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Le suggestioni cinematografiche de ’Lo spazio bianco’

Un anno fa usciva nelle sale cinematografiche Lo spazio bianco, sceneggiatura di Francesca Comencini e Federica Pontremoli per la regia della Comencini con Margherita Buy (per le schede del film, link in fondo - n.d.r.).

'Lo spazio bianco' è la storia d'una attesa. Una lunga, imprevedibile quanto complessa attesa che nel film respira tra espressioni, atmosfere e colori intensi alternati a un bianco invasivo, devastante.

Ma in questa storia c'è molto di più di quanto la trama suggerisce, c'è la consapevole incertezza dello scontro titanico tra vita e morte, uno scontro che si combatte tra la carne, uno scontro deciso da un corpo minuscolo e da tutti i corpi che silenziosamente gli danzano attorno, specialmente quello della madre-sola.

La Buy è interprete ideale per un ruolo complesso, deformato che rifiuta cliché e aspettative banali. Una donna riflessiva, controllata, a scontrarsi con un arrivo imprevisto poi divenuto incerta permanenza. Una donna sola, dalle relazioni titubanti, atipiche che affronta l'attesa vivendo la giornata, tra economie, insegnamento serale e visite in ospedale.

Lo spazio bianco è il riconoscimento che in ogni esistenza ci sono momenti sospesi, senza parole né gesti. Momenti dove ciò che si prova non si può cambiare, va assecondato, accettato per ciò che è. Lo spazio bianco è il non luogo dove le fragilità umane non possono nascondersi, dove il dolore, l'angoscia, le paure, il male-tutto sono. Esistono. Restano. E non si può niente, eccetto lasciarsi assorbire, continuare a respirare.

Ma lo spazio bianco è anche una semplice parentesi, un'unghia di foglio lasciato immacolato per poi riprendere a scrivere, come suggerisce la stessa Maria (Margherita Buy) a uno dei suoi studenti del corso serale durante l'esame: "Mettici uno spazio bianco, e ricomincia a scrivere quello che vuoi". Ecco che lo spazio bianco diventa anche altro,

Il lieto fine arriva quasi come un tradimento, all'intera atmosfera dominata dall'infelicità, la solitudine, il silenzio che è poi rubinetto che gocciola ragionamenti, pensieri, evoluzioni. Ma è un mezzo tradimento, in un pessimismo di sostanza e non di forma. Mezzo perché nell'attesa Maria vive a volte semplicemente respirando. E' un vivere continuamente in bilico, che non cede ai pianti facili, alle commozioni esternate, ma resta un nodo durissimo dentro, una fatica e un dolore trattenuti nelle manifestazioni eppure rilasciati nei gesti più semplici, tra sigarette, sguardi bassi, e passi (tanti passi). E' un'attesa fortemente dura, intensa nella dignità. Ecco allora che l'happy end restituisce ossigeno dentro lo spazio bianco di ognuno. Come a dire che nella vita non c'è sempre e solo la morte, ogni tanto si vira, si ha più tempo, ogni tanto ci si stringe a quel corpo rimasto in bilico e tanto basta.

Tratto dal libro di Valeria Parrella (Einaudi, 2008), le location e i personaggi napoletani restano anche nel film, restituiscono punte di farsa, di quel realismo che eccede le norme delle forme sociali già ampiamente riscontrato nel romanzo della Parrella (e ragione principale d'un approccio al tragico che non scivola nel catastrofismo, nella disperazione fine a se stessa, non è un pessimismo estremo, chiuso piuttosto spezzato da altro che non necessariamente è il suo contrario).

E' un film che per struttura, inquadrature, dialoghi, ritmi potrebbe essere solo italiano. E non è una critica, non più di quanto possa esserlo riconoscere un aroma familiare, qualcosa di identitario ad ampio respiro, nel bene e nel male per usare un'espressione ad effetto.

In questo film si assorbe tutta la contraddizione di "C'è che Irene sta nascendo o sta morendo. Ancora non l'ho capito. Solo che non posso andare in giro a dire che mia figlia sta morendo." Ma anche la contraddizione della "nascita illegittima con riconoscimento della sola madre". Tutte le contraddizioni pulsanti dell’andare avanti stando sulle punte e lottando anche contro se stessi.

 

Link

Su Comingsoon.it.

Su Cinemaitaliano.

Lo spazio bianco, di V.Parrella su Ibs.

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