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 Home page > Tribuna Libera > Suburbania: attenti alla "periferia" italiana

Suburbania: attenti alla "periferia" italiana

Questa crisi è stata classificata come peggiore di quella del '29. Sicuramente, in Italia, è quella peggiore di tutta la storia dello Stato repubblicano. Una crisi che sta mostrando anche quanto l'Italia sia cambiata. Classi medie impoverite e periferie che pullulano di nuovi poveri - oltre quelli di sempre - che incominciano a mostrare segni di cedimento verso "compagni" di sventura. Ma dietro non c'è razzismo o intolleranza - come si vuol far credere - dietro si nasconde la più completa disperazione di gente che ha perso del tutto la fiducia verso le Istituzioni - se mai ci sia stata. Gente che sente di non avere più speranza in un futuro migliore. Ma, come in tutti i frangenti storici più arcinoti, il capro espiatorio è sempre dietro l'angolo, con i Media, che spesso alimentano la "fobia", bypassando il problema e spostando sulla Destra, estrema e non, l'attenzione, e quindi il consenso. È anche forse il gioco di un sistema mediatico che alimenta la confusione ed il caos. Cui prodest?

È notizia di poche ore fa: a Genova nella notte di sabato 23 novembre, bande di "latinos" si sono scontrate per l'ennesima volta, con morto! A farne le spese è stato un ventenne di origine ecuadoregna. Intorno alle prime luci dell'alba, nel quartiere Campi di Genova, ha avuto luogo una super rissa; sessanta i ragazzi coinvolti, tra immigrati e figli di immigrati latino-americani. Sicuramente un regolamento di conti tra bande sudamericane.

Ecco, sono notizie come queste che rischiano di alzare l'asticella dell'allarme sociale delle periferie in Italia, nonchè i suoi "umori". 

Altro fatto eclatante è avvenuto il 17 novembre a Milano. Le forze di Polizia si sono presentate in tenuta antisommossa, ossia con caschi, scudi e manganelli, per effettuare uno sgombero di abusivi in alloggi popolari. Ne è nata una colluttazione, e subito si è arrivati alle cariche con lacrimogeni, mentre i civili hanno risposto lanciando pietre.

Dunque, da un lato, se emerge la frustrazione di una classe media vessata quando va bene, impoverita il più delle volte; dall'altro, viene fuori in tutta la sua crudezza la sopraggiunta ed insopportabile indigenza unita ad ulteriore degrado di chi vive nella periferia italiana: i poveri e le classi basse. È stata proprio la periferia negli ultimi trenta anni il ricettacolo dei paria della società italiana.

Nei rispettivi "surroundings" delle città italiane vivono ormai gli ultimi, i dimenticati dalle proprie Amministrazioni comunali, da un Welfare State lì ridotto all'osso o inesistente, assediati da mille problematiche sociali: non solo più dall'inisicurezza economica - arrivata ora a limiti di criticità estrema - ma anche da quella relativa all'incolumità fisica, personale e familiare. Criminalità a iosa aumentata a livelli esponenziali, famiglie disagiate senza casa che occupano appartamenti anche altrui, disoccupati che non sanno come fare a sbarcare in lunario, cittadini immigrati ed extracomunitari che vivono senza legge, prevaricando ed essendo prevaricati. Su tutto questo soffiano le destre, che così facendo indirizzano spesso il malcontento su falsi bersagli. Una destra xenofoba ed antieuropeista che grazie ai Media riversa sulla gente più debole ed esposta "un melange di ignoranza, intolleranza, intossicazione da falsi messaggi mediatici, lasciati ripetere a cittadini esasperati" - dice a Repubblica l'antropologa Annamaria Rivera - senza che questi messaggi vengano immediatamente e prontamente contraddetti e smentiti.

Non ci stupisce, dunque, la sbrigativa accusa di accusare tutti quelli coinvolti nei fatti di Tor Sapienza e simili di intolleranza, xenofobia e razzismo. La verità è che, se non si gestiscono al meglio le periferie, queste potrebbero esser in un prossimo futuro il fulcro e l'origine di disagi sociali ben più ampi. Il problema "immigrazione" in Italia c'è, ed è inutile girarci attorno; mancano politiche dell'immigrazione e dell'integrazione. Non è che le periferie devono esser per forza il "campo di concentramento" degli immigrati, dei rifugiati e di chi ne ha più ne metta. Cionondimeno, c'è anche la percezione amplificata e falsata del fenomeno: c'è della gente in giro, come riferisce l'Huffington Post, che pensa di avere il 30% di immigrati quando sono "solo" il 7%, oppure il 20% di musulmani quando invece sono al 4%. È proprio vero: l'ignoranza è la madre di tutte le diatribe spesso. E lo HP dice esplicitamente riguardo agli italiani: "Nessuno al mondo ha una visione distorta della realtà come la nostra."

Invece, la verità è che la periferia italiana tout court paga la dimenticanza della sua "società bene" legata ad una politica clientelare e attiva là dove ci sono solo finanziamenti e soldi facili. Tuttavia, se andiamo bena addentro i fatti, noteremo che esse, le periferie per l'appunto, sono solo progetti non finiti o fallimenti veri e propri dei colletti bianchi della politica e dell'imprenditoria edile e urbanistica, senza contare le infiltrazioni malavitose e criminali. Dunque, da qui, tutte le premesse, con le incompiute promesse, hanno portato le periferie delle città italiane a trasformarsi nel tempo in grandi portatrici e contenitori di disagi sociali che investono le aree metropolitane tutte. Altrove è stato scritto: "Città invisibili all’ombra delle città vetrina. Grumi di cemento, fastidiose fonti di problemi, ma anche serbatoi elettorali; da frequentare al massimo durante una frettolosa campagna elettorale".

Quindi, in primo luogo, se la crisi acutizza il problema delle periferie, ossia i disagi di chi ci vive. immigrati e poveri - aggettivo forte ma veritiero - da un lato la politica in carica sonnecchia, dall'altro le "destre" sfruttano a loro vantaggio il disagio, veicolando grazie ai Media falsi messaggi non smentiti. Perciò, in secondo luogo, le periferie sono quello che sono perchè sono dei progetti incompleti quando va bene: spesso mancano di collegamenti adeguati con la città; ergo sono dimenticate e divengono per costi e standard living bassi, il ricettacolo dei diseredati e dei più poveri, nonché di cittadini problematici dal punto di vista economico e sociale. In ultima istanza, molto semplicisticamente direi, dove trovare la risposta per risolvere il problema "periferia"?

Stranamente, in parte, il problema forse giace nel suo fallimento. Ossia nel riprendere, in prima istanza, la riqualificazione di tutte le periferie italiane, avviando una sorta di "New Deal urbano" proprio come Luigi Vicinanza scrive nel suo editoriale, mirando a creare vie di collegamento dove non ci sono, ammodernamento e bonifica delle strutture edilizie - non costruzione di nuove, si badi - ed urbane e quanto più necessario a far scorrere, per un modo, nuova linfa vitale verso queste aree, per un altro riavviando l'economia edilizia delle città con siffatte aree periferiche problematiche.

Detto così, sembra facile. Ma non lo è affatto per vari motivi. Da un lato c'è l'annoso problema della corruzione clientelare degli appalti che rischia di vanificare il tentativo, dall'altro ci sarebbe il problema di dove trovare i fondi. Ad ogni modo con un po' di impegno ci si potrebbe riuscire, specie se non ci si perde in slogan e parole.

Per di più, il rischio sociale è altissimo. Le periferie sono pronte forse ad essere delle nuove micro Banlieue, se non ora, in un futuro non troppo remoto, mettendo a serio rischio la stabilità sociale. I segnali ci sono. Nessuno sa cosa realmente covi nella miseria della periferia italiana, perché quelli che ci vivono non hanno possibilità comunicative come i più. E mi domando con una nota di forte umanità e non di disprezzo alcuno con una vena ironica se forse una specie "suburbana" abitasse mai le periferie! Una cosa è indubbia: spesso ivi regna l'insicurezza, la criminalità, lo spaccio, la prevaricazione e la disillusione verso uno Stato inesistente con un Welfare imboscato o inesistente per i più che vi abitano - e questo non solo nei sobborghi - in più gente onesta ma sfortunata.

La periferia è troppo vasta per esser dimenticata. È troppo pericoloso dimenticarla ancora. In troppi vivono lì. Riprenderla significa forse riavviare l'economie di intere città ed aree metropolitane. Riuscirà questa politica in questa impresa?

Ma un'altra domanda mi inquieta: se lo starà minimamente chiedendo?

E poi c'è quell'altra domandina: a chi giova tale situazione di instabilità sociale, economica e politica che va dalla periferia fino al centro del potere? Beh, i poteri trasversali di vari gruppi economici e finanziari non è detto che se la passino affatto male quando la politica reggente è ancora più indebolita o "occupata" da fatti di tale, o più grande portata - perché no?! - tutto concorre all'indebolimento ulteriore di certe istituzioni politiche che hanno perso peso, e male non sarebbe per alcuni se ne perdessero ancora, specie se a questi gruppi fanno più gola le periferie del mondo e non quelle delle proprie città di origine, e bisogna "alleggeririsi" per svincolarsi meglio.

 

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