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Lettera al Presidente Moratti

Carissimo presidente Moratti,

si sa un periodo di transizione è penoso, ricco d’incognite, laborioso, indecifrabile.

È quel che sta succedendo all’Inter. Non bastano gli acquisti, sia pur giovani e di qualità, per ritornare ai passati successi. Occorre rifondare, ricominciare dall’inizio con pazienza e con poche idee chiare.

La prima necessità è quella di trovare un allenatore, non istrionico protagonista ma ricco di buon senso, che sappia dare alla squadra un gioco, quasi imporre ai suoi uomini i movimenti da fare in campo e le posizioni da occupare.

Negli anni della sua presidenza l’unica squadra che aveva un gioco è stata l’Inter di Simoni.

Non quelle di Mancini o di Mourinho, che hanno vinto tutto ed eran zeppe di campioni, ma che improvvisavano e risolvevano le partite grazie al talento dei fuoriclasse.

Ora quei campioni non ci sono più o sono al tramonto della carriera. La squadra è spenta, senza costrutto, senza gamba, senza idee.

Cassano e Guarin, tanto per esemplificare, catalizzano il gioco, partono quasi sempre in dribbling, rallentano la manovra e vanificano l’efficacia dell’azione. Tra difesa ed attacco v’è grande distanza, perché il centrocampo non fa dà raccordo tra i reparti, permettendo uno svolgimento organico ed armonico della manovra da cui nasce il gioco.

Chi ha la palla tra i piedi spesso non sa che fare, perché manca quell’idea di gioco, basato sui movimenti senza pallone e su schemi provati e riprovati mille volte e divenuti automatici.

Anche nel calcio l’improvvisazione, la fretta di vincere, l’impazienza non producono risultati.

Gl’infortuni, gli episodi sfavorevoli, non possono essere un alibi per non vedere una squadra che non c’è, che è sfiduciata ed arranca affannosamente.

Mi dispiace dirlo. Ma è l’unica squadra di tutta la serie A che non ha un gioco, come hanno mostrato anche i confronti con le piccole squadre, spesso impietosi e terminati con una sconfitta.

Le auguro di vedere migliorare la situazione della sua Beneamata, come la chiamava Gianni Brera, e di avere più fortuna in futuro.

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