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Lettera aperta alla madre del ragazzo vittima di bullismo allo Chateaubriand di Roma

Signora,

Con grande tristezza, ma con minor sorpresa, apprendo delle vessazioni subite da suo figlio al liceo Chateaubriand di Roma.

Abbiamo osservato l'ondata di razzismo e di omofobia che negli ultimi due anni ha travolto la Francia. Nel contesto di crisi economica e di tensioni sociali, il successo del Front National, di Printemps français, della Manif pour tous, le istigazioni all'odio bollate come libertà di espressione hanno risuscitato vecchi fantasmi. In Italia, storicamente, alcune parti della popolazione, di svariate estrazioni sociali e per motivi più diversi fra loro, sono state il terreno fertile del fascismo e sono tutt'oggi quello dell'estrema destra in tutte le sue sfaccettature.

Non è di questi dati contestuali di cui le vorrei parlare oggi. Le opinioni più discutibili fuoriescono dalla bocca di tutti a nome della libertà di espressione. Ma quale libertà di espressione è mai “brutto negro”? La libertà di esprimere la propria crudeltà ed ignoranza? Quella di esprimere il desiderio di trovare un capro espiatorio sul quale sfogare i propri tormenti adolescenziali? O è una moda agli occhi dei più giovani? l'estrema destra è forse diventata vintage? si dice Viva il duce come nulla fosse? I ragazzi ripetono quel che sentono a casa o quel che sentono da altre parti?

No, l'insulto non è da integrare come norma. 

Sono profondamente indignata riguardo al trattamento che è stato riservato a suo figlio. Sono indignata del comportamento dell'ambasciata di Francia. Sono indignata in quanto cittadina francese, in quanto cittadina italiana, in quanto membro di una minoranza storicamente stigmatizzata. E sono indignata in quanto ex-vittima di bullismo.

Una quindicina d'anni fa, in un altro istituto francofono in Italia, eravamo in diversi a ricevere insulti, vessazioni e percosse da parte di altri studenti. Forse ad anni di distanza alcuni si riconosceranno. Anche noi rientravamo a casa con lividi sulle braccia e l'eco delle parole di disprezzo che ci erano state indirizzate durante la giornata. La violenza che alcuni di noi hanno subito non poteva essere tutelata da nessuna causa politica, eravamo solo troppo bassi, troppo alti, troppo grassi, troppo magri, troppo sensibili. Eppure gli arti dolevano per questi pugni così “scherzosi”. E forse la mia timidezza ormai adulta trova le sue radici in quell'epoca della mia vita. Epoca durante la quale i miei fine settimana erano rovinati dalla prospettiva del ritorno a scuola il lunedì e dall'addormentarsi nell'angoscia la domenica. So bene come si sarà sentito suo figlio. So quanto gravi possano essere le ripercussioni psicologiche e fisiche.

Non ne ho mai fatto parola fino ad oggi. Fino a leggere quel che è successo a suo figlio. Come se fossi io a dover provare vergogna. Forse anche perché prima di oggi non si è presentata l'occasione di sfruttare tale triste esperienza al fine di proteggere altri da questo male, la violenza. Costruirsi dopo un simile impatto iniziale con la vita non è stato facile, e se tanti sminuiscono tali problemi riscontrati nelle scuole, è perché non sono stati loro a subirli. Alle volte perché sono stati loro o i loro figli ad infliggerli. Meglio tacere dunque, meglio vergognarsi di essere stati vittime, meglio smettere di lamentarsi e diventare dei “duri”? Passare dallo stato di vittima a quello di carnefice? Ben diverso è esporre denuncia in questura, una volta adulti, in piena coscienza dei proprio diritti e della propria dignità.

Mia madre - come lei oggi - protestò, ma non c'era nessuno a sentire. “Sono ragazzate”. Perché un ragazzo picchiato, una ragazza stuprata, uno sputo, insulti sessisti, razzisti, omofobici, o semplicemente che mirano a distruggere l'autostima della persona vengono considerati “ragazzate”. Spingere un adolescente al suicidio, a finire in ospedale, a cambiare scuola non è una ragazzata, è mobbing. Che triste immagine dei ragazzi. Che sentenza pessimista ed ingiusta; i giovani sono lungi dall'essere tutti dei mostri in miniatura. Il bullismo è una verità concreta, non sono ragazzate, non è cameratismo, è violenza. Ed è giusto e costruttivo che i colpevoli - seppur minorenni - assieme ai genitori, siano responsabilizzati ed accettino le dovute sanzioni.

Auguro a suo figlio di ricostruirsi lontano da tali individui, di non vergognarsi di essere stato una vittima delle circostanze, perché esse non lo definiscono come vittima tout courtNon è tollerabile che il ragazzo sia ritirato dalla scuola, come qualcuno glielo ha consigliato. E non è vero, come disse qualcun'altro che “sarà un problema fra la scuola e la famiglia del console”. A scuola, suo figlio ha tutta la legittimità e la legittimazione a rimanere, ha diritto ad essere istruito, protetto ed apprezzato dai suoi coetanei e dai suoi insegnanti. Non si caccia l'elemento “scomodo” solo perché più vulnerabile. Questo è nonnismo!

Chiedo al preside Joel Lust di far espellere i ragazzi che hanno istigato o preso parte agli atti di bullismo sullo studente in questione. Incoraggio fortemente l'Upel a sostenerla e a prendere una netta posizione riguardo alla vicenda. Sprono chiunque venga a conoscenza di fenomeni simili a segnalarli, esporre denuncia e - se ce ne fosse bisogno - a riportarli pubblicamente.

Non è il primo scandalo di bullismo al Chateaubriand. 

Se le autorità diplomatiche soffocano il problema, se le misure adeguate non vengono prese, allora proverò di nuovo la vergogna, quella di essere francese stavolta.

 

Elisabeth A. Beretta, cittadina francese e italiana domiciliata a Roma

ex alunna dell'Ecole française di ...

 

Foto: Durand Florence/Sipa

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