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Libera contro la corruzione

Continua la campagna di “Libera”, l’associazione presieduta da don Luigi Ciotti, contro la corruzione. Il fulcro della campagna è rappresentato da un appello rivolto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (è stata predisposta una cartolina che tutti possono firmare anche on line visitando il sito). Le motivazioni alla base di questa iniziativa sono contenute anche nelle stesse dichiarazioni di don Ciotti.

“La raccolta di firme - ha infatti detto il presidente di Libera - la dedichiamo alle vittime del terremoto in Abruzzo, in particolare ai ragazzi della Casa dello Studente, in quel cemento crollato la corruzione ha toccato il suo massimo. L'appello si rivolge al Presidente della Repubblica per chiedere di intervenire, nei modi che riterrà più opportuni, affinché governo e parlamento adeguino il nostro codice alle leggi internazionali anticorruzione, a partire da quelle stabilite dalla Convenzione di Strasburgo del 1999. E perché venga finalmente data piena attuazione alla norma, già introdotta nella Finanziaria 2007, che prevede la confisca e il riutilizzo sociale dei patrimoni sottratti dai corrotti al bene comune. Dopo quindici anni una nuova grande sfida di Libera e Avviso Pubblico.

Un obiettivo importante, un segnale di responsabilità e di fiducia: raccogliere tante firme, un milione e mezzo, più di quelle che 15 anni fa, Libera mise insieme per sostenere l’approvazione della legge 109/96 per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. La corruzione - ha proseguito don Ciotti - è una ferita dentro di noi, non è un problema marginale, inquina i processi della politica, minaccia il prestigio e la credibilità delle Istituzioni, inquina e distorce gravemente l'economia, sottrae risorse destinate al bene della comunità, corrode il senso civico e la stessa cultura democratica. Davanti alla costi della corruzione diretti ed indiretti non si deve tacere. Non puo' essere normale la corruzione perche' non è normale una società che ruba a se stessa. La firma – ha concluso Luigi Ciotti - è un atto di corresponsabilità significa sentirsi sempre moralmente implicati”.

Libera ha ulteriormente motivato la decisione di promuovere questa campagna.

Ogni anno nel nostro Paese, secondo le stime della Corte dei Conti, la corruzione costa ai cittadini tra i 50 e i 60 miliardi di euro. E’ una tassa occulta, che trasforma risorse pubbliche, destinate a servizi e opere, in profitti illeciti. E’ come se ogni italiano fosse costretto a versare 1.000 euro l’anno nelle casse del malaffare e dell’illegalità. Una zavorra ancora più insopportabile in una fase di crisi economica e di tagli alla spesa dello Stato. secondo l’ultimo rapporto di Transparency international, il nostro Paese è al 67° posto per trasparenza nelle decisioni pubbliche, il livello più basso dal 1995. E il sondaggio effettuato da Eurobarometro nel 2009 ha rivelato che il 17% degli italiani si è sentito chiedere una tangente, quasi il doppio della media europea (9%). L’intero valore dei beni sequestrati e confiscati alla mafia negli ultimi due anni (18 miliardi) non basta a coprire neppure un quinto di ciò è stato contemporaneamente sottratto ai cittadini come costo della corruzione. Per ogni euro intercettato alla mafia e restituito allo Stato negli ultimi due anni , sono almeno 5, in media, quelli movimentati nell'ombra e sottratti dalle tasche degli italiani.

La corruzione dilaga e la giustizia arretra. Il numero delle condanne definitive è crollato: erano state, tra corruzione e concussione, 512 nel 2001; sono diventate 255 nel 2008, poco meno della metà. E’ la conseguenza di un fenomeno ancora più grave: il ritorno dell’omertà che lega corruttore e corrotto. La stagione di ‘Mani pulite’ sembra ormai dimenticata: nell’anno giudiziario 1992/93, soltanto nel distretto della Corte di Appello di Milano si contavano circa 2.000 denunce per corruzione e concussione; in quello 2008/09 sono state 120, appena il 6%.

In questi anni sono state spuntate le armi con cui la magistratura può indagare. Il delitto di falso in bilancio, attraverso il quale si potevano scoprire i fondi neri destinati a corrompere funzionari pubblici, sostanzialmente non esiste più: nel 2001 le condanne definitive erano state 419, nel 2008 sono state 69 di cui 57 sanzionate come semplici contravvenzioni.

Davanti a queste cifre bisogna reagire. E bisogna farlo rapidamente. E' lo scopo della campagna di Libera e Avviso Pubblico. Si chiedono cose semplici. In primis di ratificare le convenzioni internazionali che l’Italia non ha ancora ratificato. A cominciare dalla Convenzione di Strasburgo, del 1999, che prevede l’introduzione nel nostro codice penale di delitti importanti, come il traffico di influenze illecite (cioè la corruzione realizzata con favori e regali invece che con la classica mazzetta), la corruzione tra privati, l’auto riciclaggio. Sarebbe estremamente utile, modificare i termini di prescrizione, oggi troppo brevi, prevedere la possibilità di operazioni sotto copertura e introdurre la figura del collaboratore di giustizia per i reati di corruzione, come avviene per quelli di mafia. Allo stesso modo è fondamentale aggredire le ricchezze accumulate dai corrotti, confiscandone i beni e dando concreta attuazione alle norme già inserite nella legge Finanziaria del 2007, che ne prevedono l’uso sociale, come già avviene per quelli sottratti ai clan.

Io ho già firmato l’appello e invito coloro che leggeranno quanto qui scritto a farlo. Di ciò che rileva Libera per sostenere la campagna mi sembrano di particolare importanza alcuni elementi: la riduzione delle condanne definitive messa in relazione al ritorno dell’omertà – altro termine migliore non può essere utilizzato - , il fatto che negli ultimi anni le “armi” a disposizione della magistratura sono diminuite, la necessità di reagire rapidamente. E un modo per reagire è anche costituito dalle nostre firme sotto la cartolina predisposta da Libera.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.169) 4 ottobre 2012 18:27

    Più che la lotta alla corruzione a Libera interessa mettere le mani sui beni esprorpiati ai corrotti.

    Ora se per i beni tolti ai mafiosi, la gestione affidata ai gruppi locali di Libera ha un elevato valore simbolico, non altrettanto si può dire dei beni tolti ai corrotti, che a mio avviso devono rientrare integralmente nella piena disponibilità dello Stato

    Questa voglia dei preti di mettere le mani sui beni dello Stato è una cosa malsana, il cui primo effetto negativo è quello di impedire a Libera di vedere lo stretto nesso esistente tra fenomeno mafioso e corruzione. Nesso evidenziato dai magistrati Nino Di Matteo e Piergiorgio Morosini, i quali sono ormai schierati su una posizione assolutamente condivisibile: la lotta alla mafia va condotta sul terreno del contrasto alla corruzione. E’ questo l’unico modo per spezzare il legame tra mafiosi - politici e dipendenti pubblici, oltre che con la cosiddetta borghesia mafiosa fatta di figure professionali collaterali ai clan militari.

    Se questa posizione venisse acquisita anche da Libera allora avremmo non la generica richiesta di acquisire nella nostra legislazione le norme della Convenzione di Strasburgo con qualche aggiustamento doveroso relativo al falso in bilancio e alla ex-Cirielli, ma una ben più corposa richiesta volta a incidere sul sistema dei controlli preventivi di legittimità e di merito, e ad entrare nel merito della miriade di Spa e Srl promosse dai ministeri e dagli enti territoriali, che - fuori dalle regole della contabilità pubblica -agiscono nella stragrande maggioranza dei casi nello spregio più assoluto di ogni retta gestione, con sperpero di denaro pubblico e clientelismo sfrenato. Nonché a rivedere il sistema corruttivo dell’uso di contratti atipici che mischiano privato e pubblico, dove i profitti diventano dei privati e dei loro protettori pubblici e le perdite vengono scaricate sulla collettività.

     

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