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Meteorologica, umorale, grande Anna Magnani

Pensando forse un poco anche al proprio modo di essere Anna Magnani ebbe a dire che gli attori ‘sono degli egoisti, degli egocentrici, un po’ esibizionisti, però guai se non ci fossero gli attori’. Noi ci chiediamo: qual è il vero volto di Anna Magnani, quello che riesce a conciliare meglio l’indole autentica della attrice romana con la sua personalità artistica?

E’ quello della popolana coraggiosa e di buon senso di Roma città aperta (Italia 1945, regia di Roberto Rossellini) oppure quello dell’astuta, spregiudicata e arrogante Lidia, capo di una banda di poco accorti malviventi nel film Il bandito (Italia 1946, regia di Alberto Lattuada)? E’ quello della candida e visionaria pastorella di Amore (Italia 1946, regia di Roberto Rossellini) o quello della amante disperata, sola e piangente sulla tenebrosa scena della prima parte dello stesso film, abbandonata dall’uomo che ama o, ancora, quello della ingenua, sprovveduta, nevrotica Gioia Fabricotti, attempata signorina ancora alla ricerca di stabilità sentimentale ed economica, in Risate di gioia (film con Totò e un giovane Ben Gazzara, Italia 1960, regia di Mario Monicelli)?

Un filo rosso sembra legare tra loro tutti i personaggi interpretati da Anna nel corso della sua carriera artistica, un immaginario trait d’union che appare rivelatorio di una personalità complessa: certamente volitiva, sensuale, ammaliante, un tantino dispotica, forse, ma anche, a tratti, fragile e in quanto essere umano, profondamente vulnerabile, la Magnani probabilmente, anche nella vita di tutti i giorni, mostrava agli altri un carattere impetuoso e, per così dire, discontinuo. La grande scrittrice di cinema scomparsa di recente, Suso Cecchi d’Amico, disse di Anna che era ‘meteorologica, umorale, molto umorale…’, ciò che sembra confermare questa poliedricità caratteriale dell’attrice. 

Alcune delle cose che si conoscono della vita privata di Anna Magnani, del resto, sembrano fare da adeguato contorno all’immagine che di se stessa l’attrice, attraverso le sue interpretazioni cinematografiche, offriva al mondo intero. Anna viene abbandonata dalla madre nei primi anni di vita e frequenta a Roma prima il conservatorio e successivamente la scuola di recitazione, senza peraltro concludere nessuno dei corsi di studio intrapresi; ebbe poi vita sentimentale tormentata accanto al regista Goffredo Alessandrini, uno dei grossi nomi del nostro cinema negli anni del regime fascista, con l'attore Massimo Serato, dal quale ebbe anche il suo unico figlio Luca, con Roberto Rossellini, al quale rimase sempre legata da fervida amicizia.

Anni proficui di teatro leggero (tra gli altri con Totò), una cinquantina di lungometraggi al cinematografo, Anna Magnani esordisce al cinema nel 1928 con Scampolo, film di Augusto Genina. A partire da questo primo lavoro, la sua parabola artistico professionale ascende fino almeno a Mamma Roma (Italia 1962, regia di Pier Paolo Pasolini), film denuncia sulla vita magra che si conduce nelle borgate romane e ritratto di una eroina moderna, storia di una donna, interpretata appunto da ‘Nannarella’, caratterialmente indistruttibile e dalle mille risorse.

Tra la fine degli anni Venti e i primi Sessanta Anna, quasi sempre da stella di prima grandezza, collabora, oltre che con i registi già citati, con Goffredo Alessandrini, Mario Bonnard, Renato Castellani, Vittorio De Sica, Carmine Gallone, Mario Mattoli, Mario Soldati, Luigi Zampa, Luchino Visconti e Mario Camerini. Sul piano internazionale, tra gli altri, per George Cukor recitò in Selvaggio è il vento (1957), per Sidney Lumet con Marlon Brando, da un dramma di Tennessee Williams, in Pelle di serpente (1959), per un inconsueto Jean Renoir alle prese con la commedia dell’arte, in La carrozza d’oro (1953), per Claude Autant Lara in La pila della Peppa (1963).

Se Rossellini rese omaggio alla Magnani dedicando alle doti artistiche della attrice romana i due episodi del film Amore, dove Anna è protagonista assoluta irraggiungibile sul piano delle doti espressive e recitative messe in campo, Fellini le rese esplicito omaggio nel lungometraggio Roma (Italia 1972) facendola apparire in una brevissima sequenza mentre una sera lei fa ritorno a casa e sovrapponendo a quei pochi secondi di pellicola il suo personale commento secondo cui Anna Magnani ‘potrebbe essere anche un po’ il simbolo della città, una Roma vista come lupa e vestale, aristocratica e stracciona, tetra, buffonesca, e potrei continuare fino a domattina’. Uno dei grandi della storia del cinema, il grande vecchio del cinema portoghese ed europeo, Manoel De Oliveira sostiene che in ambito cinematografico gli aspetti puramente artistici risiedono unicamente nella recitazione degli attori. Una tale affermazione appare particolarmente giustificata nel caso di Anna Magnani, la cui verve comunicativa e la cui passione e irruenza dialettica hanno in più di un caso, in qualche modo, ‘nobilitato’ più di un’opera cinematografica di per sé sotto il profilo della pregevolezza artistica e quella dei contenuti (è il caso un po’ paradossale del forse troppo mieloso La rosa tatuata, ancora da Tennessee Williams - Stati Uniti 1955, regia di Daniel Mann - a fianco di Burt Lancaster, per il quale Anna ricevette una pioggia di premi, tra i quali l’Oscar per la miglior attrice protagonista) non proprio memorabile; di lei Pasolini scrisse: ‘Eppure la Magnani ha avuto tanto successo, anche fuori dall’Italia: il suo particolarismo è stato subito compreso, è diventato subito come si usa dire, universale, patrimonio comune di infiniti pubblici. Lo sberleffo della popolana di Trastevere, la sua risata, la sua impazienza, il suo modo di alzare le spalle, il suo modo di mettersi la mano sul collo sopra le “zinne”, la sua testa “scapijata”, il suo sguardo di schifo, la sua pena, la sua accoratezza: tutto è diventato assoluto…’ 

Anna Magnani, donna e artista veramente unica, appare oggi, in tempi di interpretazioni femminili monocordi e plastificate, come una stella lontana e dimenticata. Disse di sé: ‘Io sono un cavallo al quale non bisogna mettere briglie, ecco, e lasciare che venga fuori da dentro quello che sento’; e quello che aveva dentro certo non doveva essere poco, perché oggi più che mai di attrici come lei ci sarebbe un gran bisogno.

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