dove l’economia anziché crescere muore sempre più, che perde il suo capitale umano anno dopo anno a vantaggio del nord, ma ora sempre più per altri paesi esteri.

Periti industriali ed ingegneri che non sanno che fare del loro titolo, visto che mancano le industrie, periti agrari e agronomi che hanno visto il meridione diventare sempre più un luogo dove investire nell’agricoltura è sempre più controproducente, dato che lo Stato non ha saputo, o meglio si è letteralmente disinteressato nello sviluppare quella che lì era l’unica risorsa alternativa all’industria. Quando qualche settimana fa nella puntata di Annozero, dedicata alla “rivolta” di Rosarno, un piccolo imprenditore ha accusato lo Stato di aver abbandonato l’agricoltura del sud, non ha fatto che dire la triste, nuda e cruda verità.

Per non parlare poi dei diplomati o laureati in campo economico; ed a questo riguardo c’è una nota curiosa che ha suscitato il mio interesse: qualche tempo fa parlavo con un amico sindacalista che mi ha fatto presente di come alcune aziende ricorrano a ditte esterne cinesi o indiane specializzate in contabilità aziendale, ma sicuramente con preziosi “agganci” in Italia, per farsi tenere la contabilità, e tutto questo nel profondo Sud.

Le succitate parole del ministro hanno dato la più palese dimostrazione di quanto la politica italiana ignori quali siano i reali problemi dell’Italia e che il Sud è abbandonato a se stesso, spesso con amministrazioni colluse e conniventi con organizzazioni criminali, ma anche soprattutto vere e proprie gestioni in chiave privata della cosa pubblica comunale.

Inoltre, la perniciosa diffusione del racket impedisce che imprenditori volenterosi impiantino le loro piccole medie attività sul territorio, viste le vessazioni a cui sono sottoposti quelli attuali.

È triste sentire che imprenditori che consegnano più del 50% a conti fatti al fisco, debbano pure pagare il pizzo, a rischio della loro vita e quant’altro.

Contro tutto ciò, uno Stato che ha il più alto numero di unità delle Forze dell’Ordine, che fa?

Non c’è da meravigliarsi nel vedere interi comprensori del meridione che, nell’arco di un ventennio hanno visto diminuire la loro popolazione financo della metà, si sono trasformati in piccoli paesi fantasmi, dove gli unici abitanti sono in buona parte pensionati, pubblici impiegati e gente che lavora a nero, luoghi nei quali l’agricoltura e altri settori sono la nicchia lavorativa in cui trovano impiego i nuovi servi della gleba del XXI secolo: gli extracomunitari.

Rosarno, Castelvolturno e Villa Literno, con le loro rivolte, ne sono il più lampante esempio.

Una parte dell’Italia è ormai ruralizzata, esposta a vari rischi, grazie al fatto che l’industria e la media imprenditoria sono rare se non in piccole “isole”, l’agricoltura ha perso da tempo il suo ruolo trainante e realmente produttivo, le mafie hanno fatto piazza pulita dello stato di diritto e dello Stato stesso, che quando si fa vivo lo fa per punire solo i più indifesi, l’ultima ruota del carro, proprio come è avvenuto nella cittadina calabrese, che alla fine è risultata essere solo una guerra tra poveri.

Questo governo poi - a cui non do esclusivamente la colpa di tutto – sembra essere interessato solo a spartire tra i privati i vari monopoli, privatizzando oltre la Difesa, di tutto e di più.

Ma di politiche per il sud, zero spaccato!

Le risposte che l’apparato statale da non sono incisive, ma danno l’idea di palliativi, non c’è nel governo nessun piano di rilancio dell’economia meridionale.

Indicativo è il fatto che ci si è affrettati a smantellare le strutture fatiscenti che ospitavano gli immigrati, trasferendoli altrove, in pratica cacciandoli via, resta il problema della raccolta delle arance i cui costi sono proibitivi per l’imprenditore, visto il costo bassissimo delle arance italiane – a questo problema economico, così come agli altri, nessuno ha dato, e darà, risposta.

Il problema giace nella politica economica italiana verso il meridione, che sta rischiando di diventare sempre più terra di nessuno.

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