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Mattarella e la fenomenologia della dissolvenza

Esordi di una presidenza, low-profile ai limiti del visibile.

Sono passati 40 giorni dall'elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. 40 giorni dalle entusiastiche (e perciò stesso atte a destar sospetto...) affermazioni di convergenza di pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, solitamente battagliere ai limiti della decenza, sul nome di questo ex-ministro, ex-PPI e ora ex-giudice costituzionale. Ex-molte cose, dunque, il nostro Sergio; ma di certo non ex-democristiano, conservando di quell'antica tipologia di uomo politico a tal punto le caratteristiche, da farlo sembrare l'evoluzione eugenetica di Andreotti: un riserbo esasperato che serra le labbra esortandole alla chiusura, un'ostentata falsa solitudine da orfano senza famiglia, una cura dell'immagine limitata alla nuance di blu da scegliere per il cappotto, le spalle strette atte a scrollarsi di dosso il peso di ogni responsabilità di cambiamento.

Ed infine il grigio, che è stato il colore imperante della Repubblica in era democristiana e che l'era renziana vuole rilanciare.

Il grigio si è palesato subito con Sergio Mattarella. E non parlo tanto del colore dei suoi capelli che, anzi, tendono coerentemente al color del bianco-fiore. Parlo di tutto il resto: a partire dal cielo di Roma del 3 febbraio 2015, grigio, appunto, in una giornata fredda e piovosa.

E poi della Panda. Il primo tragitto del presidente nominato Mattarella viene percorso in Panda. Nulla da dire sul nuovo modello di utilitaria Fiat: pratica, modesta, dinamica, scattante, giovane... tutto quello che non serve a chi dovrebbe essere il simbolo di un Paese, insomma. Salvo non volerne evocare da subito la condizione attuale!

Grigio era anche il colore dei marciapiedi della capitale, interamente visibili dietro le transenne per la quasi totale assenza di cittadini acclamanti. Eppure, a sentire i "nostri" parlamentari e la conseguente eco giornalistica, non potevamo meritarci un presidente migliore di questo. In effetti la sua evanescenza lo rende talmente poco visibile che la sua presenza risulta quasi impercettibile: come quando si parla di bambini in ambienti non adatti e si dice "è bravo, tranquillo... come se non ci fosse"!

D'altronde ci sono noti comici che sulla volontà di questo presidente della Repubblica di passare del tutto inosservato stanno costruendo il proprio attuale successo. E non credo che questa estrema riservatezza sia mossa da spirito di emulazione verso il più importante moralizzatore del momento, quel Papa Francesco capace di imporre, in modo pienamente consapevole e supportato, una linea di rigore che non riguarda solo il suo ruolo istituzionale, ma ha finalità di redenzione per tutta la Chiesa, per molti versi e per troppo tempo fuorviata da tentazioni secolari: uno come Francesco non si può emulare. Ed io, ripeto, non credo che Mattarella abbia simili velleità; non mi pare appartenere alla categoria animi in fermento, né mi suggerisce aspirazioni ecumeniche.

L'evanescenza di Mattarella, insomma, non mi sembra di nuovo conio e non la vedo mirata a rappresentare la solidarietà delle istituzioni agli stenti del Paese; credo piuttosto che sia strategica ed abbia finalità non propriamente adamantine. Claudio Martelli che fu avversario socialista del Mattarella democristiano, ci mette in guardia, definendolo perfetto uomo di partito e di corrente, le cui scelte, anche quelle più apparentemente di rottura (come le dimissioni per la legge Mammì), sono sempre state scritte e dettate dalle segreterie politiche. Mi viene spontaneo pensare, allora, che il nostro preferisca l'evanescenza al protagonismo per poter svolgere indisturbato, nella sua zona grigia, i compiti assegnatigli dalle forze politiche che lo hanno voluto: esattamente quello che un presidente che si vuole di tutti gli italiani non deve fare e che invece tutti i presidenti (con la sola eccezione, forse, di Pertini) hanno sempre fatto: capi cordata piuttosto che capi di stato, servili alla becera partitocrazia di cui sono frutto, piuttosto che alla Costituzione, inerti testimoni della frammentazione del paese piuttosto che custodi della sua Unità. 

Fermo restando che nella contingenza questa dissolvenza in nero dell'immagine presidenziale risulta fatalmente (e al di là delle effettive intenzioni di Mattarella) l'effetto più consono da applicare al film di un sistema ormai prossimo ai titoli di coda.

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.106) 16 marzo 2015 17:32

    Prima, Napolitano interveniva ogni giorno, più volte al giorno, dicendo ed imponendo la sua su qualsiasi questione: neanche un monarca vero si sarebbe comportato in quel modo, tanto meno un monarca costituzionale. 

    Ora, scopriamo che Mattarella, dopo ben 40 giorni, ancora non ha rilasciato un’intervista nemmeno ad Alfonso Signorini; giustappunto, ci si chiede come si stia guadagnando lo stipendio!

    Va bene essere monarchici, oggi fa un pò ridere ma tant’è, ognuno ha diritto a pensarla a suo modo . Ma nell’occasione non le pare di esagerare un tantinello?
    • Di Sergio Giacalone (---.---.---.42) 17 marzo 2015 13:43
      Sergio Giacalone

      Gentile amico, grazie per darmi la possibilità di chiarire il mio pensiero. Stante le sacrosante diversità di opinione che abbiamo il privilegio di potere liberamente esprimere, come da lei stesso riconosciuto, rispondo semplicemente alla sua domanda: no, non credo di esagerare. Ritengo invece che le angolazioni da cui guardiamo il tema trattato siano sensibilmnente diverse, ragion per cui aspetti e dettagli possono reciprocamente rilevare come sfuggire. Io ho espresso le sensazioni che la mia angolazione mi suggeriva. Tuttavia non le nascondo che se il tempo dovesse smentirmi e Mattarella dovesse risultare un campione di intraprendenza il primo ad esserne felice sarei io, non solo per l’orgoglio del corregionale ma soprattutto perche se ne gioverebbe quel disgraziato Paese al cui bene nessuno sembra più pensare, mentre io mi ritengo ancora fiero di essere parte della sua straordinaria bellezza. Detto questo sono lieto di farla sorridere per essermi definito "monarchico". Non la biasimo perchè questa è la reazione comune di chi è cresciuto assediato da una politica e da una cultura dominanti che hanno demonizzato la monarchia italiana per dare alla repubblica una legittimità ex post, non uscita dalle urne del referendum. Non è questa la sede per discuterne. Sappia però che il mio pensiero non è nè acriticamente ereditato, nè supprtato da convinzioni politiche (se così fosse ai Re dovrei augurare mille Ekaterimburg!) Dai mille mali d’Italia e cercandone una soluzione ne ho dedotto che la svolta repubblicana del 46 aveva fermato quel motore immobile che nutriva di linfa vitale il sentimento di appartenenza del nostro popolo e il suo percorso unitario; l’Italia era stata fatta monarchia, costruita su quell’impianto, perchè era l’unico possibile in una realtà complessa come la nostra; tale perciò avrebbe dovuto rimanere per risorgere un’altra volta dopo la fine della II guerra, monrchia costituzionale, parlamentare e socialista come l’avevano disegnata l’ultimo Re e l’ultima Regina. Ma qualcuno, non gli italiani, come si usa dire, ha voluto che sparissero. E non li vuole rivedere neppure morti!
      Privarci di loro è stato un vero peccato, però, mi creda. O sorrida se vuole.
      Cordialmente

      Seergio Giacalone

    • Di (---.---.---.106) 17 marzo 2015 18:14

      Non entro nel merito della questione monarchia/repubblica: dopo quasi 70 anni credo sia un argomento abbondantemente obsoleto, e poi francamente non mi coinvolge.

      Per quanto riguarda invece Mattarella, non lo conosco, quello che so su di lui è soltanto quello che ho potuto sapere (forse!), dai mezzi di informazione: non sono mai stato iscritto ad un partito, tantomeno alla DC o al PPI.
      In un settennato, 40 giorni sono veramente pochi: neanche il tempo di trasferirsi fisicamente, portare tutte le proprie carte, conoscere tutte le persone dell’entourage sulle quali dovrà confidare per qualsiasi necessità, scegliere i propri collaboratori più stretti, prendere visione di tutti i più importanti documenti che un Presidente della Repubblica dovrebbe conoscere, incontrare tutte le persone (vertici politici, militari, servizi segreti, ecc.), chiedere informazioni e chiarimenti a tutti coloro tenuti a darli.
      E potrei continuare molto a lungo...insomma, cominciare ad imparare a fare il PdR, che non dev’essere una passeggiata di salute!
      Per il momento, senza voler dare alcun giudizio sul suo operato, cosa impossibile per le ragioni appena esposte, sono abbastanza confortato dal diverso modo di comportarsi rispetto al suo predecessore. Mi viene fatto di pensare che se tra sette anni dovessi valutare positivamente anche un solo suo atto di coraggio, di rottura rispetto al conformismo acquiscente imperante, magari in aperto conflitto con chi lo vorrebbe zitto e muto, magari in difesa anche solo di un principio enunciato nella Costituzione di cui un PdR dovrebbe essere garante, anche se solo questo e null’altro, sarebbe già per me un titolo di merito rispetto a Napolitano.
      Il protagonismo non mi è mai piaciuto, sopratutto in chi, almeno in via di principio, dovrebbe sforzarsi di essere super partes.

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