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 Home page > Attualità > Istruzione > Lettera aperta a Matteo Renzi. La riforma dell’istruzione

Lettera aperta a Matteo Renzi. La riforma dell’istruzione

Egregio dottor Matteo Renzi

Presidente del Consiglio dei Ministri

 

Oggetto : La riforma dell’istruzione.

 

Egregio Presidente Renzi,

nel Suo discorso di fine anno Ella ha indicato nella riforma dell’istruzione un punto fondamentale dell’azione del Suo governo per l’anno 2015. Questo conferma un diffuso sentire della pubblica opinione, ossia che:

  1. L’istruzione è fondamentale per le generazioni future e per il futuro del Paese;
  2. L’istruzione oggi non viene fatta nel migliore dei modi.

La storia del nostro sistema educativo possiamo farla risalire alla riforma Gentile, avvenuta in epoca fascista. Essa aveva come obiettivo il mantenimento, nel scuola come nella società, dell’esistente distinzione in classi sociali. A questo modo di vedere l’istruzione la risposta dell’Italia repubblicana è stata nettamente insufficiente: una serie pressoché infinita di riforme solamente in parte positive, un continuo balbettio di impotenza.

Si è giunti a cercare di sostituire all’obiettivo gentiliano il generico sviluppo delle potenzialità dell’alunno, con ciò rinunziando a decidere.

Un frammento di Eraclito giunto sino a noi ci dice «I confini dell’anima non li potrai mai trovare, per quanto tu percorra le sue vie»; e questo equivale a dire che l’istruzione può essere fatta in infiniti modi utili. Sta alla politica decidere il più opportuno. La ricerca di una istruzione onnivalente è un grave errore di presunzione.

Quel che il cittadino vede oggi, magari facendo paragoni con l’istruzione di altri Paesi, è che l’istruzione di pubblico interesse non può avere sempre lo stesso obiettivo.

Un prima fase, nel nostro Paese detta con orribile neologismo “scuola dell’obbligo”, deve avere come obiettivo quello di formare i cittadini di domani. Nelle avanzate democrazie del nord Europa il limite di età per essa è stato portato a sedici anni d’età. Occorrono cittadini che sappiano scrivere, leggere e far di conto; e poi che conoscano le moderne tecniche di informatica e di telecomunicazione; e poi che conoscano storia e geografia; e poi che conoscano fiscalità, diritto ed economia, tutte cose inesistenti per Giovanni Gentile; ed altro ancora.

Questo tipo di istruzione deve essere pubblica, a totale spese dello Stato. Il suo obiettivo deve essere quello di formare i futuri cittadini.

Una seconda fase dell’istruzione ha, invece, un altro obiettivo: formare le forze del lavoro di domani (ivi compresi professionisti, artigiani, commercianti ed imprenditori). Una scuola di pubblico interesse, ma non sic et simpliciter pubblica. Una scuola sottoposta a norme di pubblica utilità, ma a carico dei privati.

Il modello che abbiamo davanti è quello dei college americani, dove si formano e dove ritornano spesso ad insegnare gran parte dei premi Nobel.

Sino a che non si sarà fatta una scelta decisa in tal senso continueremo ad avere il triste fenomeno dei “baroni universitari” e non prenderemo mai un Nobel.

Il pericolo maggiore è quello che sta già succedendo, col mondo ridotto ormai ad un “villaggio globale”: chi può lascia l’Italia per andare a studiare all’estero. Esattamente come accade con le industrie, che delocalizzano i propri stabilimenti. E, contro questi fenomeni, cercare di porre un argine equivale a voler nascondere il sole con una rete.

 Insomma, Signor Primo Ministro, c’è molto da fare per modernizzare la nostra istruzione e sono grandi le attese del Paese riposte nell’operato del Suo governo.

Cordialità

Bernardo Aiello

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.133) 29 gennaio 2015 21:31

    Egregio sig. Aiello dal suo articolo, anzi missiva, si nota solo il suo tentativo di far picere al potente di turno e niente altro.
    La scuola è figlia della società in cui è immersa e non la società figlia della scuola, anche se questa frase è soggetta ad essere contraddetta dalla sua stessa semantica.
    La scuola americana funziona in America dove la società è strutturata in un modo, non ha senso in Italia con un società divera quella americana, e con una popolazione che per cultura è completamente diversa.
    Un sistema è un insieme di parti concatenate un elemento funziona in quel sistema, spostando l’elemento non funzionerà nell altro sistema.
    Saluti.

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