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Lo sfogo di Marina Berlusconi: "Vent’anni di teoremi giu­diziari: un veleno che intossica l’intero Paese"

Il presidente Fininvest si sfoga dopo l'incontro con i Pm di Palermo.

"La mia foto accanto a quella dei boss. Questa è una macchina mostruosa..." si sfoga così Marina Berlusconi, spezzando il silenzio che aveva tenuto fin ora, giustificando il suo intervento, con quello che, secondo lei, è un attacco mediatico che mina le regole della convivenza civile.

Qualcuno la chiama informazione doverosa, visto che dirige uno dei gruppi italiani più importanti e che espande le sue radici in molti settori finanziari e non, lei la considera una degenerazione del sistema giuridico e di quello giornalistico nazionale.

Ecco il ri­sultato di vent’anni di teoremi giu­diziari: un veleno che intossica da troppo tempo l’intero Paese. La storia è questa. Il 9 luglio ven­go convocata dalla Procura di Pa­lermo come «persona informata dei fatti». Peccato che i presunti fatti su cui dovrei essere informa­ta li apprendo solo, qualche gior­no dopo e con grande abbondan­za di dettagli, dai giornali. Ma par­lare di «fatti» è totalmente fuori luogo: paginate e paginate di falsi­tà e insinuazioni per qualificare le quali è perfino difficile trovare gli aggettivi giusti. 

I fatti riguarderebbero dei versamenti fatti da un conto cointestato con il padre, Silvio Berlusconi, a Marcello Dell'Utri. Conto di cui afferma di non ricordarsi, di non sapere. Quindi Marina si è chiesta, "giustamente", cosa dovrebbe dire ai Pm, in fondo è "normale" che il padre pagasse uno dei suoi collaboratori più preziosi, poco importa che questo collaboratore sia stato processato e trovato colpevole in primo e secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa per i fatti antecedenti il 1992 (in primo grado fino al 1994), inoltre la Berlusconi prosegue il discorso e attacca le toghe e i giornalisti:

...un incubo che è guarda caso comparso in contem­poranea con la discesa in campo di mio padre?... È necessario che venga interrogata da un gruppo di pm antimafia, e soprattutto che debba espormi a quell’efficientissima gogna me­diatica che non riposa mai?

E parlando della deposizione, afferma di aver collaborato, per quanto le fosse possibile, che basterebbe leggere le fotocopie dei verbali per rendersi conto che lei ha fornito tutte le informazioni che possedeva e le ha lasciate scritte nero su bianco, al contrario di quanto hanno dichiarato i media:

Naturalmente, basta leggere il verbale della mia deposizione (a quando le fotocopie da parte degli «ambienti giudiziari»?) per ren­dersi conto che non è vera né l’una né l’altra cosa (il fatto che sia una testimone reticente e che il suo nome possa essere accostato ad associazioni di stampo mafioso ndr). Ma intanto il marchio è impresso, la trappola infernale è scattata: ovviamente non puoi dire di sapere cose che non sai, ma se dici di non saperle ecco che diventi sulla stampa una teste «vaga», con tutti i peggiori sottintesi possibili.

Putroppo, come tutti sappiamo, i verbali di un'indagine in corso, almeno teoricamente, sono secretati, ci è quindi impossibile verificare l'attendibilità delle dichiarazioni del presidente Fininvest, almeno per ora, d'altronde non spetta neanche alla stampa o agli organi d'informazione in generale, ma, giustamente, alla magistratura, quella stessa magistrature tante volte attaccata e agredita da lei stessa e da suo padre.

La parte finale si conclude con l'ottimismo di sempre, confidando che nessuna collusione con la mafia verrà trovata e che si accerterà, di sicuro, la trasparenza e la correttezza dell'azienda e della sua persona:

 È evidente che anche questa storia, come tutte quelle che ci scagliano addosso da vent’anni, finirà nel nulla.Con l’unico risul­tato possibile: nessun collega­mento con le cosche, assoluta correttezza e trasparenza. Ma non è questo che interessa.L’uni­co processo che interessa è quel­lo che viene fatto ogni giorno sul­la stampa, convocando testimo­ni­buoni a ingolosire i telegiorna­li della sera, trasformando penti­ti veri e falsi in icone, facendo fil­trare quello che fa comodo, e po­co conta se è totalmente falso.

Credo che anche il popolo italiano e la categoria che lavora nel settore dell'informazione, in primis, si auguri che finalmente giustizia e luce siano fatte su uno dei capitoli più pietosi e gravi della Repubblica italiana; riuscire a svelare le verità nascoste, dietro i veli dei segreti e dei patti oscuri che hanno caratterizzato un periodo storico dove il rapporto tra stato e mafia fu, quanto meno, poco chiaro.

 


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