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Messaggi di donne italiane che continuano ad amare tanto

“Chissà se hai letto l’ultimo messaggio” . La curiosità mi spinge avanti : “Dopo lo strazio dei funerali, la fidanzata di Giandomenico Pistonami, Zueca Pizzo, come riporta il “Corriere di Viterbo”, ha affidato il suo saluto in una lettera che sarà pubblicata, insieme ad altri documenti simili dei parenti delle vittime, sul mensile “Panorama” .”Mi hai comprato una tv enorme che avremmo messo nella nostra casa dopo il matrimonio, ha scritto Zueca nella lettera affidata al settimanale – Da quella tv ho sentito i telegiornali che annunciavano la tua fine. Ti abbiamo parlato l’ultima volta il 15 settembre. Il 16 sera non c’era campo, ho mandato un sms. Chissà se l’hai fatto in tempo a leggerlo quella mattina del 17 settembre, quando tutto è finito”

 

L’ho letto su un quotidiano online, Viterbo Oggi.

La pagina della buona cronaca si arricchisce di un altro contributo: “Donna soldato in servizio a Viterbo vince un concorso di narrativa. Il tenente Carla Brocolini con un racconto durante la missione di pace in Afghanistan. Il tenente Carla Brocolini, pilota di aereo in servizio presso il Comando aviazione dell’Esercito di Viterbo, ha vinto il primo premio del “Concorso di Narrativa” organizzato dall’Unione nazionale ufficiali in congedo d’Italia (Unuci) presso la Scuola di telecomunicazioni delle Forze armate di Chiavari. Il tenente Carla Brocolini ha vinto il premio con un’intensa pagina di diario che racconta della morte di un collega e amico durante la missione di pace in Afghanistan. Il concorso era riservato a chi abbia prestato o presti servizio nelle Forze Armate o nei vari corpi di polizia, oltre a Croce Rossa Italiana, Vigili del fuoco e Penitenziaria”.

Aggiungo io un’altra pagina, forse non ugualmente intensa, scritta da Franca Caliolo che il 30 settembre prossimo ha assistito alla prima udienza preliminare del processo penale dopo tre anni, per accertare le responsabilità dell’incidente mortale accaduto negli impianti dell’ Ilva di Taranto al marito Antonino Mingolla.

“Amore mio, è passato un anno da quando non ci sei più. Quante volte mi sono chiesta se non sentivi lo squillo della mia chiamata, se proprio in quel momento cadevi, se pensavi a noi. Di quel giorno posso ricordare tutto, posso anche rivivere lo straziante dolore di una realtà dura da accettare, così dura da far crescere in un attimo i nostri ragazzi, proiettati improvvisamente davanti alla morte, quella del loro adorato papà. Voglio credere che quel giorno il Signore ti abbia fatto cadere tra le sue braccia, per portarti a vivere una felicità mai provata prima. Voglio credere che tu sia qui tra noi, che continui a proteggerci col tuo amore e la tua tenerezza. Dev’essere così, altrimenti non saprei spiegarmi perché continuo ad amarti tanto e ad avere la forza di vivere senza di te”.

Franca non ha vinto nessun premio letterario, Franca non è stata e non sarà pubblicata da nessun Periodico illustre. Franca Caliolo aspettava solo il 30 settembre. “Ovvero, tre anni, cinque mesi e dodici giorni dopo la tragica scomparsa di Antonino Mingolla. L’appuntamento è quello dell’udienza preliminare del processo penale per accertare le responsabilità dell’incidente mortale occorsogli negli impianti dell’Ilva di Taranto. Antonino era dipendente della CMT, ditta appaltatrice per lavori di manutenzione all’interno del cantiere Ilva. Nel pomeriggio del 18 aprile 2006, durante la sostituzione di alcune valvole sul condotto principale del gas “afo”, utilizzato come combustibile per fondere l’acciaio, Antonino morì avvelenato a 46 anni da esalazioni circa venti volte superiori il livello tollerabile. Era, a detta di chi lavorava con lui, «esperto, attento, prudente». Ilva e CMT hanno violato le prescrizioni sulla Sicurezza? L‘Ilva non ha mai presentato le sue condoglianze ai familiari delle numerose vittime cadute nel corso degli anni, neppure per telegramma. La CMT ha dichiarato fallimento nel 2007. Portavoce di entrambe le aziende hanno in qualche modo dichiarato che la morte di Antonino è avvenuta per sua responsabilità”.

A dicembre del 2008, iniziavo un articolo dedicato a Franca Caliolo e a quanti sono morti sul lavoro, come adesso lo concludo: “Forse è già passato una anno da quando mi trovai a leggere una strana lettera, dapprima appariva scritta da un uomo, poi capii che era una donna a scrivere e lui era morto, all’Ilva. E cosi leggo che non ha scritto solo una lettera… Inizio dalla fine, il 6 dicembre di quest’ anno, per arrivare alla sua testimonianza, la fine del suo amore e l’inizio di un altro tipo di amore che cammina e lotta e non vuole viverlo da sola”.

Sono storie di donne, molto diverse tra loro, che continuano ad amare tanto, anche nella loro lotta contro il silenzio, anche nel vestito o nella divisa che indossano e di cui sono fiere, dei loro amori morti per alcune, vivi per altre, non so per quali assurde cause di pace o di lavoro sul Fronte dell’Esistenza.

Ritornando al primo messaggio letto sulla cronaca locale, Viterbo Oggi o chi per esso, facendo emergere questi messaggi li descrive come “Sentimenti che continuano ad intrecciarsi e che in questo momento fanno di Zueca quella voce, estremamente presente, dove invece il silenzio del dolore invoca solitudine”.

Scusateci se non ci sono donnenon siamo Anno Zero, ma facciamo di tutto, credeteci, per intrecciare Legami d ‘Acciaio, mettere insieme il pranzo con la cena fosse pure una ribollita, scrivere per certe invisibili, forse analfabete, che viaggiano verso la terraferma, approdano in Case D’accoglienza e Protezione, definite anche Cpt prima, oggi Cie e scusateci sopratutto, perchè zitte non ci staremo mai.

«L’elaborazione di un lutto non è mai facile se riguarda una persona che si amava molto ma, quando le cause della morte portano ad affrontare un processo, allora tutto diventa più difficile. Ciò perché infinite volte se ne devono ripercorrere le circostanze, riesaminare i particolari. E quanto più a lungo il processo si trascina, tanto più è difficile riappacificare i ricordi». Franca Caliolo

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Commenti all'articolo

  • Di DG (---.---.---.129) 9 ottobre 2009 10:04

    un aggiornamento ce l’avrei, in merito alla Thyssen: "Dalla Stampa si apprende riguardo alla strage di Torino alla Thyssen dove morirono bruciati 7 operai, che “In quel periodo il personale mostrava un certo disinteresse al posto di lavoro». Il primo imputato a deporre al processo Thyssen è l’ex responsabile della sicurezza sul lavoro di corso Regina Margherita, Cosimo Cafueri, e le sue iniziali affermazioni danno subito conto che non intende arroccarsi in una linea difensiva di minimizzazione delle proprie responsabiltà. Almeno non solo. Il «quadro» ora in pensione comincia dalla «distrazione» degli operai, ci ritorna su: «La gente aveva la testa da un’altra parte, in fabbrica. Forse per via dell’annuncio della chiusura dello stabilimento. Lo avevano notato anche gli ispettori dell’Asl (quelli ora sotto inchiesta, ndr.) e avevano raccomandato più attenzione». Lui era «abbastanza preoccupato che qualcuno si facesse male».
    http://www.reset-italia.net/2009/10/07/da-genova-passando-per-il-1944-ci-siamo-distratti-e-finiti-in-fumo/

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