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Libera Chiesa in Libero Stato


Libera Chiesa e libero Stato. Questo è vero in tutti quei Paesi, che non hanno al loro interno la sede di una importante confessione religiosa. Questo non è vero per noi (purtroppo) e ben lo sapeva Cavour.

La esatta formulazione del suo detto è infatti quella nel titolo: libera Chiesa in libero Stato.

La formulazione Libero Stato in Libera Chiesa è abnorme, e la mia è errata: il mio in effetti è un auspicio (che sa un po’ di Partito radicale, ma non guasta).

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Torniamo a Cavour. Anzi no, torniamo un attimo a Lorenzo Valla, intellettuale romano dell’Umanesimo che nel suo "atelier del medioevista" smascherò il falso della Donazione di Costantino e con esso il presupposto diritto della Chiesa di possedere un territorio suo proprio sul suolo italiano.

La Chiesa ignorò la filologia del Valla e continuò imperturbabile nel suo dominio, sino a Pio IX e alla mirabile data del XX Settembre 1870.

Come curiosità storica va anche detto che San Pio IX fu l’ultimo papa a far ghigliottinare dei condannati in "nome del papa re"; ma non solo: si dovette aspettare il pontificato di Giovanni Battista Montini (Paolo VI) - a mio avviso il pontefice più illuminato ed equilibrato del millennio - per vedere la abolizione della pena capitale nel residuo Stato Città del Vaticano.

Non solo, mentre a Pio IX "quel di se stesso antico prigioniero" si può attribuire un atteggiamento da - mi si perdoni - "vergine offesa" per l’oltraggio subito dalla "casta Meretrix" (auto definizione della Chiesa) con la penetrazione dei bersaglieri nel sacro suolo, a Paolo VI si deve il riconoscimento della mano di Dio in quello che i laici definiscono il lieto evento del XX settembre.

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Quella di Paolo VI in molte cose è stata la attuazione di una vera rivoluzione Copernicana nei rapporti tra Chiesa e Mondo. San Giovanni XXIII papa, l’uomo della grande intuizione Conciliare, Paolo VI il raffinatissimo diplomatico che seppe gestire il Concilio ed avviarlo ad essere un cammino tutt’altro che velleitaristico (come alcuni giovani teologi del Concilio, che poi fecero carriera sino al vertice, avrebbero allora desiderato).

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Ma si sa, nella società dell’immagine cosa può ancora la pragmatica e coltissima figura di Montini, quello stesso che entrato a Regina Coeli e rivolgendosi ai peggiori tra i reclusi ebbe a dire: "a voi che siete qui giustamente condannati per le vostre azioni, a voi che credete di avere contro l’intera società, vi dico di non disperare, avrete sempre me -il papa- accanto alla vostra sofferenza , a pregare per voi, a tentare di confortarvi con la sua vicinanza spirituale". Cosa ancora ha da dire a noi un papa che fece piangere di commozione quegli ergastolani, un papa che aveva, primo nella storia, abbracciato il Patriarca Ortodosso di Cipro, chinandosi prima dinanzi a lui e chiamandolo "Santità". Cosa ancora brilla di lui che, in morte dell’amico Aldo Moro pronunciò quel grido di ribellione rivolto all’Eterno, che ebbe a permettere tutto ciò. Cosa è ancora Paolo VI, al di fuori della cerchia degli storici dinanzi a un soggetto come il papa polacco che, alla sua prima uscita pubblica brandì in alto il crocefisso, quasi fosse lo spadone di Alberto da Giussano?

Appunto la società dell’immagine.

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Ma torniamo al senso della laicità insita nella formula Cavouriana. E’ lecito ad uno Stato estero legato all’Italia da un trattato Internazionale, che deroga addirittura dai diritti sanciti per tutti i cittadini in Costituzione, è lecito per questo Stato fare appello alla sovversione delle leggi che l’Italia si dà - come ad esempio quella che vieta l’istigazione al reato - uno Stato che invece fa propaganda attiva, anche dai media pubblici italiani, in favore della diserzione dalle urne referendarie in occasione del referendum in abolizione della legge 40/2005?

Eppure in sfregio al Concordato, peraltro invocato come insuperabile per opporre il veto alle rogatorie internazionali, in caso di bancarotte fraudolente coinvolgenti l’Istituto bancario Vaticano, la Chiesa e il suo braccio italiano - la CEI - si spesero attivamente in senso astensionista.

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Un altro esempio di laicità cristiana: la lunga citazione fatta dal Presidente della Camera, nell’esercizio delle sue funzioni, della nota sulla dignità nella morte, redatta da Polo VI, lettura fatta da Fini a contrastare lo scempio della negazione, realizzato in Senato, del diritto di "tornare alla casa del Padre" (un diritto che non fu negato neppure a Woytila, all’atto della sua dipartita dal mondo, e su sua richiesta esplicita). Uno scempio perpetrato nella proposta di legge cosiddetta sulle "dichiarazioni di fine vita", o "contro" il testamento biologico, nei fatti.

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In quanto alla invocata tradizione, alle profonde radici che non gelano, e ad altre formulazioni retoriche... La Chiesa avrebbe il dovere di sussidiare lo Stato in quelle attività che lo Stato non ritenesse essenziali alla sua natura: la assistenza, l’ausilio ai bisognosi, la pubblica sanità, la scuola sono invece essenziali.

La Chiesa, agendo come i politici corruttibili le consentono di agire, in supplenza, nella scuola, nella sanità, nella assistenza, si appropria di compiti che non le sono inerenti, ma che, in uno Stato laico, che si regga sul contratto sociale con i cittadini (tu mi paghi le tasse io ti do il welfare), sono invece consustanziali allo Stato stesso.

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Termino con le destinazioni dell’8 x 1000: somma ben minore della cifra spesa per la pubblicità televisiva dell’opzione per la Chiesa Cattolica se ne va per le attività caritatevoli ivi reclamizzate. Perché non provvede lo Stato alla assistenza ai cittadini bisognosi dello Stato, o a quelli all’estero, come da impegni assunti all’Onu?

Non è mica un imperativo categorico per un movimento politico che faccia della legalità una sua bandiera, e mi riferisco a Futuro e Libertà per l’Italia, che lo Stato non possa, nelle sue articolazioni, gestire efficientemente la spesa sociale.

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Chiudo con la congrua dei preti. Prima dei "patti madamensi" Craxi - Casaroli, il clero veniva pagato direttamente dallo Stato (Patti Lateranensi) secondo un equo e concordato corrispettivo: si gridò allo scandalo della Chiesa di Stato.

Bene. Effetto:

Oggi i preti ricevono direttamente e insindacabilmente la loro paga dalla CEI, nella misura da questa stabilita e senza trasparenza alcuna. La CEI riceve dallo Stato il corrispettivo per campare i preti attraverso l’8 x 1.000. Non sembra che lo Stato così facendo abbia rinunciato ad un sacro principio laico sancito dall’articolo 3 della Costituzione (a cui l’ articolo 7 che recepiva il concordato allora non venne meno): tutti i cittadini non devono essere discriminati ecc.?

Casa accade al prete che non sia in linea con i diktat di santa madre CEI, pur essendo uno specchiato cittadino di questo Stato? Nulla: viene semplicemente preso per fame.

Lo Stato continua a versare quello che dovrebbe essere il corrispettivo concordato perché esista un clero in Italia, la CEI con il suo arbitrio, ma con i soldi dello Stato, pone in essere un formidabile strumento di coercizione e di indirizzo del consenso.

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Difendere il clero come ho cercato di fare qui, appare anticlericale? Un bel paradosso, vero?

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.95) 1 settembre 2010 18:34
    Renzo Riva

    Non libera Chiesa in libero Stato
    ma
    libertà di professare le varie confessioni religiose
    in
    Stato sovrano.

  • Di paolo (---.---.---.126) 28 novembre 2010 10:26

    Cari signori


    A costo di tirarmi addosso gli strali di tutte le confessioni religiose , vi dico , in sintesi, come la vedo io .
    Il credo religioso percepito come fede in una entità sovrannaturale è il cancro che divora la ragione .
    E’ l’anomalia che impedisce ad un paese come il nostro di diventare un paese "normale" . Non passa giorno che non si debba fare i conti con ciò che può piacere o dispiacere a sua santità , mettendo sotto scacco qualsiasi scelta degna di un paese civile .
    La fede è uno stato mentale , non ha alcuna struttura logica e tanto meno può definirsi una verità percepita, essendo indimostrabile . Vive nella testa di chi la professa e non dovrebbe mai tradursi in atti concreti tesi ad imporre i propri individuali convincimenti .
    Poi ognuno è libero di credere in ciò che vuole , l’importante è che resti confinato nella sua testa .
    Questo non significa ovviamente che non debba esistere l’eticità della politica , ma intesa come regola sociale e non come dictat religioso .

    paolo

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