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Mafia nel Lazio. Polverini non pervenuta

Come contrastare le attività delle associazioni mafiose nel territorio laziale? Abbiamo verificato le proposte nei programmi elettorali dei due schieramenti in campo per le elezioni regionali.

Nel Lazio sono presenti tra le 60 e le 70 cosche criminali e, sul territorio, vivono più di 300 persone attive nelle associazioni criminali. La presenza delle mafie nel Lazio non si limita soltanto a Fondi, dove il sindaco e sedici consiglieri comunali si sono dimessi ad ottobre prima che il governo decidesse di sciogliere il Comune per infiltrazioni mafiose e dove solo una settimana fa sono state arrestate 11 persone su 77 indagati per camorra e sequestrati beni per oltre 400 milioni di euro. Su 378 comuni laziali sono una cinquantina i comuni dove risulterebbero attività della criminalità organizzata. Soltanto alla Procura di Roma erano pendenti, nel 2007, 183 procedimenti di competenza della Direzione Distrettuale Antimafia e il totale di reati di criminalità organizzata nel Lazio, secondo i dati del Ministero dell’Interno, erano 2535, quasi quanto in Puglia e, in percentuale sul numero di abitanti, quasi quanto in Sicilia. E nel 2008 la situazione è peggiorata.


Nella relazione al Parlamento della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) del secondo semestre del 2008 si legge:
 
Nella città di Roma e provincia, è storicamente nota l’operatività di soggetti collegati a cosa nostra, che, negli anni, hanno anche trovato sinergia con gruppi locali. Il litorale sud fa rilevare segnali di presenze, interessate ad operazioni di reimpiego di capitali e al traffico di stupefacenti gestito assieme a pregiudicati locali.

Il panorama criminale monitorato a Roma e provincia, inoltre, consente di evidenziare anche la presenza di referenti dei RINZIVILLO e degli EMANUELLO, famiglie di Gela, interessate all’acquisizione di appalti, subappalti e/o rami d’azienda, ovvero alla fornitura di mano d’opera a basso costo.

Nella Capitale, vanno poi rilevate le presenze riferibili alle famiglie mafiose trapanesi, interessate in acquisizioni di attività commerciali. Di pari interesse sono le relazioni tra circuiti camorristici e mafiosi nel settore dell’ortofrutta.

Roma è nelle mani dei clan della ‘Ndrangheta e della Camorra, che convivono con la criminalità locale. Secondo l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio, è presente
 
l’insediamento stabile di famiglie criminali della camorra e della ‘ndrangheta in alcuni quartieri della Capitale. Un insediamento cominciato attraverso il trasferimento dalle aree di origine di intere famiglie, e proseguito con il controllo del traffico e dello spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti e contemporaneamente o successivamente l’avvio di attività commerciali. Anche in questi casi non è esagerato parlare di forme di controllo di segmenti significativi del territorio.

Mentre in provincia di Latina
 
Sono in atto precisi accordi e varie interazioni tra il cartello camorristico dei Casalesi e famiglie della ndrangheta in materia di stupefacenti, estorsioni, usura e anche sul versante dei traffici legali ,quali il controllo di pezzi della grande distribuzione, di strutture di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli.


Le mafie si sono insediate nel Lazio, oltre che per espandere i loro traffici, anche per investire. Continua la relazione del 2009 dell’Osservatorio:
 
C’è un’aggressione anche al settore delle agenzie portuali e turistiche, considerate strategiche anche per altri traffici, come le imprese impegnate in edilizia, strutture alberghiere, settore della ristorazione, smaltimento dei rifiuti, supermercati, e infine l’affare del momento, i centri commerciali (anche se in alcune aree della regione l’operazione è cominciata da tempo). Oltre che nel centro di Roma ci sono negozi legati alla camorra collocati in alcuni di questi Centri Commerciali.

Come pensano di arginare questa emergenza gli schieramenti che si sono candidati ad amministrare la regione? Nel programma della lista di Emma Bonino, sostenuta dai partiti di centrosinistra, si legge:
 
Per quanto riguarda la criminalità organizzata, l’impegno è rivolto in primis a promuovere una “lotta al silenzio”, irresponsabile e connivente, accompagnata da un’azione sistematica di trasparenza dell’azione politica che deve rendere accessibili a tutti i cittadini i dati delle spese effettuate e dei finanziamenti elettorali conseguiti, affinché non si ripetano quelle “distorsioni” a cui abbiamo assistito in passato.

È necessaria l’adozione di un sistema pubblico di regole e possibilmente di un Codice Regionale degli Appalti, che garantisca sia in sede di partecipazione, sia in sede di assegnazione, la necessaria trasparenza ed il dovuto controllo attraverso un severo monitoraggio dei sub-appalti e la verifica di assenza di infiltrazioni mafiose.

Si potranno stabilire Protocolli d’intesa tra amministrazioni locali e forze dell’ordine affinché la concessione di autorizzazioni edilizie per opere di particolare incidenza urbanistica sia sottoposta a una verifica preliminare di legittimità/sostenibilità/ antimafia. È necessario avviare, inoltre, indagini patrimoniali che consentano un’attenta vigilanza sui movimenti di capitale e sugli investimenti economici messi in atto dalle associazioni mafiose sul territorio laziale.

E ancora:
 
Dobbiamo puntare a raggiungere l’obiettivo dell’utilizzo sociale del 100% dei beni confiscati alle mafie, da trasformare in sedi di servizi per la comunità e in occasioni di lavoro. Proprio con questa finalità è stata istituita, la prima in Italia, l’Agenzia regionale per promuovere l’uso sociale dei beni confiscati e sono stati previsti un Fondo di rotazione, per aiutare i Comuni a risolvere il problema delle ipoteche bancarie che gravano spesso sui beni, e un fondo di garanzia, con il quale favorire l’accesso al credito dei soggetti assegnatari dei beni stessi. Verranno finanziati progetti di ristrutturazione dei beni immobili definitivamente confiscati e attività di gestione, che potranno contare su finanziamenti pari a 6,9 milioni di euro nel triennio 2009-2011. In questo ambito va immaginata anche una revisione della legge anti-usura.

E Renata Polverini? Come pensa di risolvere l’emergenza mafia la candidata presidente del centrodestra? Non ci pensa. Nel suo programma elettorale la parola “mafia” non è mai menzionata. La Polverini si preoccupa soltanto di <<evitare che la criminalità e la percezione di insicurezza siano diverse da provincia a provincia>>. Ma di criminalità organizzata, nel suo programma elettorale, non parla. Figuriamoci di una ricetta per contrastarla. Chissà cosa avrebbe pensato Paolo Borsellino se avesse visto, in Piazza San Giovanni, la sua caricatura tra i tarocchi del Popolo dell’Amore.

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